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La Branno disse stancamente: «È chiaro che ho commesso un errore, Liono. Forse un errore fatale».
«È prudente ammettere una cosa del genere?» mormorò Kodell fra i denti.
«Tanto sanno quello che penso. Non può danneggiarmi di più esprimere a voce alta quello che c’è nella mia mente. E non è che non intuiscano i suoi pensieri se sussurra fra i denti. Avrei dovuto aspettare che lo schermo fosse ulteriormente rinforzato.»
«Come poteva prevedere i fatti, sindaco? Se avessimo aspettato di essere sicuri al cento per cento dello schermo, avremmo forse aspettato in eterno. Certo, avrei preferito che non fossimo venuti qui di persona. Sarebbe stato meglio fare la prova con qualcun altro, magari con Trevize, il suo parafulmine.»
La Branno sospirò. «Volevo prenderli di sorpresa, Liono. Ma ha messo il dito sulla piaga. Il mio errore è stato di non aspettare che lo schermo fosse impenetrabile. Non impenetrabile al cento per cento, ma sufficientemente sicuro da non darci problemi. Sapevo che non era così, ma non ho voluto aspettare. Se avessi atteso che le imperfezioni venissero corrette, avrei rischiato di veder scadere nel frattempo la mia carica, e invece volevo che questa impresa fosse effettuata durante il tempo in cui ero io il sindaco di Terminus. E volevo trovarmi io sul luogo dell’impresa. Così, come una stupida, ho fatto di tutto per convincermi che lo schermo non aveva difetti. Non ho voluto ascoltare chi mi consigliava la prudenza. Non ho voluto, per esempio, dare ascolto a lei e ai suoi dubbi.»
«Possiamo ancora vincere, con un po’ di pazienza.»
«Può ordinare agli uomini di far fuoco contro l’altra astronave?»
«No, sindaco, non posso. È un pensiero che per qualche motivo non riesco a sopportare.»
«Nemmeno io lo sopporto. E se lei o io dessimo un ordine del genere, sono certa che gli uomini non lo eseguirebbero, non riuscirebbero a eseguirlo.»
«Non nelle circostanze attuali. Ma le circostanze potrebbero cambiare. In effetti, sulla scena ora sta comparendo un nuovo attore.»
Kodell indicò lo schermo. Il computer dell’astronave l’aveva diviso automaticamente in due metà simmetriche, appena era apparsa un’astronave nuova. Quest’ultima era visibile sulla metà di destra.
«Può ingrandire l’immagine, Liono?»
«Certo. Il membro della Seconda Fondazione è furbo. Siamo liberi di fare tutto quello che non può disturbarlo.»
«Molto bene» disse la Branno studiando lo schermo. «È la Stella lontana, ne sono sicura. E immagino che a bordo ci siano Trevize e Pelorat.» Dopo un attimo aggiunse con una punta di amarezza: «A meno che anche loro non siano stati rimpiazzati da membri della Seconda Fondazione. Il mio parafulmine è stato davvero efficace. Se soltanto lo schermo mentalico fosse stato più forte...».
«Abbia pazienza.»
Si udì una voce dalla parte della sala di controllo, e la Branno si accorse che non era costituita da onde sonore. La sentì direttamente nella propria mente e un’occhiata a Kodell bastò a farle capire che anche lui l’aveva udita.
«Mi sente, sindaco Branno?» disse la voce. «Se sì, non si disturbi a dirlo: è sufficiente che lo pensi.»
Harla Branno chiese calma: «Chi è?».
«Sono Gaia» fu la risposta.