11
Interludio nello spazio
Il blocco spaziale venne facilmente superato. Nell’immensità dello spazio era difficile mantenere una vigilanza stretta. Con una sola astronave, un pilota esperto e un po’ di fortuna non era complicato riuscire a forzarlo.
Con calma e freddezza Toran guidò la sua astronave da una stella all’altra. Se nelle vicinanze di una massa stellare era piuttosto difficoltoso saltare nell’iperspazio con una certa precisione, ancora di più lo sarebbe stato per una qualsiasi astronave localizzare quella di Toran, a meno che non si fosse trovata nelle immediate vicinanze.
Durante l’intero viaggio, e sino a quando non furono fuori portata nemica, sarebbe stato assurdo cercare di mettersi in contatto con il pianeta Haven. Per la prima volta in tre mesi Toran si sentì isolato.
Passò una settimana prima che il notiziario delle forze del Mulo trasmettesse qualcosa di diverso dalle solite tirate patriottiche inneggianti alla vittoria finale. Durante tutta quella settimana Toran guidò l’astronave in assurdi zigzag.
Ebling Mis chiamò la cabina di pilotaggio e Toran alzò gli occhi stanchi dalla mappa di navigazione.
«Che cosa succede?» Toran entrò nella sala centrale che Bayta si ostinava a chiamare camera di soggiorno.
Mis scosse il capo. «Vorrei saperlo anch’io. Il cronista del Mulo ha annunciato un bollettino speciale. Ho pensato che avresti voluto ascoltarlo.»
«Va bene. Dov’è Bayta?»
«Sta preparando la tavola e scegliendo cosa mangiare.»
Toran si sedette sul divano, che serviva a Magnifico come letto, e attese. I bollettini speciali del Mulo erano quasi sempre uguali. Prima veniva suonata un po’ di musica marziale, poi arrivava la voce dell’annunciatore. Sarebbero state trasmesse notizie di secondaria importanza. Quindi, dopo una pausa, il suono delle trombe avrebbe creato l’atmosfera adatta.
Toran sopportò i preliminari pazientemente, mentre Mis borbottava fra sé.
Il bollettino veniva trasmesso ricorrendo alla solita fraseologia di una normale corrispondenza di guerra, e in sottofondo si sentivano rumori di una battaglia in corso mentre l’annunciatore parlava.
«Uno squadrone di incrociatori veloci al comando del generale Sammin ha respinto quest’oggi un contrattacco delle forze di Iss...» Il volto dell’annunciatore scomparve mentre sullo schermo apparivano le immagini della battaglia. Alcune astronavi si lanciavano l’una contro l’altra in un attacco disperato. L’annunciatore continuava a parlare in mezzo al rumore della lotta in corso.
«La più bella azione della battaglia è stata quella dell’incrociatore pesante Ammasso contro tre astronavi nemiche della classe Nova.»
Lo schermo inquadrò la scena da vicino. Una grossa astronave lanciò una scarica di raggi, uno degli attaccanti evitò il colpo, quindi si slanciò in avanti. L’Ammasso s’abbassò improvvisamente, i raggi lanciati dall’astronave nemica che lo sfioravano. L’annunciatore proseguì la descrizione dettagliata della battaglia, mentre i colpi si succedevano.
Poi ci fu una pausa, quindi la scena si ripeté con poche varianti. Questa volta la battaglia si svolgeva nei dintorni di Mnemon. La novità era rappresentata da un improvviso attacco delle forze del Mulo contro lo stesso pianeta. Il fotogramma mostrava una città distrutta e un gruppo di prigionieri. La città di Mnemon avrebbe resistito ancora per poco.
Ci fu un’altra pausa, cui seguì un rauco suono di trombe. Lo schermo inquadrava una lunga fila di soldati davanti ai quali passava un ufficiale in uniforme.
Il silenzio era ossessivo. Il tono di voce dell’annunciatore si fece solenne.
«Per ordine del nostro sovrano comunico che il pianeta Haven ha ceduto le armi accettando la sconfitta. In questo momento le forze del nostro sovrano stanno occupando il pianeta. Gli ultimi focolai di resistenza sono stati dispersi e, ormai privi di coordinamento, vengono rapidamente eliminati.»
Lo schermo diventò opaco e l’annunciatore riapparve per comunicare altre notizie.
A quel punto seguì un programma di musica ballabile. Mis spense con rabbia il televisore.
Toran s’alzò e s’allontanò barcollando, senza pronunciare una parola. Lo psicologo non cercò di fermarlo.
Quando Bayta entrò nella stanza, Mis le fece segno di non parlare. «Hanno preso Haven» le disse.
«Di già?» fece Bayta spalancando la bocca incredula.
«E senza combattere, senza che fosse possibile organizzare...» Si fermò e inghiottì. «È meglio lasciarlo stare, Toran non sta bene. È meglio se mangiamo senza di lui.»
Bayta si girò verso la cabina di pilotaggio, poi desistette. «Va bene.» Magnifico si sedette a tavola in silenzio. Non parlò né mangiò, ma fissò istupidito il piatto che aveva di fronte come se il terrore gli avesse tolto ogni facoltà di reazione.
Mis allontanò il piatto da sé. «Due mondi indipendenti ancora combattono e soffrono,» disse con voce rauca «ma non s’arrendono. Solo Haven, proprio come sulla Fondazione...»
«Ma perché? Perché?»
Lo psicologo scosse il capo. «È un altro aspetto del problema. Ogni avvenimento s’inquadra nell’enigma rappresentato dal Mulo. Innanzitutto, come ha fatto a conquistare la Fondazione, praticamente al primo colpo, mentre i mondi indipendenti ancora resistevano? La nuova arma del Mulo era neutralizzabile – ne abbiamo discusso fino alla nausea –, eppure è riuscito a sconfiggere la Fondazione.»
«Randu ha suggerito» e il volto di Mis s’oscurò «che probabilmente il Mulo possiede un’arma capace di indebolire la volontà. In tal modo si potrebbe spiegare il comportamento di Haven. Ma allora perché non se ne serve contro Mnemon o Iss, che ancora combattono con decisione e costringono la flotta del Mulo a dissanguarsi? Ho riconosciuto astronavi della Fondazione che partecipavano alla lotta.»
«La Fondazione, poi Haven» sussurrò Bayta. «La tragedia pare seguirci senza toccarci. Sembra che riusciamo a sfuggirla ogni volta per un soffio. Sarà sempre così?»
Mis non l’aveva ascoltata: era immerso in un suo ragionamento. «Esiste, però, un altro problema... un altro problema, Bayta. Ricordi il notiziario che aveva comunicato che il buffone del Mulo non era stato trovato su Terminus; che si sospettava che fosse su Haven, dov’era stato trasferito dai suoi rapitori? Deve esserci qualcosa di importante che lo riguarda, qualcosa che ci sfugge e che dobbiamo scoprire. Magnifico deve conoscere un segreto fatale del Mulo. Ne sono sicuro.»
«Nobile signore, lo giuro...» balbettò Magnifico, pallido e tremante. «È al di là delle mie possibilità esaudire i vostri desideri. Ho detto tutto quello che sapevo e con la sonda psichica avete prosciugato dal mio cervello ogni fonte di sapere.»
«Lo so, lo so. Dev’essere qualcosa di insignificante, un indizio tanto marginale che nemmeno io sono stato capace scoprirlo. Eppure devo riuscirci, perché Mnemon e Iss cederanno presto e, quando pure loro saranno sconfitti, noi non saremo che dei miseri resti della Fondazione.»
Le stelle cominciavano a infittirsi man mano che ci si avvicinava al centro della galassia. I campi gravitazionali disturbavano la rotta ogni volta che l’astronave balzava nell’iperspazio.
Toran se ne rese conto quando, dopo un balzo, si ritrovò a poca distanza da un gigantesco sole rosso, la cui attrazione venne respinta solo dopo diverse ore di tenace lotta.
Con mappe astronautiche imperfette e un’esperienza limitata Toran si trovava costretto a sprecare giorni e giorni in calcoli accurati prima di rischiare con un nuovo balzo.
Lavoravano allo studio della rotta tutti insieme. Mis controllava i calcoli di Toran e Bayta studiava le varie rotte possibili alla ricerca di quella giusta. A loro si unì anche Magnifico, che fu messo davanti al computer. Dopo un primo momento di smarrimento il buffone aveva trovato divertente la sua nuova attività e in breve era diventato sorprendentemente abile.
Dopo un mese Bayta riuscì a tracciare una linea rossa lungo il modello tridimensionale della galassia fino a un centro approssimativo. «Sembra un verme che soffre di una terribile indigestione» disse guardando soddisfatta il suo lavoro. «Va a finire che ci ritroveremo su Haven.»
«Succederà proprio così» disse Toran piegato sulle carte «se non la smetti di chiacchierare.»
«E pensare» aggiunse Bayta «che magari esiste una rotta che ci condurrebbe direttamente su Trantor.»
«Ma guarda che scoperta. In primo luogo ci sarebbero volute cinquecento astronavi moltiplicate per cinquecento anni, prima di riuscire a trovarlo. Secondo, non è segnato sulla mia dannata mappa. A parte il fatto che è meglio non seguire rotte troppo battute: incontreremmo un mucchio di navi e poi...»
«Per la galassia, smettila di lamentarti» sbottò Bayta mettendosi le mani nei capelli.
Toran fece per sculacciarla ma Bayta gli afferrò un polso. Tutt’e due persero l’equilibrio e caddero per terra. Scoppiarono a ridere fingendo di lottare.
Toran si fermò vedendo entrare Magnifico.
«Che cosa c’è?»
Il buffone aveva l’aria preoccupata. «Gli strumenti si comportano in modo strano, signore. Non vorrei aver toccato qualcosa che non dovevo, data la mia ignoranza...»
In due secondi Toran si ritrovò nella sala di pilotaggio. Si voltò verso Magnifico. «Vai a svegliare Ebling Mis e digli di venire qui.»
Poi si girò verso Bayta che si stava sistemando i capelli. «Bay, siamo stati localizzati.»
«Localizzati?» fece Bayta sorpresa. «E da chi?»
«E chi lo sa?» mormorò Toran. «Immagino da qualcuno che avrà già puntato le armi contro di noi.»
Si sedette ai comandi e cominciò a trasmettere il codice d’identificazione dell’astronave.
Mis arrivò, ancora avvolto nella vestaglia. «A quanto pare» gli disse Toran «siamo entrati nei confini di un regno interno chiamato Autarchia di Filia.»
«Mai sentito nominare.»
«Nemmeno io,» replicò Toran «ma siamo stati fermati da un’astronave di Filia e non so quali conseguenze ne deriveranno.»
Un capitano ispettore dell’astronave di Filia salì a bordo seguito da sei uomini armati. Era basso, magro e dai capelli radi. Tossì non appena si fu seduto e tolse dalla sua borsa un foglio di carta bianco.
«I passaporti e i documenti dell’astronave, per favore.»
«Non ne possediamo» disse Toran.
«Ah, bene.» Aprì un microfono che teneva appeso al collo. «Tre uomini e una donna. Non hanno le carte in regola.» Prese nota sul foglio.
«Da dove venite?»
«Da Siwenna» rispose Toran preoccupato.
«Dove si trova?»
«Centomila parsec, ottanta gradi a ovest di Trantor, quaranta gradi...»
«Basta così!» Toran vide che l’uomo aveva scritto “Luogo d’origine: periferia”.
«Dove andate?»
«Settore di Trantor» rispose Toran.
«Scopo?»
«Viaggio di piacere.»
«Trasportate merce?»
«No.»
«Questo lo controlleremo subito.» Annuì e due uomini cominciarono a perquisire. Toran non si mosse.
«Come mai siete entrati in territorio filiano?»
«Non ce ne siamo accorti. Non abbiamo una mappa corretta.»
«Questo vi costerà cento crediti, a parte naturalmente le tasse regolamentari.»
Parlò di nuovo dentro il microfono ma ascoltò più che parlare. Si rivolse a Toran. «Ne sa qualcosa di tecnologia atomica?»
«Un poco.»
«Sì?» Il filiano piegò il foglio. «Gli uomini della periferia hanno una buona reputazione in questo campo. Indossi una tuta e mi segua.»
Bayta fece un passo avanti. «Che intendete fare di lui?»
Toran la spinse delicatamente di lato. «Dove volete portarmi?» chiese brusco.
«Il nostro impianto ha bisogno di una piccola riparazione. Lui verrà con noi» e puntò un dito in direzione di Magnifico, che spalancò gli occhi terrorizzato.
«Perché, che cosa c’entra?» chiese Toran seccato.
L’ufficiale alzò gli occhi guardandolo freddamente. «Corre voce che nelle vicinanze ci siano dei pirati. Una vaga descrizione corrisponde a quel soggetto; deve venire per maggiori delucidazioni.»
Toran esitò ma sei uomini armati furono la più eloquente delle giustificazioni. Allungò una mano e prese una tuta spaziale dall’armadio.
Un’ora dopo stava sollevando lo sguardo dai motori dell’astronave filiana e urlava spazientito: «Non esistono guasti ai motori. I busbar sono a posto, i tubi l’alimentano a dovere e l’analisi della reazione è perfetta. Chi è l’incaricato qui?».
Il capo ingegnere si presentò. «Io.»
«Mi riporti sulla mia astronave.»
Un ufficiale lo accompagnò ai piani superiori.
«Dov’è l’uomo che era con me?»
«Per favore aspetti.»
Quindici minuti più tardi entrò Magnifico.
«Che ti hanno fatto?» chiese Toran sottovoce.
«Niente. Proprio niente.» Magnifico scosse il capo.
Dovettero pagare duecentocinquanta crediti per soddisfare le richieste dei filiani, cinquanta dei quali per essere rilasciati subito, e furono di nuovo nello spazio.
Bayta scoppiò a ridere. «Non abbiamo diritto a una scorta? Avrebbero dovuto accompagnarci sino ai confini.»
«Non era un’astronave filiana...» replicò Toran serio «... non ce ne andremo immediatamente. Venite qui.»
Si radunarono intorno a lui.
«Era un’astronave della Fondazione e quelli erano uomini del Mulo» disse Toran.
Mis si chinò a raccogliere il sigaro che gli era caduto di bocca. «Qui? Ma siamo a trentamila parsec dalla Fondazione!»
«Noi, però, ci siamo arrivati. Che cosa gli impedisce di seguire la stessa rotta? Ebling, per la galassia, non crederai mica che non sia capace di riconoscere un’astronave. Ho visto i motori e mi è bastato. Ti dico che era un motore della Fondazione, montato su uno scafo della Fondazione.»
«E come sono arrivati fin qui?» domandò Bayta. «Quante possibilità ci sono di incontrarsi per caso nello spazio?»
«Che cosa c’entra?» fece Toran seccato. «Questo significa che siamo stati seguiti.»
«Attraverso l’iperspazio?» chiese Bayta.
Mis s’intromise preoccupato. «Non è poi così difficile, con una buona astronave e un buon pilota. La possibilità non mi impressiona affatto.»
«Io non ho mascherato la mia rotta» insistette Toran. «Sono sempre andato in linea retta, se possibile. Anche un cieco avrebbe capito dove ci dirigevamo.»
«Ma che dici» gridò Bayta. «Con tutti i salti a caso che hai fatto, osservare la nostra rotta iniziale non sarebbe servito a niente.»
«Stiamo perdendo tempo» urlò Toran seccato. «È un’astronave della Fondazione con a bordo uomini del Mulo. Ci hanno fermato. Hanno ispezionato il nostro carico. Hanno trattenuto Magnifico da solo, con me come ostaggio per farvi stare tranquilli in caso avessimo sospettato. E ora la distruggeremo nello spazio.»
«Fermo un momento» disse Mis trattenendolo. «Vuoi rischiare la nostra vita per un’astronave che pensi appartenga al nemico? Ragiona. A quale scopo ci avrebbero seguiti attraverso lo spazio per poi fermarci e quindi lasciarci andare?»
«Vogliono sapere dove siamo diretti.»
«E allora perché fermarci e metterci sul chi vive? Le tue argomentazioni non reggono.»
«Farò come voglio io. Lasciami andare, Ebling, altrimenti ti stendo con un pugno.»
Magnifico, seduto in poltrona, sembrava eccitato e timoroso nello stesso tempo. «Vogliate scusare la mia interruzione, ma la mia povera mente è stata improvvisamente turbata da un pensiero.»
Bayta anticipò il gesto seccato di Toran e anche lei trattenne il marito. «Avanti, Magnifico, parla. Ti ascoltiamo.»
«Mentre ero sull’astronave, mi era difficile ragionare con chiarezza perché avevo paura ed ero smarrito. Ricordo ben poco di quello che è successo, ma molti uomini mi osservavano con attenzione e parlavano senza che potessi capire. Prima di liberarmi, mi è parso di riconoscere un volto. Non sono riuscito a ricordarmi subito chi fosse, ora, però, la mia mente ha capito chi è quella persona.»
«Chi era?» chiese Toran.
«Il capitano che era con noi tanto tempo fa. Quando voi mi liberaste dalla schiavitù.»
Magnifico sorrise, compiaciuto di aver suscitato una sensazione di sbigottimento generale.
«Il capitano... Han Pritcher?» fece Mis allibito. «Ne sei sicuro? Non hai alcun dubbio?»
«Signore, lo giuro.» E incrociò le magre braccia sul petto.
«Che cosa significa tutto ciò?» chiese Bayta.
Il buffone si rivolse a lei eccitato. «Mia signora, ho una teoria. Mi è venuta in mente in modo del tutto naturale, come se lo Spirito galattico l’avesse riposta nel mio cervello con le sue stesse mani.» Il buffone alzò perfino la voce tanto da soffocare le obiezioni di Toran.
«Mia signora,» proseguì rivolgendosi solamente a Bayta «se il capitano fosse fuggito sulla sua astronave come abbiamo fatto noi, se anche lui stesse attuando un piano e si fosse imbattuto in noi per caso... avrebbe sospettato che fossimo noi a seguirlo. Per questo motivo avrebbe inscenato tutta la commedia.»
«E allora perché ha voluto che noi due salissimo sulla sua astronave?» domandò Toran. «Non quadra.»
«Invece, sì. Ha mandato un subalterno che non ci conosceva ma che ci ha descritto al microfono. Il capitano è rimasto sorpreso nell’udire la mia descrizione, visto che non ci sono molte persone nella galassia che mi assomigliano. Io rappresentavo la prova dell’identità di tutti voi.»
«E così ci ha lasciato andare?»
«Non conosciamo la sua missione e il segreto che la circonda. Ci ha spiato e, dal momento che non eravamo nemici, ci ha lasciato andare per evitare che venisse alla luce lo scopo della missione.»
«Non essere testardo, Tori» disse Bayta. «La spiegazione mi sembra abbastanza attendibile.»
«Anche a me» aggiunse Mis.
Toran s’accorse che erano tutti schierati contro di lui. Lo disturbava il pensiero di una spiegazione così fluente fornita dal buffone. Eppure, malgrado ciò, fu costretto a cedere.
«Per un momento» mormorò «ho pensato di poter distruggere un’astronave del Mulo.»
E la sua faccia si fece scura pensando a Haven.
Gli altri compresero.