7
Il sonovisore
La casa di Ebling Mis, per quanto non si trovasse in un quartiere elegante di Terminus, era ben nota nell’ambiente intellettuale, scientifico e letterario del paese. Le opinioni in proposito erano molto discordi: per un biografo particolarmente acuto era il “simbolo di un ritiro dalla realtà non accademica”, mentre una giornalista mondana la definiva piena di “una paurosa atmosfera di disordine e di trascuratezza tipicamente maschili”. Un professore d’università aveva affermato: “Ricca di libri ma disorganica” e un suo amico che non apparteneva all’università: “Luogo ideale per andare a farsi una bevuta a qualunque ora del giorno e dove si possono mettere perfino i piedi sul divano”. Un cronista televisivo, in cerca di colore locale, parlava di “roccaforte del concreto, estroso, blasfemo, presuntuoso Ebling Mis”.
A Bayta, che non aveva nessuno a cui esporre le proprie opinioni ma in compenso aveva il vantaggio di potersi basare su informazioni dirette, la casa sembrò semplicemente disordinata e sporca.
A eccezione per i primi due giorni, il suo soggiorno in carcere non era stato troppo duro e di gran lunga più sopportabile di quella mezz’ora di attesa nella casa dello psicologo, dove forse era sorvegliata segretamente. Poi finalmente avrebbe rivisto Toran...
Forse i suoi timori sarebbero aumentati, se non avesse visto Magnifico abbassare la testa con un gesto che mostrava il terrore che lo attanagliava.
Magnifico s’era rannicchiato, con il mento appoggiato alle ginocchia ossute, come se volesse scomparire. Bayta gli accarezzò la testa per rassicurarlo. Magnifico sussultò, poi sorrise.
«Signora, sembra che il mio corpo non si sia ancora abituato ai nuovi pensieri che mi attraversano il cervello e teme sempre che una mano lo colpisca.»
«Non c’è bisogno di preoccuparsi, Magnifico, sono qui con te e non permetterò a nessuno di farti del male.»
Il buffone la osservò con occhi umidi, quindi distolse lo sguardo. «In un primo tempo mi hanno tenuto lontano da lei e dal suo gentile marito. Forse queste parole la faranno sorridere, ma il mio cuore era addolorato per la perdita dei miei amici.»
«Non sorrido affatto, anch’io ero triste.»
Il buffone sembrò più sereno. «Ha mai incontrato prima questo signore che ci ha mandato a chiamare?» chiese con cautela.
«No, ma è un uomo famoso. L’ho visto in televisione e ho sentito molto parlare di lui. Penso che sia un uomo buono, Magnifico, e che non abbia cattive intenzioni.»
«Davvero?» fece il buffone agitato. «Forse è così, mia signora, ma mi ha già interrogato prima, e i suoi modi erano rudi e decisi. Parla con un linguaggio strano, tanto che mi è difficile rispondere alle sue domande. Mi sento come quel tale descritto dai romanzi, che non può respirare perché il cuore si è gonfiato e opprime i polmoni.»
«Ora però sarà diverso. Siamo in due contro uno e non potrà spaventare entrambi.»
«Lo spero, signora.»
Si sentì una porta sbattere da qualche parte, poi una voce tonante urlò qualcosa. Vicino alla stanza le urla indistinte si mutarono in parole chiare. «Per la galassia, sparite da questa casa!» e attraverso la porta fu possibile intravedere due guardie in uniforme che battevano velocemente in ritirata.
Ebling Mis entrò accigliato, depose sul pavimento un pacco e si avvicinò per stringere la mano a Bayta. Lei ricambiò la stretta vigorosamente. Lui, dirigendosi verso il buffone, si voltò a guardarla con maggiore attenzione.
«Sposata?» le chiese.
«Sì. Ci siamo sottoposti alle formalità legali.»
Mis fece una pausa. «Felice?»
«Sì, finora.»
Mis alzò le spalle e si girò verso Magnifico. Aprì il pacco che aveva posato sul pavimento. «Ragazzo, sai che cos’è questo?»
Magnifico si alzò di scatto e si precipitò a toccare lo strumento pieno di tasti. Accarezzò la miriade di interruttori e fece un salto di gioia, andando quasi a sbattere contro i mobili.
«Un sonovisore è così bello da riempire di gioia anche il cuore di un morto.» Riprese ad accarezzare i tasti, fermandosi ora su una chiave ora su un’altra.
«Ebbene, ragazzo, avevi detto che sapevi strimpellare questo strumento: ora vedremo che cosa sai fare. Dovresti prima accordarlo, l’ho trovato in un museo.» E, rivolgendosi a Bayta, disse: «A quanto pare non esiste nessuno in grado di farlo funzionare alla Fondazione».
Poi le si avvicinò maggiormente. «Il buffone non parla se lei non gli sta vicino. Mi vuole aiutare?»
Bayta annuì.
«Bene» proseguì Mis. «La sua paura è una condizione quasi cronica e dubito che riuscirebbe a sopportare una sonda psichica. Se devo cavargli qualche informazione, bisogna che si senta completamente a suo agio. È chiaro?»
Lei annuì nuovamente.
«Questo sonovisore è il primo passo. Dice che sa suonarlo e dalle sue reazioni è certo che lo strumento gli procura grande gioia. Per cui sia che lo suoni bene, sia che lo suoni male, si mostri interessata e felice. Inoltre cerchi di apparire amichevole nei miei confronti. Soprattutto, segua i miei suggerimenti.» Diede un’occhiata a Magnifico e lo vide indaffarato col suo strumento. Non gli prestava alcuna attenzione.
Mis riprese a parlare in tono naturale. «Ha mai sentito un sonovisore?»
«Una volta,» rispose a caso Bayta «a un concerto di strumenti rari. È stata un’esperienza davvero interessante.»
«Dubito che abbia ascoltato un buon musicista, sono veramente rari. Non tanto perché lo strumento richieda un alto grado di abilità tecnica – per suonare il piano multiplo ce ne vuole di più –, quanto piuttosto perché occorre avere una mente libera.» Poi aggiunse a bassa voce: «Per questa ragione il nostro scheletro vivente forse suonerà meglio di quanto non pensiamo. Molto spesso i buoni musicisti sono dei perfetti idioti».
«Sa come funziona lo strumento?» continuò alzando la voce. «Ho consultato a questo proposito il catalogo relativo e, da quello che ho capito, genera radiazioni che stimolano il centro ottico del cervello senza toccare il nervo ottico. In effetti comporta l’uso di un senso che non viene mai adoperato se stimolato in modo naturale. Straordinario, non le pare? I suoni invece sono normali. Influenzano direttamente l’apparato dell’udito. Ma... attenzione! È pronto. Spenga, è meglio ascoltare al buio.»
Nell’oscurità il Magnifico non era che una macchia e Mis una massa informe che respirava pesantemente. Bayta strizzò gli occhi, senza riuscire a cogliere nulla. Si sentì come un leggero tremito nell’aria, che seguiva la scala musicale. Scomparve e riapparve, scomparve di nuovo, poi sembrò diventare più corposo, e finalmente esplose in un rumore di tuono.
Una piccola sfera di colori cangianti apparve lentamente, levandosi a mezz’aria; gocce prive di forma caddero dalla sfera principale e precipitando si intrecciarono a creare disegni schematici. Poi si raggrupparono in piccole sfere, ognuna di colore diverso, e Bayta cominciò a scoprire strane cose.
Si accorse che, chiudendo gli occhi, i colori sembravano diventare più vivi, che ogni tonalità cromatica aveva un suono particolare, che non riusciva a identificare i colori e, infine, che le sfere non erano vere e proprie sfere bensì piccole figure umane.
Piccole figure, fiammelle tremolanti che danzavano e s’intrecciavano in mille modi scomparendo nel nulla e ricomparendo per fondersi in un nuovo colore.
Istintivamente Bayta paragonò quelle forme alle macchie colorate che si vedono di notte quando si chiudono le palpebre. Poi la musica assunse un ritmo di marcia e le figure parvero danzare in circoli concentrici formando una spirale, ampia e variegata, mentre ogni sfera ridiventava una piccola figura.
All’improvviso si lanciarono contro di lei e Bayta alzò le mani per proteggersi, ma caddero senza toccarla e lei si ritrovò al centro di una cascata multicolore, mentre una luce bianca e rapida le scendeva lungo le spalle e le braccia fino a raggiungere la punta delle dita, da dove tornava a sollevarsi brillando a mezz’aria. Un suono di cento strumenti accompagnava la visione tanto da rendere difficile separare i due effetti di musica e luce.
Si chiese se Ebling Mis vedesse le stesse cose, o chissà che altro. Poi smise di fare queste considerazioni e...
Era di nuovo attenta. Le piccole figure erano diventate minuscole sagome di donna dai capelli di fuoco che ruotavano troppo velocemente perché lei potesse distinguerle con chiarezza. Si univano l’una all’altra formando figure geometriche e a un tratto sembrò che sorridessero. Anche la musica era come una risata sommessa.
Le figure geometriche si unirono, lanciandosi una nell’altra mentre dal basso sorgeva rapidamente un palazzo. Ogni mattone era di colore diverso, ogni colore era solo una piccola scintilla, ogni scintilla tremolava e cambiava disegno in continuazione, mentre nel cielo prendevano vita minareti incastonati di gioielli.
Un tappeto luminoso si formò alla base della costruzione, coprendo ogni spazio vuoto, e dal tappeto sorsero alberi che piegando i rami seguivano una musica propria.
Bayta era totalmente affascinata. La musica assumeva a tratti tonalità liriche. Allungò una mano per afferrare uno dei piccoli alberi fioriti e la fragile pianta si sbriciolò in tante scintille che scomparvero nel nulla.
La musica esplose in un suono di venti cimbali e di fronte a lei un’area sembrò prendere fuoco mentre una cascata di colori finiva sulle sue ginocchia, mandando spruzzi e incanalandosi in una rapida corrente. Oltre le ginocchia si formò un ponte e sul ponte c’erano due sagome.
Un palazzo, un giardino e un gruppo di minuscoli uomini e donne sopra il ponte: la scena si estendeva a perdita d’occhio, galleggiando sopra una base ondulata che si muoveva verso di lei espandendosi...
Poi ci fu una pausa terrificante, un movimento concentrico mentre tutta la costruzione si sgretolava. I colori si ammassarono in una sfera che si restrinse, s’innalzò e scomparve.
Non c’era altro che il buio.
Un piede cercò a tentoni il pedale dell’interruttore e la luce tornò, la semplice luce di un prosaico sole. Bayta sbatté le palpebre finché dai suoi occhi sgorgarono lacrime, come se volesse disperatamente trovare lo scenario perduto. Mis era inerte, gli occhi spalancati e la bocca aperta a metà.
Solo Magnifico sembrava essere completamente sveglio.
«Mia signora,» disse in tono felice mentre riponeva delicatamente il sonovisore nella custodia «è uno strumento meraviglioso. Risponde alla perfezione a ogni sollecitazione ed è straordinariamente delicato e stabile. Con uno strumento simile sarò capace di compiere miracoli. Le è piaciuta la mia composizione?»
«L’hai composta tu?» chiese Bayta sorpresa. «Tu da solo?»
Il buffone arrossì fino alla punta del suo enorme naso. «È mia. Al Mulo non piaceva ma l’ho suonata molto spesso per me solo, in segreto. Quando ero giovane, un giorno ho visto quel palazzo, un gigantesco palazzo incastonato di gioielli; l’ho visto a malapena da lontano, era carnevale. Era tutto così incredibile e splendido, e in seguito non ho mai più trovato tanta ricchezza e magnificenza, neanche al palazzo del Mulo. La mia rappresentazione era misera al confronto, ma la mia mente è limitata. L’ho intitolata Ricordo del Paradiso.»
Al suono di quelle parole finalmente Mis si riprese. «Magnifico, ti andrebbe di suonare allo stesso modo per altri?»
Il buffone parve esitare. «Per altri?» chiese incerto.
«Per migliaia di persone» gridò Mis. «Nella sala grande dei concerti alla Fondazione. Ti piacerebbe diventare padrone di te stesso, onorato da tutti, ricco... e... e...» non riuscì a terminare la frase. «Capisci? Che cosa ne dici?»
«Ma come posso diventare tutto quello che dice, signore? Io non sono che un povero buffone a cui non sono concesse le grandi cose del mondo.»
Lo psicologo sbuffò e si asciugò il sudore dalla fronte. «Ma tu sai suonare. Il mondo sarebbe tuo se riuscissi a farlo in questo modo di fronte al sindaco e all’Unione dei mercanti. Vuoi?»
Il buffone si voltò verso Bayta. «E lei rimarrà con me, signora?»
Bayta rise. «Certo. Credi forse che ti abbandonerò ora che sei sul punto di diventare ricco e famoso?»
«Ogni mia ricchezza sarebbe sua, mia signora. E di sicuro tutta la ricchezza della galassia non sarebbe sufficiente a ripagare il debito che ho verso di lei.»
«Ma» intervenne Mis con naturalezza «prima dovresti aiutarmi...»
«Cos’è quello strumento?»
Lo psicologo sorrise. «Una piccola sonda psichica: non ti farà male. Sfiorerà appena la superficie del cervello.»
Magnifico spalancò gli occhi, paralizzato da un terrore senza nome.
«No, una sonda, no!» riuscì a balbettare. «L’ho già vista usare. Prosciuga la mente e lascia il cervello completamente vuoto. Il Mulo se ne serviva per punire i traditori: li lasciava liberi di aggirarsi per la città, totalmente impazziti, finché per pietà non venivano uccisi.» Protese le mani cercando di allontanare Mis.
«Ma si trattava di un’altra sonda» spiegò Mis pazientemente «e anche quella non danneggerebbe nessuno se fosse adoperata con attenzione. Questa invece è una semplice sonda superficiale e non farebbe male a un bambino.»
«È vero, Magnifico» disse Bayta. «Ci serve solo per aiutarci a sconfiggere il Mulo e tenerlo lontano. Al termine di tutto ciò, noi due diventeremo ricchi e famosi.»
Magnifico tese le dita tremanti. «Mi terrà la mano, signora?»
Bayta la strinse fra le sue e il buffone osservò con terrore avvicinarsi alla testa i piatti dell’apparecchio.
Ebling Mis era comodamente seduto in una poltrona negli appartamenti privati del sindaco Indbur, del tutto indifferente per l’onore concessogli, e guardava ironico il piccolo sindaco nervoso e agitato.
Buttò via il sigaro e sputò sul pavimento un frammento di tabacco che aveva in bocca.
«E se per caso volessi qualcosa di veramente valido per il prossimo concerto alla sala Mallow, faresti meglio a buttar via quegli strumenti elettronici. Penserò io a far suonare a quel poveretto il sonovisore; ti assicuro, Indbur, che non hai mai sentito nulla di simile.»
«E credi che ti abbia chiamato qui per farmi dispensare consigli in campo musicale? Che ne è del Mulo? Parlami di lui. Voglio avere informazioni sul Mulo» urlò il sindaco.
«Il Mulo? Mi sono dovuto servire di una sonda superficiale e ne ho ricavato ben poco. Non potevo ricorrere alla sonda psichica vera e propria, quel poveretto sarebbe impazzito. Ma ti racconterò tutto quello che sono riuscito a sapere, solo se la smetti di tamburellare con le dita sul tavolo... Prima di tutto non bisogna considerare la straordinaria forza fisica del Mulo. Probabilmente è molto forte, ma niente di più. Il resto sono tutte storie alimentate dalla sua terribile fama. Indossa strani occhiali e uccide con gli occhi. Evidentemente è provvisto di poteri mentali.»
«Ne sappiamo quanto prima» commentò il sindaco amareggiato.
«E la sonda lo conferma. A partire da queste basi possiamo andare avanti in modo concreto.»
«Capisco. E quanto tempo ci impiegherai?»
«Circa un mese, direi, e forse potrò darti qualche informazione. O forse no, ma che cosa posso farci? Tutto questo è al di fuori del Piano Seldon e le nostre probabilità di vittoria sono molto, molto poche.»
Indbur balzò in piedi. «Sei tu, allora! Bugiardo e traditore, fai parte di quella combriccola di criminali che spargono voci di sconfitta, seminando il panico all’interno della Fondazione e rendendo più difficile il mio lavoro.»
«Io?» fece Mis che stava cominciando a irritarsi.
Indbur lo guardò con odio. «Perché, per la galassia, la Fondazione vincerà... la Fondazione deve vincere.»
«Malgrado la sconfitta di Horleggor?»
«Non è stata una sconfitta. Sei tu che hai messo in giro questa bugia? Eravamo inferiori di numero e siamo stati traditi...»
«E da chi?» domandò Mis.
«Da quei topi di fogna dei democratici» urlò Indbur. «Lo sapevo già da tempo che la flotta era piena di capicellula democratici. La maggior parte di loro è stata eliminata, ma ne rimanevano abbastanza per spiegare la resa di venti astronavi nel pieno della battaglia. Abbastanza da mutarne le sorti. E presto dimostrerò che pure tu, patriota dei miei stivali, sei in contatto con questi democratici.»
Mis alzò le spalle. «Tu urli ma non provi un bel niente. Come spieghi la ritirata precipitosa e l’abbandono di metà Siwenna? Ancora colpa dei democratici?»
«No, non dei democratici» rispose il sindaco con un sorriso. «Ci siamo ritirati perché la Fondazione l’ha sempre fatto al primo attacco, fino a quando l’inevitabile necessità storica volgerà la sconfitta in vittoria. Già ne vedo le avvisaglie. Le cosiddette forze democratiche hanno affisso manifesti in cui assicurano il loro appoggio al governo. Probabilmente ci vogliono tradire dall’interno, ma noi ci serviamo dei loro manifesti per la propaganda, qualunque siano i piani di questi traditori. E c’è dell’altro...»
«Una notizia ancora migliore, Indbur?»
«Giudica da te. Due giorni fa la cosiddetta Associazione dei mercanti indipendenti ha dichiarato guerra al Mulo e la flotta della Fondazione, di colpo, si è ritrovata rinforzata di ben mille astronavi. Vedi che il Mulo è andato troppo oltre. Ci ha colto divisi e in lotta fra di noi, ma sotto la pressione del suo attacco abbiamo trovato la forza di unirci e diventare più forti. Deve perdere. È inevitabile, come sempre.»
Mis non parve diventare più ottimista. «Vuoi dirmi che il Piano Seldon ha tenuto conto persino dell’avvento fortuito di un mutante?»
«Un mutante! Io non sarei in grado di distinguerlo da un normale essere umano, se non fosse per le storie fantastiche che si ostinano a raccontare un capitano ribelle, una coppia di stranieri e un buffone di corte. Inoltre, tu dimentichi la prova fondamentale che mi hai fornito.»
«Io?» fece Mis allibito.
«Sì,» insistette il sindaco «proprio tu. La Volta del Tempo si aprirà fra nove settimane, non è così? È la conclusione di una crisi. Se l’attacco del Mulo non rappresenta la crisi, quale dovrebbe essere? E per quale ragione s’aprirebbe la Volta del Tempo? Rispondi, grossa palla di lardo.»
Lo psicologo alzò le spalle. «D’accordo, se ti fa piacere. Fammi un favore, però. Nell’eventualità che Seldon faccia il suo discorso e non si verifichino le conseguenze desiderate, sarebbe bene che tu mi lasciassi assistere alla cerimonia.»
«D’accordo. Ora esci di qui. E non farti vedere per nove settimane.»
«Con grande piacere, vostro incartapecorito onore» mormorò Mis allontanandosi.