3

I cospiratori

Il dottor Darell e Pelleas Anthor passavano le serate conversando piacevolmente. I giorni scorrevano senza che avvenisse nulla d’importante. Il dottor Darell presentò il giovane come un suo cugino venuto da lontano per far perdere interesse nel nuovo venuto. Talvolta, però, durante le conversazioni, veniva fatto il nome di qualcuno. E il dottor Darell, dopo averci pensato un poco, rispondeva: «No», oppure: «Sì». Spesso telefonava un suo amico e il dottore lo invitava a casa sua con queste parole: «Vorrei presentarti mio cugino».

Arcadia si comportava come al solito.

Per esempio, usando dei metodi che lasciavano intravedere nella ragazzina una donna pericolosa per tutti coloro che l’avrebbero avvicinata in futuro, era riuscita a farsi regalare da Olyntus Dam, suo compagno di scuola, un ricevitore di suoni che il ragazzo si era costruito da solo. Senza dilungarci in particolari, diremo solo che Arcadia dimostrò un tale interesse per l’apparecchio costruito da Olyntus e per il ragazzo in se stesso, che il poveretto si trovò costretto a dilungarsi in complicate spiegazioni sul funzionamento dei motori a ultraonde, a perdersi nei profondi occhi che lo fissavano rapiti e a depositare fra le mani della sua compagna la più grande delle proprie creazioni: il ricevitore di suoni.

In seguito Arcadia mostrò un interesse calante nei confronti di Olyntus, senza tuttavia far nascere in lui il sospetto che il ricevitore di suoni fosse stata l’unica ragione della loro amicizia. Anzi, per mesi e mesi ricordò quel breve periodo della sua vita, fino a quando finalmente riuscì a dimenticare.

Arrivò la sera fatale; cinque uomini sedevano nel soggiorno del dottor Darell. Arcadia, seduta nella sua stanza al piano superiore, contemplava con soddisfazione il rudimentale apparecchio di Olyntus.

Cinque uomini abbiamo detto: il dottor Darell, naturalmente, ordinato e impeccabile come sempre. Pelleas Anthor, serio, attento, dall’aspetto giovane e poco sicuro di sé, e tre nuovi personaggi: Jole Turbor, un visitecnico piuttosto grasso, il dottor Elvett Semic, professore di Fisica all’università, magro e pieno di rughe, che indossava abiti troppo larghi per lui, e Homir Munn, bibliotecario dinoccolato e terribilmente nervoso.

Il dottor Darell parlò per primo, con un tono di voce naturale. «Questa riunione, signori, è qualcosa di più di un semplice raduno di amici. Probabilmente lo immaginavate. E poiché siete stati scelti deliberatamente in base ai vostri precedenti, penso che vi rendiate conto del rischio che corriamo. Non cercherò di minimizzarlo, anzi vi dirò che in ogni caso noi siamo tutti uomini condannati.

«Noterete che nessuno di voi è stato invitato segretamente. Non vi è stato chiesto di venire qui in incognito. Le finestre non sono state schermate e intorno alla stanza non esiste alcuna protezione. Per attirare l’attenzione del nemico non ci sarebbe di meglio che assumere un atteggiamento da cospiratori.»

(“Però!” pensò Arcadia, chinata sullo strumento dal quale provenivano le voci leggermente disturbate da ronzii e da fruscii.)

«Voi mi capite, spero.»

Elvett Semic storse le labbra e scoprì i denti, come faceva ogni volta che si accingeva a parlare. «Coraggio, vieni al sodo. Parlaci del giovanotto.»

Il dottor Darell proseguì: «Si chiama Pelleas Anthor. Era un allievo di un mio vecchio collega, Kleise, morto l’anno scorso. Prima di morire, Kleise mi ha spedito il suo schema cerebrale fino al quinto livello; lo schema è stato controllato davanti a voi stessi e appartiene all’uomo qui presente. Sapete, naturalmente, che uno schema cerebrale non può essere duplicato, nemmeno dai più grandi psicologi. Se non lo sapete, dovrete fidarvi della mia parola».

«Possiamo cominciare anche subito» intervenne Turbor. «Ci fidiamo della tua parola, visto soprattutto che dopo la morte di Kleise sei il più grande elettroneurologo della galassia. Per lo meno ti ho definito tale nella mia ultima trasmissione televisiva... Quanti anni ha, Anthor?»

«Ventinove, signor Turbor.»

«Mmh. Anche lei è un elettroneurologo famoso?»

«Sono semplicemente uno studente di questa scienza. Ma lavoro con serietà e ho avuto il vantaggio di essere stato allievo di Kleise.»

Munn interruppe il dialogo. Quando era nervoso, balbettava leggermente. «V-vorrei che si cominciasse. Penso che si stia p-perdendo t-troppo t-tempo in c-chiacchiere.»

Il dottor Darell si girò a guardare Munn. «Hai ragione, Homir. Comincia tu, Pelleas.»

«Non ancora» disse Anthor parlando lentamente. «Prima di cominciare, anche se comprendo l’impazienza del signor Munn, vorrei vedere gli schemi cerebrali.»

Darell aggrottò la fronte. «Che cosa stai dicendo, Anthor? Di quali schemi parli?»

«Dei vostri. Lei, dottor Darell, ha visto il mio, ora voglio controllare i vostri. Anch’io devo essere sicuro.»

«Darell, non vedo perché il giovane dovrebbe fidarsi di noi» osservò Turbor. «È nel suo pieno diritto.»

«Grazie» rispose Anthor. «Dottor Darell, se ci accompagna nel suo laboratorio, la seguiamo. Mi sono preso la libertà, questa mattina, di controllare i suoi strumenti.»

La scienza dell’elettroencefalografia era molto antica, ma era stata perfezionata recentemente. Antica perché, fin dalla preistoria dell’umanità, si conosceva l’esistenza delle onde generate dai centri nervosi degli esseri viventi.

Durante le decine di migliaia d’anni dell’impero galattico, però, era stata considerata piuttosto inutile. Qualcuno aveva tentato di classificare le onde del soggetto in movimento o addormentato, del soggetto calmo o eccitato, sano o malato, ma quel sistema comportava una serie di riserve.

Altri avevano tentato di provare l’esistenza di gruppi di onde cerebrali e di dimostrare che l’ambiente esterno agiva in modo determinante. Costoro credevano nella divisione delle razze e pretendevano di dividere l’uomo in sottospecie. Tale indirizzo non poteva coesistere col principio di unità universale dell’impero galattico che raggruppava venti milioni di sistemi stellari e che comprendeva tutta l’umanità dalla capitale Trantor fino al più piccolo e solitario asteroide della periferia.

E, inoltre, una civiltà come quella del Primo impero, basata esclusivamente sulla scienza fisica e la tecnica, era restia a uno studio approfondito del cervello. Questo era stato tralasciato perché comportava pochi vantaggi immediati.

Dopo la caduta del Primo impero la scienza era decaduta sempre più fino a perdere la conoscenza dei fondamenti dell’energia atomica e a tornare all’energia chimica. Un’eccezione era costituita dalla Prima Fondazione, dove la scienza era risorta a nuova vita. Ma anche nella Prima Fondazione era la tecnica che dominava, e il cervello, a parte le operazioni chirurgiche, era rimasto un campo piuttosto trascurato. Hari Seldon fu il primo ad affermare quanto in seguito venne accettato come verità.

«Le onde cerebrali» disse un giorno «portano l’impronta di ogni impulso, dato da miliardi di cellule, sia conscio sia inconscio. Teoricamente una loro analisi dovrebbe dimostrare che le differenze esistenti fra individuo e individuo non sono dovute unicamente alla diversità dei caratteri fisici, ereditari o acquisiti, ma anche al momentaneo stato emotivo, a un diverso grado d’educazione ed esperienza, persino a un diverso atteggiamento filosofico.»

Addirittura Seldon non era andato al di là della semplice teoria.

Da cinquant’anni gli uomini della Fondazione si dedicavano allo studio di questa nuova materia. L’avvio fu dato naturalmente da ulteriori scoperte tecniche. Si era riusciti, per esempio, a costruire un nuovo apparecchio che permetteva un contatto diretto con le cellule senza essere costretti a radere il cranio, e un nuovo meccanismo che registrava automaticamente i dati delle onde cerebrali sotto forma di una funzione fornita di sei variabili indipendenti.

Ma la cosa più significativa, forse, era la crescente importanza che aveva finito con l’acquisire l’encefalografia; Kleise, il luminare di questa scienza, partecipava ai convegni scientifici sedendo allo stesso tavolo dei fisici. Il dottor Darell, anche se ora aveva abbandonato gli studi, era conosciuto per le sue brillanti scoperte nell’analisi encefalografica, quasi quanto per il fatto di essere figlio di Bayta Darell, la grande eroina della passata generazione.

Il dottor Darell, seduto nel suo laboratorio, s’era fissato sulla testa gli elettrodi, mentre un ago, racchiuso in una campana vuota, vibrava impercettibilmente. Alle sue spalle si trovava il registratore; il soggetto, infatti, non doveva vedere il diagramma, altrimenti sarebbe stato tentato di influenzarlo. Darell sapeva tuttavia che in quel momento sul diagramma appariva la ritmica e pochissimo ondulata curva Sigma, il che era ovvio, data la sua mente così disciplinata.

Conosceva alla perfezione il suo schema cerebrale.

Pelleas Anthor non fece commenti quando il dottore si alzò dalla sedia. Il giovane prese le sette registrazioni dalla macchina e le esaminò rapidamente con occhio esperto.

«Se non le dispiace, dottor Semic.»

Semic era serio e preoccupato. Aveva cominciato a studiare l’elettroencefalografia in età matura; non ne sapeva molto, e la cosa gli dava un certo fastidio. Era vecchio, le rughe del suo volto lo dimostravano, al pari del passo strascicato e del tremito delle mani... ma si trattava soltanto del corpo. Il diagramma, invece, avrebbe potuto rivelare che anche la sua mente era vecchia e questo lo infastidiva.

Gli elettrodi vennero regolati. L’operazione non era affatto dolorosa, né arrecava alcun danno. Si provava solamente un lieve formicolio.

Fu quindi la volta di Turbor, che si sedette tranquillamente senza muoversi durante tutta l’operazione. Poi toccò a Munn, che fece un sobbalzo non appena gli vennero applicati gli elettrodi, e durante tutto il tempo non fece che ruotare gli occhi come se volesse verificare che non gli avessero bucato il cranio.

«E ora...» disse Darell quando tutto fu finito.

«E ora» lo interruppe Anthor scusandosi «c’è un’altra persona in casa.»

Darell corrugò la fronte. «Mia figlia?»

«Sì. Se ricorda, ho chiesto che rimanesse in casa questa sera.»

«Anche lei deve sottoporsi all’analisi? E per quale ragione?»

«Non posso procedere senza l’analisi.»

Darell scosse il capo e salì le scale. Arcadia, che aveva avuto tutto il tempo per prepararsi, aveva spento il ricevitore di suoni quando era entrato il padre. Lo seguì senza fare storie. Era la prima volta, a eccezione di quando avevano preso il suo schema cerebrale base da neonata a scopi di registrazione e d’identificazione, che si trovava sotto gli elettrodi.

«Posso vedere?» chiese quando ebbero finito.

«Non riusciresti a capirci niente, Arcadia» rispose il dottor Darell. «Ora è meglio che tu vada a letto.»

«Sì, papà» acconsentì docile. «Buonanotte a tutti.»

Si precipitò su per le scale e si tuffò sul letto dopo essersi svestita a tempo di record. Con l’apparecchio di Olyntus sotto il cuscino si sentiva come un personaggio di un libro di spionaggio.

Le prime parole che sentì erano pronunciate da Anthor: «L’analisi, signori, è stata soddisfacente. Anche quella della bambina».

“Bambina” pensò disgustata, e al buio fece una smorfia indirizzata a lui.

Anthor aveva aperto la sua valigia e ne stava togliendo parecchie dozzine di diagrammi cerebrali. La valigetta era provvista di una chiusura speciale. Se non fosse stata la sua mano a tenere la chiave che apriva il lucchetto, il contenuto si sarebbe incenerito in pochi secondi. Una volta tolte dalla valigia, le registrazioni si ossidavano nel giro di mezz’ora.

Per sfruttare quel breve periodo, Anthor parlò velocemente. «Ho qui il diagramma di parecchi funzionari governativi di Anacreon. Questo è di uno psicologo dell’Università di Locris; questo di un industriale di Siwenna. Gli altri potete controllarli voi stessi.»

Tutti si chinarono a guardare. La maggior parte di loro capì ben poco. Solo Darell riuscì a leggere quei diagrammi come un libro aperto.

«Dottor Darell,» disse Anthor «vorrei farle notare la regione piana tra le onde secondarie di Tauian e il lobo frontale, che è comune a tutte queste registrazioni. Per controllare meglio la mia affermazione, signore, può servirsi del mio regolo analitico.»

Il regolo analitico può essere considerato un parente lontano del giocattolo per bambini chiamato “regolo logaritmico”, così come un grattacielo può esserlo di una capanna. Darell se ne servì con mano esperta. Fece uno schizzo dei risultati e, come Anthor aveva detto, scoprì una regione piana sul lobo frontale, dove invece avrebbero dovuto trovarsi onde di notevoli dimensioni.

«Come interpretare un fatto del genere?» chiese Anthor.

«Non sono sicuro. Non vedo come sia possibile. Persino in caso di amnesia le ondulazioni rallentano di frequenza, ma non scompaiono del tutto. Forse un’operazione chirurgica?»

«Certo, qualcosa è stato asportato» disse Anthor impaziente. «Ma non fisicamente. Lei sa che il Mulo era in grado di fare una cosa del genere. Poteva sopprimere completamente tutte le capacità per determinate emozioni o attitudini mentali, e non lasciare nient’altro che vuoto. A meno che...»

«A meno che non sia stata la Seconda Fondazione a farlo. È questo che voleva dire?» domandò Turbor sorridendo.

Non c’era bisogno di rispondere a una domanda tanto ovvia.

«Che cosa ha fatto nascere in lei dei sospetti, signor Anthor?» chiese Munn.

«Non sono stato io a scoprirlo. È stato il dottor Kleise. Raccoglieva diagrammi mentali, pressappoco come fa la polizia planetaria, ma per uno scopo differente. Si specializzò in intellettuali, funzionari governativi e uomini d’affari. Vede, è chiaro che se la Seconda Fondazione sta dirigendo il corso storico della galassia e il nostro, deve farlo il più segretamente possibile. Se loro lavorano sulle menti, visto che non hanno altro mezzo, è ovvio che si orientino verso quelle delle persone influenti nella cultura, nell’industria, nella politica. E fu proprio verso costoro che Kleise diresse le sue ricerche.»

«Sì,» convenne Munn «ma siamo sicuri che esista un’influenza esterna? Come si comportano queste persone, intendo dire quelle del diagramma? Forse è un fenomeno perfettamente naturale.» Si guardò in giro sperando di raccogliere consensi, ma senza successo.

«Meglio di me» disse Anthor «potrà risponderle il dottor Darell. Gli chieda quante volte, nei suoi studi, ha riscontrato un fenomeno simile. Quindi gli chieda quante possibilità ci sono di scoprire la medesima anomalia tra le categorie studiate dal dottor Kleise.»

«Immagino che non ci siano dubbi» disse Darell pensieroso. «Queste menti sono state condizionate. Io stesso avevo sospettato...»

«Lo so, dottor Darell,» disse Anthor «so anche che un tempo lavorava insieme al dottor Kleise. Mi piacerebbe sapere perché avete interrotto improvvisamente la vostra collaborazione.»

La domanda non voleva essere maliziosa, ma provocò una lunga pausa. Darell guardò i suoi ospiti l’uno dopo l’altro, poi cominciò bruscamente: «Perché Kleise combatteva una battaglia senza possibilità di successo. Stava lottando con un avversario più forte di lui. Stava scoprendo ciò che noi, io e lui sapevamo che avremmo scoperto prima o poi: che non eravamo padroni di noi stessi. E io non volevo saperlo! Ho un orgoglio personale. Mi piaceva pensare che fosse la nostra Fondazione a guidarci, che i nostri padri non avessero combattuto e fossero morti per niente. Ho pensato che sarebbe stato più semplice voltare le spalle al problema finché non ne ero ancora sicuro. Non avevo bisogno di continuare a lavorare visto che la pensione governativa assegnata alla famiglia di mia madre avrebbe soddisfatto le mie necessità. Il mio laboratorio mi impediva di annoiarmi, e un giorno avrei cessato di vivere... poi Kleise morì...».

Semic scoprì i denti. «Questo Kleise, chi è? Non lo conosco. Com’è morto?»

«Lui sapeva che sarebbe morto» intervenne Anthor. «Sei mesi prima mi disse che stava per morire perché era troppo vicino alla soluzione...»

«Anche ora, noi siamo v-vicini t-troppo v-vicini alla s-soluzione, vero?» fece Munn con la gola secca, mentre il pomo d’Adamo tremava.

«Sì,» rispose Anthor semplicemente «ma anche prima eravamo in pericolo. È per questa ragione che ognuno di voi è stato scelto. Io sono l’allievo di Kleise. Il dottor Darell era suo collega. Jole Turbor ha denunciato la nostra cieca fiducia nella funzione salvatrice della Seconda Fondazione, fino a quando il governo non lo ha costretto a tacere, attraverso un potente finanziere il cui diagramma cerebrale mostra quello che Kleise chiamava “profilo del perfetto condizionato”. Homir Munn possiede la più grande collezione esistente di documenti sul Mulo e, inoltre, ha pubblicato alcuni articoli sulla natura e la funzione della Seconda Fondazione. Il dottor Semic ha contribuito largamente alla matematica dell’analisi encefalografica, anche se non ne ha approfondito l’applicazione pratica.»

Semic spalancò gli occhi sorpreso. «No, giovanotto. Io ho analizzato i movimenti internucleari, il problema del corpo, sa. Non so niente di encefalografia.»

«La conclusione» proseguì Anthor «è che noi conosciamo sufficientemente la nostra situazione. Il governo, naturalmente, non può far nulla in proposito. Non so nemmeno se il sindaco o i nostri consiglieri si rendano conto della gravità della situazione. Ma una cosa so di sicuro: noi cinque non abbiamo nulla da perdere e tutto da guadagnare. Più indaghiamo e più possiamo sperare di salvarci. Naturalmente, non siamo che agli inizi.»

«Fin dove è arrivata l’opera di infiltrazione della Seconda Fondazione?» chiese Turbor.

«Non lo so. Tutti gli indizi che abbiamo scoperto riguardano zone che sono ai confini della nostra nazione. Il pianeta capitale forse è ancora immune, ma non possiamo esserne certi, altrimenti non vi avrei sottoposto ad analisi. Sospettavo in modo particolare di lei, dottor Darell, visto che aveva abbandonato le ricerche insieme a Kleise. Kleise non gliel’ha mai perdonato. Ho pensato che la Seconda Fondazione l’avesse condizionata, ma Kleise ha sempre insistito nel dire che lei era un codardo. Mi perdoni, dottor Darell, dico tutto questo per rendere la mia posizione più chiara. Personalmente, penso di capire il suo atteggiamento e, se si trattava di viltà, la considero in questo caso una colpa più che perdonabile.»

Darell sospirò prima di rispondere. «Io sono scappato. Pensa ciò che vuoi. Ho cercato tuttavia di mantenere la nostra amicizia, ma Kleise non mi ha mai risposto, non si è mantenuto in contatto con me fino al giorno in cui mi ha spedito i tuoi diagrammi cerebrali, e l’ha fatto appena una settimana prima di morire.»

«Se non vi dispiace» intervenne Homir Munn sempre più nervoso. «N-non v-vedo dove vogliate a-arrivare. S-siamo p-proprio dei c-cospiratori da p-poco, visto che non f-facciamo altro che c-chiacchierare. A parte il fatto che non vedo che altro potremmo fare. Tutta la f-faccenda mi sembra s-stupida. O-onde cerebrali e t-tutte le altre sciocchezze. Che intenzioni avete?»

Pelleas Anthor aveva gli occhi che luccicavano. «Esiste un piano. Abbiamo bisogno di maggiori informazioni sulla Seconda Fondazione. È la cosa più importante. Il Mulo non ha fatto altro che cercarla senza riuscirci, per cinque anni... o per lo meno così abbiamo immaginato. Poi improvvisamente ha interrotto le ricerche. Perché? Aveva fallito o invece s’era avvicinato alla meta?»

«Ancora p-parole» constatò Munn amaro. «Come potremo mai saperlo?»

«Mi ascolti. La capitale del Mulo era su Kalgan. Kalgan non faceva parte della sfera d’influenza commerciale della Fondazione prima del Mulo e non ne fa parte adesso. Al momento è governata da un uomo, Stettin, a meno che non ci sia un’altra rivoluzione di palazzo domani. Stettin si fa chiamare primo cittadino e si considera il successore del Mulo. È stato creato quasi un culto delle doti soprannaturali e della grandezza del Mulo e il suo vecchio palazzo è conservato come un museo. Nessuna persona non autorizzata può entrarvi; niente all’interno è stato toccato.»

«E allora?»

«E allora, perché è così? In tempi come questi niente accade senza una ragione. E se non fosse soltanto la superstizione a rendere intoccabile il palazzo del Mulo? E se la Seconda Fondazione avesse organizzato tutto? In parole povere, se i risultati delle ricerche del Mulo fossero entro le mura...»

«S-stupidaggini.»

«E perché no? Da quando è stata creata, la Seconda Fondazione si è tenuta sempre nascosta e ha interferito pochissimo nella storia galattica. So bene che a noi sembrerebbe più logico distruggere il palazzo o per lo meno far sparire i dati. Ma bisogna considerare l’eccezionalità di questi maestri psicologi. Sono dei Seldon redivivi; sono come il Mulo e le loro azioni sono sempre mentali. Non hanno bisogno di distruggere o far sparire le prove quando possono ottenere lo stesso risultato creando uno stato mentale. Capite?»

Nessuno rispose e Anthor proseguì: «E lei, Munn, è proprio l’uomo adatto a raccogliere le informazioni di cui abbiamo bisogno».

«Io?» rispose Munn senza fiato e guardandosi intorno rapidamente. «Ma come posso fare una cosa del genere? Io non sono un uomo d’azione; non sono un eroe da televisione. Sono solo un bibliotecario. Se posso aiutarla in qualche modo, d’accordo, sono pronto a rischiare contro la Seconda Fondazione, ma non andrò certo nello spazio per una m-missione come questa.»

«Mi stia bene a sentire» disse Anthor pazientemente. «Il dottor Darell e io abbiamo già deciso che lei è l’uomo adatto. Dice di essere un bibliotecario, bene! Si è sempre interessato di documenti relativi al Mulo. Possiede già la più grande collezione di materiale sul Mulo della galassia. È naturale che cerchi di raccoglierne altro. Lei potrebbe chiedere l’autorizzazione a entrare nel palazzo senza destare sospetti. Forse rifiuteranno ma non la sospetteranno. E c’è di più. Lei possiede un’astronave personale. Ogni anno va in vacanza su pianeti stranieri. È già stato una volta su Kalgan. Non capisce che non deve far altro che comportarsi come ha fatto l’altra volta?»

«M-ma che cosa pretende, che vada a Kalgan e dica: “P-per favore mi lasciate entrare nel più inviolabile dei vostri musei, s-signor p-primo cittadino?”»

«E perché no?»

«Ma, per la galassia, mi cacceranno a pedate!»

«D’accordo. Ammettiamo che non la facciano entrare. Tornerà qui ed escogiteremo un altro sistema.»

Munn non riuscì più a ribattere. Gli sembrava di essere stato ingannato e nessuno gli dava una mano per cavarlo da quell’imbroglio. Alla fine nella casa del dottor Darell vennero prese due decisioni. La prima fu che Munn, sebbene riluttante, sarebbe andato su Kalgan per le sue vacanze estive.

L’altra, completamente estranea a coloro che avevano preso parte alla riunione, fu presa allo scatto del ricevitore di suoni poco prima di chiudersi in un sonno profondo. Questa decisione, per ora, non ci interessa.

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