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DEMERZEL, ETO ... Benché non esistano dubbi sul fatto che durante buona parte del regno dell’imperatore Cleon I il vero potere fosse nelle mani di Demerzel, gli storici sono divisi sulla reale natura di questo predominio. L’interpretazione classica è che egli sia stato uno dei tanti spietati oppressori così numerosi nell’ultimo secolo dell’impero galattico unitario, ma esistono opinioni revisioniste che sono emerse lentamente e secondo le quali il suo dispotismo, se così lo si vuole definire, fu invece benevolo. A questo proposito vengono abbondantemente citati i rapporti di Demerzel con Hari Seldon, anche se in merito non si avranno mai certezze documentate, specialmente per quanto riguarda il bizzarro episodio di Laskin Joranum, la cui rapidissima ascesa...

ENCICLOPEDIA GALATTICA1

«Ti ripeto ancora, Hari,» disse Yugo Amaryl «che quel tuo amico, Demerzel, si trova in brutti guai.» Pronunciò con una certa enfasi la parola “amico”, con un leggero ma inconfondibile tono di disgusto.

Hari Seldon percepì la nota acida e la ignorò. Sollevò lo sguardo dal suo tri-computer dicendo: «E io ti ripeto ancora, Yugo, che è assurdo». Poi, con un’ombra di fastidio, solo una sfumatura, aggiunse: «Perché mi fai perdere tempo continuando a insistere?».

«Perché credo che sia importante.» Amaryl si mise a sedere con aria di sfida. Era un gesto che indicava come non avesse intenzione di lasciarsi estromettere facilmente. Era lì e intendeva restarci.

Otto anni prima era stato solo un cistermista di Dahl, al più basso gradino possibile della scala sociale. Seldon lo aveva sollevato da quella posizione, ne aveva fatto un matematico, un intellettuale e ancora di più uno psicostorico.

Amaryl non dimenticava mai chi era stato un tempo e chi era adesso, e meno ancora a chi doveva quel cambiamento. Il risultato era che, se sentiva di dover parlare duramente a Hari Seldon – per il suo stesso bene –, nessuna considerazione di rispetto e di devozione per l’uomo più anziano, nessun pensiero per la propria carriera avrebbero potuto fermarlo. A Seldon era debitore di una dura severità, oltre che di molto altro.

«Ascolta, Hari,» disse tagliando l’aria con la mano sinistra «per un motivo che trascende la mia comprensione tu hai una grande considerazione di questo Demerzel. Io no, e nessuno di cui rispetti le capacità di giudizio, tranne te, la pensa in questo modo. Personalmente non m’importa quello che può succedergli, ma finché ho motivo di credere che a te importa, devo sottoporre la cosa alla tua attenzione.»

Hari sorrise, in parte per il tono angustiato dell’amico e in parte per quella che considerava l’inutilità delle sue preoccupazioni. Era molto affezionato a Yugo Amaryl, una delle quattro persone che aveva conosciuto durante il breve periodo della sua vita in cui aveva percorso in lungo e in largo il pianeta Trantor, da fuggiasco. Le altre erano Eto Demerzel, Dors Venabili e Raych; da allora non aveva incontrato nessuno che fosse lontanamente paragonabile a loro.

Ognuno a proprio modo, e diversamente in ogni caso, i quattro gli erano ormai indispensabili. Yugo Amaryl, per esempio, a causa della sua rapida comprensione dei principi della psicostoria e per le ardite escursioni in nuove aree. Per Hari era confortante pensare che, se a lui fosse successo qualcosa prima che le fondamenta matematiche della psicostoria venissero posate in modo definitivo – il lavoro procedeva molto lentamente e gli ostacoli erano giganteschi –, sarebbe rimasta almeno una mente abile e in grado di continuare le ricerche.

«Mi dispiace, Yugo. Non intendo essere brusco con te o respingere a priori quello che sembri così ansioso di farmi comprendere, ma la colpa è in parte del mio lavoro. Dirigere una facoltà...»

Amaryl fu spinto a sua volta a sorridere e soffocò una risata. «Scusami, Hari, non dovrei ridere, ma la verità è che non hai alcuna predisposizione per quel ruolo.»

«Questo lo so benissimo anch’io, ma dovrò imparare. Agli occhi di tutti devo sembrare impegnato in qualche attività innocua e non esiste nulla di più innocuo, nel vero senso della parola, che fare il preside di facoltà all’Università di Streeling, dipartimento di Matematica. Posso riempirmi la giornata di impegni banali e senza alcuna importanza, evitando che qualcuno sappia delle ricerche psicostoriche o faccia domande sui risultati, ma il guaio è che la mia giornata risulta davvero piena di impegni privi di importanza e così non mi rimane tempo sufficiente per...» I suoi occhi fecero il giro della stanza, fermandosi sui computer dove era custodito il loro materiale e dei quali solo lui e Amaryl possedevano la chiave di accesso; anche se un estraneo fosse incappato casualmente nei dati delle ricerche, non sarebbe riuscito a comprendere la simbologia inventata che avevano utilizzato per mascherarli.

«Non appena avrai preso confidenza con i tuoi incarichi, potrai cominciare a delegarli e così ti resterà più tempo.»

«Lo spero tanto» disse Seldon dubbioso. «Ma ora, cosa vuoi dirmi di tanto importante sul conto di Eto Demerzel?»

«Solo che il primo ministro del nostro grande imperatore è attivamente impegnato a organizzare un’insurrezione.»

Seldon si accigliò. «Perché dovrebbe voler fare una cosa simile?»

«Non ho detto che voglia farlo ma che lo sta facendo, consapevole o meno che ne sia. E con un considerevole aiuto da parte dei suoi nemici politici. La cosa non mi infastidisce, cerca di capirmi. Personalmente penso che, nelle attuali condizioni, sarebbe splendido vederlo sbattuto fuori dal palazzo, allontanato da Trantor e magari relegato oltre i confini dell’impero. Ma tu sembri stimarlo parecchio, come ho già detto, e così voglio metterti in guardia, poiché sospetto che tu non stia seguendo il recente corso degli avvenimenti politici con l’attenzione che meriterebbe.»

«Ci sono cose più importanti» disse Seldon in tono sommesso.

«Come la psicostoria, sono d’accordo. Ma come potremo svilupparla con qualche speranza di successo se restiamo all’oscuro della politica? La politica attuale, voglio dire. È adesso, nel momento in cui viviamo, che il presente si trasforma in futuro. Non possiamo soltanto studiare il passato. Sappiamo già cos’è accaduto, ma i nostri risultati possono essere verificati soltanto rispetto al presente e all’avvenire più prossimo.»

«Ho l’impressione di aver già ascoltato questo genere di discorsi.»

«E lo ascolterai ancora. Non sembro incontrare molto successo quando ti spiego queste cose.»

Seldon sospirò, si appoggiò allo schienale della sua poltrona e fissò Amaryl con un sorriso. Quel giovanotto sapeva essere irritante, ma prendeva la psicostoria molto seriamente e questo lo ripagava di tutto.

Amaryl mostrava ancora i segni dei suoi anni vissuti come cistermista. Aveva le spalle larghe e il fisico muscoloso di una persona abituata a un duro lavoro fisico. Non aveva permesso al suo corpo di inflaccidirsi e questa era un’ottima cosa, perché spingeva anche Seldon a resistere all’impulso di trascorrere tutto il suo tempo a una scrivania. Lui non possedeva la forza fisica di Amaryl ma conservava ancora le sue capacità di torcitore, anche se era sulla soglia dei quarant’anni e non poteva sperare di mantenerle in eterno. Comunque, per il presente avrebbe proseguito le sue abitudini heliconiane: grazie agli esercizi quotidiani la sua vita era ancora snella, le braccia e le gambe salde e robuste.

«La tua preoccupazione per Demerzel, Yugo, non può dipendere soltanto dal fatto che si tratta di un mio amico. Devi avere qualche altro motivo.»

«Nessun mistero in merito. Finché sei amico del primo ministro, la tua posizione qui all’università è sicura e puoi continuare a dedicarti alle ricerche psicostoriche.»

«Eccoci al punto. Quindi avrei un motivo per essere suo amico. Non è affatto qualcosa che supera la tua comprensione.»

«Hai interesse a coltivare la sua benevolenza. Questo lo comprendo. Ma essergli amico, non riesco davvero a capirlo. Comunque nel caso che Demerzel perdesse il suo potere, tralasciando le conseguenze sulla tua posizione, Cleon si troverebbe a governare l’impero in prima persona e il livello del suo declino aumenterebbe. Potremmo sprofondare nell’anarchia prima di aver sviluppato tutte le implicazioni della psicostoria e aver dato alla scienza il modo di salvare l’intera umanità.»

«Capisco, Yugo, ma in tutta sincerità non credo che riusciremo a consolidare la psicostoria in tempo per impedire la caduta dell’impero.»

«Anche se non potessimo impedirla riusciremmo ad attutirne gli effetti, non credi?»

«Forse.»

«Il punto è questo, allora. Più tempo avremo per lavorare in pace, maggiori saranno le probabilità di impedire la caduta o, se non altro, di ridurre la gravità delle sue conseguenze. Quindi, procedendo all’inverso, può risultare necessario salvare Demerzel, volenti o nolenti. Almeno per quanto mi riguarda.»

«Però hai appena detto che vorresti vederlo sbattuto fuori dal palazzo, allontanato da Trantor e relegato oltre i confini dell’impero.»

«Sì, ma in certe condizioni ideali, ho detto. Tuttavia noi non viviamo in condizioni ideali e abbiamo bisogno del nostro primo ministro, anche se è uno strumento di oppressione e dispotismo.»

«Capisco. Ma perché credi che il crollo dell’impero sia talmente prossimo da poter essere provocato dalla perdita di un primo ministro?»

«Psicostoria.»

«La usi per formulare profezie? Non abbiamo neppure consolidato la struttura di base. Che genere di profezie puoi trarne?»

«Esiste l’intuizione, Hari.»

«L’intuizione è sempre esistita. Noi vogliamo qualcosa di più, non credi? Vogliamo una procedura matematica che ci fornisca le probabilità di un futuro specifico date certe condizioni. Se bastasse l’intuizione a guidarci, non avremmo alcun bisogno della psicostoria.»

«L’una non esclude necessariamente l’altra, Hari. Sto parlando di utilizzarle entrambe, combinate fra loro. Il che può risultare più utile che usarne una sola, almeno fino a quando la psicostoria non sarà stata perfezionata.»

«Se mai lo sarà. Ma, dimmi, da dove nascerebbe questo pericolo per Demerzel? Cosa c’è di tanto pericoloso che rischia di danneggiarlo o di fargli addirittura perdere la sua carica? Perché stiamo parlando di questo, o sbaglio?»

«Si tratta appunto di questo» disse Amaryl cupo.

«Allora spiegamelo. Abbi misericordia della mia ignoranza.»

Amaryl arrossì. «Ora reciti la parte dell’ingenuo, Hari. Di sicuro avrai sentito parlare di Jo-Jo Joranum.»

«Certo, è un demagogo. Aspetta, da dove viene? Nishaya, vero? Un pianeta insignificante. Allevamenti di capre, mi pare. Formaggi di eccellente qualità.»

«Esatto. Tuttavia non è un semplice demagogo. Dispone di molti seguaci e il suo potere sta aumentando. A quanto dice, mira alla giustizia sociale e a un maggiore coinvolgimento politico del popolo.»

«Già, ne ho sentito parlare anch’io. Il suo motto è: “Il governo appartiene al popolo”.»

«Non esattamente, Hari. Lui dice: “Il governo è il popolo”.»

Seldon annuì. «Ebbene, a dirti la verità sono piuttosto d’accordo con lui.»

«Anch’io. La penserei come lui, se Joranum parlasse sinceramente. Ma non è così, perché per lui è solo un punto di partenza. Per Joranum si tratta di una via, non di una meta. Vuole sbarazzarsi di Demerzel. In seguito gli sarà facile manovrare l’imperatore Cleon, dopo di che si impadronirà personalmente del trono e lui sarà il popolo. Tu stesso mi hai raccontato che la storia imperiale abbonda di simili episodi, e in questi giorni l’impero è molto più debole e instabile che in passato. Un colpo che, nei secoli precedenti, lo avrebbe fatto semplicemente barcollare, ora potrebbe abbatterlo. Finiremo in mezzo a una sanguinosa guerra civile e non avremo la psicostoria per insegnarci cosa dobbiamo fare.»

«Sì, capisco, ma certo non sarà così facile averla vinta su Demerzel.»

«Non hai idea di come stia crescendo il potere di Joranum.»

«Non importa quanto cresca il suo potere.» Un’ombra increspò la fronte di Seldon. «Mi domando che cosa abbia spinto i suoi genitori a chiamarlo Jo-Jo. C’è qualcosa di infantile in questo nome.»

«I genitori non c’entrano. Il suo vero nome è Laskin, un nome molto comune su Nishaya. Ha scelto lui di chiamarsi Jo-Jo, probabilmente dalla prima sillaba del suo cognome.»

«Una mossa ancora più sciocca, allora, non credi?»

«No, non direi. La gente lo urla a squarciagola: Jo... Jo... Jo... senza soste. È ipnotico.»

«Bene,» disse Seldon, facendo il gesto di tornare al suo tri-computer e alla simulazione multidimensionale che aveva creato «vedremo che cosa succederà.»

«Come puoi mostrarti tanto indifferente? Ti dico che il pericolo è imminente.»

«No, non lo è» ribatté Seldon, lo sguardo di ghiaccio e la voce improvvisamente dura. «Tu non hai il quadro completo.»

«Che cosa non so?»

«Ne discuteremo un’altra volta, Yugo. Per il momento continua il tuo lavoro e lascia che sia io a preoccuparmi per Demerzel e la sorte dell’impero.»

Amaryl strinse le labbra, ma l’abitudine a obbedire a Seldon era radicata saldamente in lui. «Sì, Hari.»

Forse non così saldamente. Sulla porta si girò e disse: «Stai commettendo un errore, Hari».

Seldon abbozzò un lieve sorriso. «Io non lo credo, ma ho fatto mio il tuo avvertimento e non lo dimenticherò. Comunque, tutto andrà bene.»

Quando però Amaryl fu uscito, il sorriso di Seldon si spense. Sarebbe andato veramente tutto bene?

1. Tutte le citazioni qui riportate sono riprese – per gentile concessione dell’editore – dall’Enciclopedia galattica, CXVI edizione, pubblicata nel 1020 E.F. dalla Società editrice Enciclopedia galattica, Terminus.

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