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AMARYL, YUGO ... Matematico che, dopo lo stesso Hari Seldon, può essere considerato il maggiore artefice nell’elaborazione della psicostoria. Fu lui a...
... Eppure la situazione che conobbe venendo al mondo è quasi più impressionante delle sue realizzazioni matematiche. Nato nella atroce povertà delle classi inferiori di Dahl, un settore dell’antico Trantor, forse avrebbe condotto un’esistenza completamente oscura se Seldon, casualmente, non lo avesse incontrato durante...
ENCICLOPEDIA GALATTICA
L’imperatore della galassia era stanco, fisicamente stanco. Gli facevano male le labbra, perché aveva dovuto sorridere benevolo a intervalli regolari. Aveva il torcicollo, perché aveva dovuto piegare la testa a destra e a sinistra fingendosi interessato. Le orecchie gli fischiavano, perché aveva dovuto ascoltare tutto. Era indolenzito da capo a piedi, perché aveva dovuto alzarsi, sedersi, voltarsi, tendere la mano, annuire.
Una semplice cerimonia di stato in cui bisognava incontrare i sindaci, i viceré, i ministri e le loro mogli o mariti, di ogni parte di Trantor e (peggio) di ogni parte della galassia. Quasi mille presenti, tutti in tenute che andavano dall’adorno eccessivo al bizzarro più appariscente, e l’imperatore aveva dovuto ascoltare un farfugliare di accenti diversi resi ancora più sgradevoli dallo sforzo di parlare il galattico che si parlava all’università imperiale. E, cosa più stressante, l’imperatore aveva dovuto ricordare di astenersi da qualsiasi impegno concreto e di riversare invece fiumi di parole vuote, senza sostanza.
Tutto era stato registrato, immagini e suoni, con estrema discrezione; Eto Demerzel avrebbe esaminato la registrazione per vedere se Cleon, Primo del Nome, si fosse comportato bene. Naturalmente, questa era la versione dei fatti secondo l’imperatore. Demerzel avrebbe insistito che stava solo raccogliendo dati per scoprire eventuali rivelazioni involontarie da parte degli ospiti. E forse era così.
Uomo fortunato!
L’imperatore non poteva lasciare il palazzo e l’area circostante, mentre Demerzel, volendo, poteva attraversare la galassia in lungo e in largo. L’imperatore era sempre in mostra, sempre accessibile e costretto a occuparsi dei visitatori, sia quelli importanti sia i semplici seccatori. Demerzel rimaneva nell’anonimato, non si faceva mai vedere all’interno dei terreni del palazzo. Era solo un nome temuto, una presenza invisibile (e quindi ancora più spaventosa).
L’imperatore era la figura pubblica, con tutte le insegne e gli obblighi del potere. Demerzel era la figura ombra, senza nulla di evidente, nemmeno un titolo ufficiale, ma con le dita e la mente che sondavano ovunque, senza chiedere che una ricompensa per quell’opera instancabile: il potere reale.
L’imperatore si divertiva a pensare (un divertimento macabro) che in qualsiasi momento, con una scusa inventata o senza alcun pretesto, avrebbe potuto far arrestare Demerzel, imprigionarlo, esiliarlo, farlo torturare o giustiziare. In quei secoli di continui fermenti egli faticava a imporre la propria volontà ai vari pianeti dell’impero e perfino ai settori di Trantor con la loro massa di funzionari e legislature locali che lo costringevano a muoversi in un labirinto di decreti, impegni, trattati, protocolli, norme legali interstellari in genere. Per fortuna, i suoi poteri rimanevano assoluti nel palazzo e nella sua zona.
Ma i sogni di strapotere erano inutili e Cleon lo sapeva. Demerzel aveva servito suo padre e, come l’imperatore ricordava, si era sempre rivolto a lui per ogni consiglio. Era Demerzel a sapere tutto, ideare tutto, fare tutto. Cosa più importante, era su di lui che si poteva scaricare la colpa se qualcosa andava storto. L’imperatore restava al di sopra delle critiche, non aveva nulla da temere (a parte le congiure di palazzo e l’assassinio a opera delle persone più care e vicine a lui). Ed era per impedire che accadesse questo, in particolare, che Cleon faceva assegnamento su Eto Demerzel.
Provò un lieve brivido al pensiero di fare a meno di lui. C’erano stati imperatori che avevano governato personalmente, con una serie di capi di gabinetto privi di talento, scelti apposta fra gli incompetenti e mai sostituiti. In qualche modo, per un po’, erano riusciti a tirare avanti.
Ma Cleon non poteva, aveva bisogno di Demerzel. Una volta che il pensiero correva all’assassinio (e, conoscendo la storia recente dell’impero, era inevitabile), ci si rendeva conto che sbarazzarsi del capo di gabinetto non era fattibile. Per quanto Cleon potesse organizzare il piano con la massima meticolosità, in qualche modo il capo di gabinetto avrebbe previsto la mossa, capendo che era imminente, e con abilità molto maggiore avrebbe organizzato un colpo di palazzo. Prima che Demerzel fosse trascinato in catene, insomma, Cleon sarebbe morto e un altro imperatore lo avrebbe sostituito. Che Demerzel avrebbe servito e dominato...
E se, stanco del gioco, il potente ministro si fosse autonominato imperatore?
No, mai! L’abitudine all’anonimato era troppo forte in lui. Se Demerzel si fosse esposto al mondo, i suoi poteri, la sua saggezza, la sua fortuna (qualunque cosa fosse), di certo l’avrebbero abbandonato. Cleon ne era assolutamente convinto.
Quindi, finché si comportava bene, Cleon era al sicuro. Non avendo ambizioni proprie, Demerzel l’avrebbe servito fedelmente.
Ed eccolo, il capo di gabinetto. Aveva un abbigliamento così semplice e austero che Cleon provò un certo imbarazzo per i futili ornamenti dei suoi abiti da cerimonia, che fortunatamente si era tolto aiutato da due valletti. Naturalmente soltanto quando Cleon era solo e svestito, Demerzel compariva all’improvviso.
«Sono stanco!» esordì l’imperatore della galassia.
«Le cerimonie di stato sono faticose, sire» mormorò Demerzel.
«Allora deve proprio essercene una ogni sera?»
«Non ogni sera ma sono importanti. Per gli altri è gratificante vedervi ed essere notati da voi. Contribuisce al buon funzionamento dell’impero.»
«Una volta per il buon funzionamento dell’impero si usava il potere» constatò Cleon cupo. «Adesso bisogna usare un sorriso, un cenno della mano, una parola sussurrata e una medaglia o un’insegna.»
«Se tutte queste cose servono a mantenere la pace, sire, non si può che apprezzarle. E il vostro regno procede bene.»
«Lo sai perché? Perché ho te al mio fianco. La mia unica vera dote è quella di essere consapevole della tua importanza.» Il sovrano guardò Demerzel con un’espressione scaltra. «Mio figlio non deve essere necessariamente il mio erede. Non ha talento. E se nominassi te mio erede?»
Demerzel rispose glaciale: «Sire, questo è impensabile. Non usurperei mai il trono. Non lo ruberei al vostro legittimo erede. E poi, se vi ho contrariato, punitemi giustamente. Quello che posso aver fatto, o che potrei fare, non merita di sicuro una punizione come quella di essere nominato imperatore».
Cleon rise. «Per questa esatta valutazione del valore del trono imperiale, Demerzel, rinuncio a qualunque proposito di punizione. Bene, parliamo di qualcosa. Dormirei, ma non sono ancora pronto per le cerimonie necessarie a mettermi a letto. Parliamo.»
«Di che, sire?»
«Di qualsiasi cosa. Di quel matematico e della sua psicostoria. Sai, penso a lui ogni tanto. Questa sera a cena ho pensato a lui. Mi sono chiesto: “E se l’analisi psicostorica indicasse il metodo per governare senza queste interminabili cerimonie?”.»
«Sire, a mio avviso nemmeno il più abile psicostorico riuscirebbe in un compito simile.»
«Be’, sentiamo le ultime notizie. Il matematico è ancora nascosto fra quelle strambe teste pelate di Micogeno? Avevi promesso di portarlo via da quel posto.»
«Infatti, sire, e ho agito in tal senso, ma mi rincresce comunicarvi che ho fallito.»
«Fallito?» L’imperatore aggrottò le sopracciglia. «Non mi piace questa storia.»
«Nemmeno a me, sire. Ho fatto in modo che il matematico venisse incoraggiato a compiere qualche atto blasfemo. È facile commettere atti blasfemi a Micogeno, soprattutto per uno straniero: una trasgressione che richiedesse una punizione severa. Così il matematico sarebbe stato costretto ad appellarsi all’imperatore e di conseguenza l’avremmo preso. Per organizzare tutto sarebbe bastata qualche concessione insignificante da parte nostra, importante per Micogeno, trascurabile per noi. Non intendevo recitare un ruolo diretto nell’accordo, ma tutto si sarebbe svolto con accortezza e discrezione.»
«Già, ovvio» osservò Cleon. «Ma è stato un fallimento. Il sindaco di Micogeno...»
«Si chiama Sommo Anziano, sire.»
«Non sottilizzare sui titoli. Questo Sommo Anziano ha rifiutato?»
«Al contrario, sire. Ha accettato e il matematico Seldon è caduto nel tranello.»
«Allora?»
«Lo hanno lasciato andar via impunemente.»
«Perché?» chiese Cleon indignato.
«Di preciso non lo so, sire, ma credo ci sia stata un’offerta superiore alla nostra.»
«Da parte di chi? Del sindaco di Wye?»
«Forse, sire, ma ne dubito. Wye è costantemente sotto sorveglianza. Se avessero il matematico, lo saprei.»
L’imperatore non era solo accigliato, era visibilmente arrabbiato. «Demerzel, non andiamo affatto bene. Sono molto scontento. Di fronte a un fallimento del genere, mi chiedo se tu sia ancora l’uomo di un tempo. Che provvedimenti dobbiamo adottare contro Micogeno per aver sfidato apertamente la volontà dell’imperatore?»
Demerzel abbassò il capo, consapevole dell’atmosfera burrascosa, ma il suo tono rimase perfettamente calmo e deciso. «Sarebbe un errore punire Micogeno, sire. Lo scompiglio provocato da un nostro intervento farebbe il gioco di Wye.»
«Ma dobbiamo fare qualcosa!»
«Forse no, sire. La situazione non è grave come potrebbe sembrare.»
«Ah, e perché non sarebbe grave?»
«Se ben ricordate, sire, questo matematico era convinto che la psicostoria fosse irrealizzabile.»
«Certo che ricordo. Però quello è un particolare senza importanza per i nostri scopi, no?»
«Può darsi, ma se la psicostoria fosse applicabile a livello pratico, sire, per noi sarebbe infinitamente più utile. E stando a quanto sono riuscito a scoprire, adesso il matematico sta cercando di muoversi in tal senso. Sembra che il suo gesto blasfemo, a Micogeno, fosse collegato a un tentativo di risolvere il problema. Direi che ci convenga lasciarlo fare senza disturbarlo: meglio prenderlo quando sarà più vicino alla sua meta o quando l’avrà raggiunta.»
«Sempre che non lo prenda prima Wye.»
«Questo non accadrà, provvederò io.»
«Come hai appena provveduto a prelevarlo da Micogeno?»
«La prossima volta non sbaglierò, sire» replicò Demerzel gelido.
«Sì, è meglio che non sbagli. Non tollererò un altro errore in questa faccenda» disse Cleon. E aggiunse stizzito: «Credo proprio che malgrado tutto non dormirò, stanotte».