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Sedettero l’uno di fronte all’altro nello studio privato di Seldon, quello che lui chiamava il suo “pensatoio”. Là aveva trascorso innumerevoli ore a riflettere sui modi migliori per affrontare e risolvere le complessità del governo di Trantor e dell’impero.

«Hai letto qualcosa sui numerosi guasti che di recente abbiamo avuto nei servizi planetari, Raych?»

«Sì, parecchio, ma vedi, papà, questo è un pianeta vecchio. L’unica cosa da fare sarebbe trasferire altrove tutta la gente, scavare nelle fondamenta dell’intero pianeta, sostituire tutto quanto, aggiungere i più moderni sistemi computerizzati e poi riportare indietro tutta la popolazione, o almeno la metà. Trantor se la caverebbe molto meglio con solo venti miliardi di abitanti.»

«Quali venti miliardi?» chiese Seldon sorridendo.

«Vorrei saperlo» rispose Raych scuro in volto. «Il guaio è che non possiamo ricostruire il pianeta, e così dobbiamo accontentarci di rattopparlo.»

«Lo temo anch’io, Raych, ma vi sono alcuni elementi strani in questa situazione. Ora voglio che tu faccia un controllo per me. Mi sono venuti certi pensieri in proposito.»

Tirò fuori da una tasca una piccola sfera.

«Che cos’è?» domandò Raych.

«È una mappa di Trantor, programmata con ogni cura. Fammi un favore, Raych, sgombra questo tavolo.»

Quando Raych ebbe finito, Seldon depose la sfera più o meno al centro del tavolo e posò la mano sulla tastiera sistemata nel bracciolo della sua poltrona. Con il pollice chiuse un contatto, e le luci nella stanza si spensero mentre il ripiano del tavolo si illuminava di una morbida luminescenza color avorio che sembrava alta circa un centimetro. La sfera si era appiattita e allargata fino ai bordi del tavolo.

La luminescenza si scurì lentamente in alcuni punti e assunse contorni precisi. Dopo circa trenta secondi Raych disse con sorpresa: «È proprio una mappa di Trantor».

«Certo, te l’avevo detto. Però non puoi comprare queste mappe in un comune negozio. È uno di quei giocattoli con i quali si divertono i militari. Potrebbe presentare Trantor come una sfera, ma una proiezione planare mostrerà in modo più chiaro ciò che voglio farti vedere.»

«E cos’è che vuoi farmi vedere, papà?»

«Ebbene, nel corso degli ultimi due anni ci sono stati dei guasti piuttosto fastidiosi. Come hai detto, si tratta di un pianeta vecchio ed è logico aspettarsi rotture e avarie, ma hanno cominciato a diventare sempre più frequenti e si direbbero, in modo quasi uniforme, il risultato di errori umani.»

«E questo non è comprensibile?»

«Sì, ma entro certi limiti. Questo vale anche a proposito dei terremoti.»

«Terremoti? Su Trantor?»

«Riconosco che Trantor è un pianeta alquanto stabile e scarsamente suscettibile di effetti sismici... il che è un’ottima cosa, perché rinchiudere un intero mondo sotto una cupola quando questo mondo può subire violente scosse ogni anno e veder crollare sezioni della sua cupola sarebbe poco funzionale. Tua madre sostiene che una delle ragioni per le quali Trantor è stato preferito ad altri mondi per diventare la capitale dell’impero è che come pianeta era geologicamente moribondo: ha usato questi termini scarsamente lusinghieri, proprio così. Tuttavia, può darsi che sia moribondo ma non è ancora morto. Si verificano ancora lievi terremoti occasionali, tre dei quali negli ultimi due anni.»

«Non ne sapevo nulla, papà.»

«In pratica quasi nessuno lo sa. La cupola non è un singolo oggetto. È composta da centinaia di sezioni, ognuna delle quali può essere sollevata e scostata per allentare le tensioni e le compressioni nel caso di un terremoto. Poiché i terremoti, quando si verificano, hanno una durata che va da dieci secondi a un minuto, l’apertura ha una durata brevissima. Viene eseguita così rapidamente che i trantoriani al di sotto non se ne accorgono neppure. Notano di più un lieve tremito e qualche debole tintinnio di vetri che l’apertura della cupola sopra le loro teste e la fugace intrusione del clima esterno, quale che sia.»

«Questo è un bene, non trovi?»

«Dovrebbe. Tutto è computerizzato, naturalmente. L’insorgere di un terremoto in qualsiasi parte del pianeta fa scattare automaticamente l’apertura e la chiusura della sezione di cupola corrispondente, in modo che questa possa aprirsi appena prima che le vibrazioni diventino così intense da provocare danni.»

«Mi sembra ancora un ottimo sistema.»

«Ma nel caso dei tre terremoti minori negli ultimi due anni i controlli della cupola non hanno funzionato. La cupola non si è aperta neppure una volta e sono state necessarie riparazioni. Ogni volta sono occorsi tempo e denaro, e il controllo climatico è rimasto al di sotto della soglia ottimale per parecchio tempo. Ora, Raych, quali sono le probabilità che l’impianto di apertura potesse guastarsi in tutti e tre i casi?»

«Non molto alte?»

«Per nulla. Meno dell’uno per cento. Si può quindi supporre che qualcuno abbia manomesso i controlli prima di ogni terremoto. Ora, una volta ogni cento anni, su Trantor si verifica una fuga di magma, che è molto più difficile da controllare... e non voglio nemmeno pensare ai risultati se passasse inosservata per troppo tempo. Fortunatamente, questo non è ancora successo e le probabilità che un simile incidente si verifichi sono molto scarse, ma rifletti... Su questa mappa troverai la dislocazione dei guasti che ci hanno colpiti negli ultimi due anni e che sembrano imputabili a errori umani, anche se non siamo mai riusciti a scoprire a chi dovessero essere imputati.»

«Questo perché tutti fanno del loro meglio per coprirsi le spalle.»

«Temo che tu abbia ragione. È una caratteristica di ogni burocrazia, e Trantor ne possiede l’esempio più macroscopico di tutta la storia umana. Ma cosa ne pensi delle ubicazioni?»

Sulla mappa si erano accesi dei puntini rossi che sembravano piccole pustole sparse sull’intera area terrestre di Trantor.

«Be’,» rispose Raych cautamente «sembrano distribuite in modo regolare.»

«Esatto, ed è questo l’aspetto interessante. Chiunque si aspetterebbe che le sezioni più antiche di Trantor, quelle racchiuse per prime dalla cupola, avessero le infrastrutture più vecchie e fossero più bisognose di rapide decisioni, il che porrebbe le basi per eventuali errori umani. Adesso sovrapporrò alla mappa le sezioni più antiche di Trantor in colore azzurro, e noterai che i guasti, invece di risultare concentrati laggiù, sono ugualmente distribuiti in tutto il pianeta.»

«E allora?»

«Io credo che questo significhi, Raych, che i guasti non sono dovuti a cause naturali, ma provocati deliberatamente in modo così diffuso per colpire il maggior numero possibile di persone, creando un malcontento capace di espandersi con la massima rapidità.»

«Non mi sembra un’ipotesi molto realistica.»

«No? Allora analizziamo i guasti nel corso del tempo invece che nello spazio.»

Le aree azzurre e i puntini rossi scomparvero, e per diversi minuti la mappa di Trantor rimase vuota; poi le lucette rosse cominciarono ad apparire e sparire una alla volta, sparse qua e là.

«Noterai» disse Seldon «che non compaiono raggruppate neppure nel tempo. Prima una, poi l’altra, poi un’altra ancora, e così via, come il ticchettare costante di un metronomo.»

«Pensi che anche questo sia deliberato?»

«Deve esserlo. Chiunque sia il responsabile di tutto questo, sta cercando di provocare il massimo fastidio possibile con il minore sforzo indispensabile, quindi è inutile causare due guasti allo stesso tempo, perché uno cancellerà parzialmente l’altro nei notiziari e nella coscienza del pubblico. Ogni incidente deve spiccare da solo e provocare la massima irritazione.»

La mappa si spense e le luci si accesero. Seldon rimise in tasca la sfera, ormai ritornata alla sua forma originale.

«Chi può avere organizzato una cosa del genere?» chiese Raych.

«Alcuni giorni fa ho ricevuto un rapporto su un omicidio avvenuto nel settore di Wye.»

«Questo non è rilevante. Wye non è uno dei tuoi settori scarsamente rispettosi della legge, d’accordo, ma anche là ogni giorno verranno commessi molti delitti.»

«Centinaia» disse Seldon scuotendo il capo. «Ci sono giornate in cui il numero complessivo di atti di violenza commessi su Trantor si avvicina al milione. In genere i servizi di sicurezza non hanno molte probabilità di individuare tutti i colpevoli, tutti gli assassini. I morti entrano nei libri come dati statistici. Questo delitto, però, era insolito. L’uomo era stato accoltellato... ma in modo inesperto. Quando lo hanno trovato era ancora vivo, anche se per poco. Ha avuto il tempo di sussurrare un’ultima parola prima di morire ed era: “Capo”.

«Ciò ha sollevato una certa curiosità e la vittima è stata identificata. Lavorava nel settore di Anemoria. Che cosa ci facesse a Wye, non lo sappiamo. Ma poi un funzionario zelante è riuscito a scovare l’informazione che si trattava di un vecchio joranumita. Si chiamava Kaspal Kaspalov ed era noto per essere stato uno dei primi affiliati di Laskin Joranum. E adesso Kaspalov è morto, assassinato.»

Raych corrugò la fronte. «Sospetti una cospirazione di joranumiti? Non ne rimangono molti in circolazione.»

«Non molto tempo fa tua madre mi ha domandato se pensavo che i joranumiti fossero ancora attivi e io le ho risposto che ogni setta insolita conserva sempre una certa organizzazione, a volte anche per secoli. Di solito non hanno molta importanza, si tratta solo di gruppuscoli che non contano nulla. Tuttavia, perché non proviamo a chiederci se anche i joranumiti abbiano conservato una loro organizzazione? Se abbiano raggiunto una certa forza? Se sarebbero capaci di uccidere qualcuno che considerano un traditore? E se infine siano proprio loro a causare questi guasti come mossa preliminare per impadronirsi del potere?»

«È un’orribile sfilza di “se”, papà.»

«Questo lo so. E potrei sbagliare di grosso. Ma il delitto è stato commesso a Wye e, guarda caso, non ci sono stati guasti alle infrastrutture di Wye.»

«E questo cosa prova?»

«Potrebbe provare che il centro della cospirazione è a Wye e che i cospiratori non vogliono provocare fastidi a loro stessi ma solo al resto di Trantor. Potrebbe anche significare che i responsabili non sono affatto i joranumiti, ma la vecchia dinastia dominante di Wye che sogna ancora l’impero.»

«Oh, andiamo, papà. Hai ben poco per elaborare un’ipotesi del genere.»

«Lo so. Ora, supponi che sia una cospirazione dei joranumiti. Joranum aveva come suo braccio destro Gambol Deen Namarti. Non abbiamo traccia della sua morte, né del fatto che abbia lasciato Trantor, né alcuna notizia sulla sua vita negli ultimi nove anni. Non è poi un fatto tanto sorprendente... è facile far perdere le proprie tracce in mezzo a quaranta miliardi di persone. Un tempo ho cercato di farlo anch’io. Naturalmente, può essere morto. Sarebbe la spiegazione più semplice, ma può anche darsi che invece sia ancora vivo.»

«Allora cosa facciamo?»

Seldon sospirò. «La cosa più logica sarebbe rivolgersi ai servizi di sicurezza, ma non posso. Non possiedo il carisma di Demerzel. Lui sapeva incutere rispetto alle persone e farsi ubbidire, io no. Lui aveva una forte personalità, mentre io sono soltanto un... matematico. Non dovrei occupare la carica di primo ministro, non sono l’uomo adatto. E non l’occuperei neppure... se l’imperatore non si fosse fissato sulla psicostoria molto più di quanto essa meriti.»

«Sei in vena di autocommiserarti, non è vero, papà?»

«Sì, immagino che sia così. Però riesco a vedermi mentre mi rivolgo ai servizi di sicurezza, supponiamo, con quello che ti ho appena mostrato sulla mappa» indicò il tavolo ora vuoto «e sostenendo che corriamo un grave pericolo a causa di una cospirazione di consistenza e di natura del tutto ignote. Mi ascolterebbero solennemente, poi, non appena me ne fossi andato, scoppierebbero a ridere fra loro, scherzerebbero sul “matematico folle” e non farebbero un bel nulla.»

«Allora cosa facciamo?» ripeté Raych tornando al punto.

«Si tratta di quello che tu potresti fare per me, Raych. Mi servono altre prove e voglio che tu le trovi. Manderei più volentieri tua madre, ma lei non accetterebbe per alcun motivo di allontanarsi da me. E io non posso lasciare il palazzo in questo momento. Dopo Dors e me stesso, tu sei l’unica persona di cui mi fido. Anzi, più di Dors e me stesso. Sei ancora giovane, sei robusto, sei un torcitore molto più in gamba di quanto io sia mai stato, e sei astuto. Però bada, non voglio che tu metta a repentaglio la tua vita. Niente eroismi, niente azioni temerarie. Non potrei più guardare in faccia tua madre se ti succedesse qualcosa. Scopri solo quello che puoi. Forse scoprirai che Namarti è vivo e in piena azione oppure che è morto. Forse scoprirai che i joranumiti sono un gruppo attivo oppure moribondo. Forse scoprirai che la famiglia regnante di Wye è attiva oppure no. Ognuna di queste informazioni sarebbe interessante, ma non di importanza vitale. Ciò che voglio sapere è se i guasti alle infrastrutture sono di origine umana, come io credo, e ancora di più, nel caso che fossero provocati deliberatamente, cos’altro contano di fare i cospiratori. Sono persuaso che devono aver progettato una specie di intervento su scala maggiore e, se è così, devo sapere di che si tratta.»

«Hai già un piano in mente per me?» chiese Raych cautamente.

«Sì, Raych. Voglio che tu vada a Wye dove è stato assassinato Kaspalov. Se ti è possibile, scopri se come joranumita era ancora attivo e cerca di unirti a tua volta a una cellula del gruppo.»

«Forse questo è possibile. Posso sempre fingere di essere un vecchio joranumita. Ero solo un ragazzo quando Jo-Jo predicava, ma le sue idee mi avevano colpito profondamente. Il che è in parte vero.»

«Sì, hai ragione, ma c’è un ostacolo da superare. Potresti essere riconosciuto. In fondo, sei il figlio del primo ministro. Sei apparso diverse volte in olovisione, hai rappresentato una specie di attrazione per i notiziari, ti hanno intervistato sulle tue idee circa l’uguaglianza fra i settori.»

«Certo, ma...»

«Niente ma, Raych. Porterai scarpe rialzate per aggiungere tre centimetri alla tua altezza e ti faremo spiegare da qualcuno come cambiare la forma delle sopracciglia, far sembrare il viso più rotondo e modificare il timbro di voce.»

Raych fece spallucce. «Un sacco di problemi per nulla.»

«Inoltre,» disse Seldon con un distinto tremolio nella voce «dovrai tagliarti i baffi.»

Raych spalancò gli occhi e per qualche istante rimase seduto in un silenzio sbigottito. Alla fine, con un sussurro roco, disse: «Tagliarmi i baffi?».

«Fino all’ultimo pelo. Nessuno ti riconoscerebbe senza i baffi.»

«Ma non è possibile. Sarebbe come tagliarsi... come una castrazione.»

Seldon scosse il capo. «È solo una curiosità culturale. Yugo è un dahlita come te e non ha i baffi.»

«Yugo è matto. Se non fosse per la sua matematica, non ti accorgeresti nemmeno che è vivo.»

«È un grande matematico e l’assenza dei baffi non modifica questo fatto. E poi, non è una castrazione. I tuoi baffi ricresceranno in due settimane.»

«Due settimane! Mi ci vorranno due anni per arrivare a questi.»

Sollevò una mano come per coprirli e proteggerli.

Seldon disse inesorabile: «Raych, devi farlo. È un sacrificio necessario. Se farai la spia per me con quei baffi, potresti correre un grave pericolo. E questo non posso permetterlo».

«Di sicuro preferirei morire» replicò Raych con foga.

«Non fare il melodrammatico» ribatté severo Seldon. «Tu non preferiresti morire e questa è una cosa che devi fare. Comunque» e a un tratto esitò «non dire nulla a tua madre, ci penserò io.»

Raych fissò il padre con aria frustrata e poi disse in tono basso e disperato: «Va bene, papà».

«Ti manderò qualcuno che si occuperà del tuo travestimento, poi andrai a Wye con un aviogetto. Non fare quella faccia, Raych, non è la fine del mondo.»

Raych abbozzò un fievole sorriso e Seldon lo guardò uscire con occhi preoccupati. Un paio di baffi poteva ricrescere facilmente, ma un figlio no. Seldon era perfettamente consapevole di far correre a Raych un grave pericolo.

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