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«Un unico balzo» mormorò Trevize «ed eccoci qua.»
«È Gaia?» chiese Pelorat guardando lo schermo al di sopra della spalla di Trevize.
«Il sole di Gaia. Lo chiami S-Gaia, se vuole, per evitare confusioni. I galattografi lo fanno, a volte.»
«E Gaia, allora, dov’è? O bisogna dire P-Gaia, per intendere che ci si riferisce al pianeta?»
«No, basta Gaia in questo caso. Non lo vediamo, per il momento. Sa, i pianeti non sono così ben visibili come le stelle e ci troviamo ancora a un centinaio di microparsec da S-Gaia. Se ha notato ci appare tuttora come una stella, anche se molto brillante: non siamo abbastanza vicini da vederla come un disco. Ah, non la fissi direttamente, Janov; è già sufficientemente abbagliante da danneggiare la retina. Inserirò un filtro appena avrò finito le mie osservazioni. Così potrà guardare.»
«Cento microparsec si possono tradurre in un’unità di misura che anche un mitologo possa comprendere, Golan?»
«Certo. Sono tre miliardi di chilometri, cioè circa venti volte la distanza fra Terminus e il suo sole. È più chiaro, così?»
«Sicuro. Ma non dovremmo avvicinarci?»
«No.» Trevize sollevò lo sguardo meravigliato. «Non subito. Dopo i discorsi che abbiamo sentito su Gaia perché dovremmo precipitarci allo sbaraglio? Avere fegato è un conto, agire da pazzi è un altro. Prima diamo un’occhiata.»
«A che cosa, Golan? Ha detto che il pianeta non si vede ancora...»
«È vero, ma abbiamo pur sempre il telescopio e un computer eccellente per le analisi rapide. Innanzitutto possiamo studiare S-Gaia e forse procedere anche con qualche altra osservazione. Si tranquillizzi, Janov.» Trevize allungò una mano e batté un colpetto affettuoso sulla spalla dell’altro.
Dopo una pausa Trevize disse: «S-Gaia è una stella singola oppure, se ha una compagna, questa si trova a una distanza da essa superiore a quella nostra attuale ed è, nella migliore delle ipotesi, una nana rossa; il che significa che non dobbiamo preoccuparci minimamente di lei. S-Gaia è una stella G4, ovvero può avere un pianeta abitabile orbitante intorno a sé. Il che è positivo. Se fosse una A o una M, dovremmo fare immediatamente dietrofront e andarcene».
«Io parlo da semplice mitologo, ma non avremmo potuto determinare già su Sayshell la classe spettrale di S-Gaia?»
«Sì, e l’abbiamo anche fatto, Janov, ma non guasta mai controllare più da vicino. S-Gaia ha un sistema planetario, della qual cosa non c’è da stupirsi affatto. Sono visibili due giganti gassosi, uno dei quali è molto grande, se il calcolo della distanza elaborato dal computer è esatto. Potrebbe essercene un altro sul lato opposto della stella, nel qual caso non sarebbe facilmente individuabile, in quanto ci troviamo per caso abbastanza vicini al piano planetario. Non riesco a distinguere niente nelle regioni interne, ma anche di questo non c’è da stupirsi.»
«È grave?»
«No, del tutto prevedibile. I pianeti abitabili, composti di roccia e metallo, sono molto più piccoli dei giganti gassosi e molto più vicini alla stella, visto che devono essere abbastanza caldi da ospitare la vita. Logico quindi che, per entrambe queste ragioni, sia assai più difficile distinguerli da qui. Questo significa che dovremo avvicinarci di parecchio per esplorare l’area che si trova a quattro microparsec da S-Gaia.»
«Sono pronto.»
«Io no. Faremo il balzo domani.»
«Perché domani?»
«Diamo loro il tempo di uscire allo scoperto venendo incontro a noi e a noi il tempo di fuggire nel caso non ci piaccia il loro modo di venirci incontro...»