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Lotta per l’astronave
XVII
Lì per lì, Trevize ebbe l’impressione di trovarsi sul set di un iperdramma. Per la precisione, sul set di un romanzo storico d’ambientazione imperiale. Si trattava di un set particolare, ripetuto con poche variazioni (forse ne esisteva uno solo ed era usato da tutti i produttori ipervisivi, per quel che ne sapeva Trevize). Rappresentava la mastodontica città-pianeta di Trantor nel periodo di maggior splendore.
C’erano ampi spazi, lo scalpiccio indaffarato dei pedoni, i piccoli veicoli che sfrecciavano lungo le corsie riservate.
Trevize sollevò lo sguardo, aspettandosi quasi di vedere gli aerotaxi che si spingevano in oscuri recessi a volta, ma almeno questo mancava. Infatti, superata la sorpresa iniziale, si rese conto che l’edificio era molto più piccolo di quanto ci si sarebbe aspettati su Trantor. Era soltanto un edificio, non una parte di un complesso che si estendesse ininterrottamente per migliaia di chilometri in ogni direzione.
Anche i colori erano diversi. Negli iperdrammi, Trantor era sempre raffigurato come un mondo dalle tinte eccessivamente sgargianti e gli abiti, se presi alla lettera, apparivano privi di qualsiasi praticità. Comunque, fronzoli e colori avevano un preciso significato simbolico perché indicavano la decadenza dell’impero (una prospettiva obbligatoria, in quei giorni) e soprattutto di Trantor.
In tal caso Comporellen era esattamente l’opposto della decadenza, perché il modello cromatico che Pelorat aveva fatto notare allo spazioporto trovava lì una netta conferma.
Le pareti erano di varie tonalità di grigio, i soffitti bianchi, il vestiario della popolazione nero, grigio e bianco. Di tanto in tanto si vedeva un abito completamente nero; ancor più raramente, un completo grigio; di completi bianchi nessuna traccia, per quel che poteva constatare Trevize. I modelli e i disegni erano sempre diversi, come se la gente, pur priva dei colori, riuscisse ugualmente ad affermare in altri modi la propria individualità.
I volti tendevano a essere inespressivi e se non erano inespressivi avevano un’espressione arcigna. Le donne portavano i capelli corti; gli uomini li portavano più lunghi ma raccolti sulla nuca in codini. Passando, nessuno guardava gli altri. Sembrava che tutti avessero uno scopo ben preciso e che nella loro mente non ci fosse spazio per nient’altro. Uomini e donne vestivano in maniera identica e li si distingueva solamente dalla lunghezza dei capelli, dal rigonfiamento del seno e dall’ampiezza dei fianchi.
I tre furono guidati in un ascensore che scese cinque livelli più in basso. Una volta usciti, vennero condotti davanti a una porta grigia su cui, in piccole lettere bianche, compariva la scritta: “Mitza Lizalor – MinTras”.
Il comporelliano in testa al gruppetto toccò la scritta che un istante dopo luccicò in risposta. La porta si aprì ed entrarono.
Era una stanza ampia e piuttosto spoglia; forse la scarsezza di arredi rappresentava uno spreco voluto di spazio destinato a ostentare il potere di chi la occupava.
Due guardie se ne stavano ritte contro la parete opposta, i volti inespressivi, gli occhi fissi sui nuovi arrivati. Un’ampia scrivania riempiva il centro della stanza, leggermente arretrata rispetto al centro esatto. La figura dietro la scrivania era senza dubbio Mitza Lizalor. Corporatura imponente, tratti regolari, occhi scuri, mani forti e capaci con dita lunghe dalla punta tozza posate sulla scrivania.
Il MinTras (ministro dei Trasporti, dedusse Trevize) aveva i risvolti del vestito di un bianco abbagliante, che spiccavano sul grigio scuro dell’indumento. La doppia striscia bianca proseguiva in diagonale sotto i risvolti, incrociandosi al centro del petto. Anche se il taglio dell’indumento minimizzava le protuberanze del seno femminile, notò Trevize, la “X” candida richiamava l’attenzione proprio su quel punto.
Il ministro era senza dubbio una donna. Anche ignorando il seno, lo si capiva dai capelli corti; e anche se sul volto non c’era ombra di trucco, i lineamenti erano decisamente femminili.
Anche la voce era indiscutibilmente femminile, sonora e da contralto.
«Buon pomeriggio,» esordì il ministro «capita di rado l’onore di ricevere una visita da uomini di Terminus. E da una donna non bene identificata.» I suoi occhi osservarono i tre, poi si posarono su Trevize che se ne stava rigido e accigliato. «E uno degli uomini è membro del Consiglio.»
«Un consigliere della Fondazione» disse Trevize cercando di far squillare la propria voce. «Golan Trevize, in missione per conto della Fondazione.»
«In missione?» Il ministro inarcò le sopracciglia.
«In missione» ripeté Trevize. «Perché veniamo trattati come criminali? Perché siamo stati presi in custodia da guardie armate e condotti qui come prigionieri? Il Consiglio della Fondazione, spero se ne renda conto, non accoglierà la notizia con piacere.»
«E in ogni caso,» intervenne Bliss con voce che sembrava leggermente stridula rispetto a quella dell’altra donna, più anziana di lei «dobbiamo restare in piedi in eterno?»
Il ministro le lanciò un’occhiata glaciale, poi alzò un braccio e disse: «Tre sedie, presto».
Una porta si aprì e tre uomini che indossavano i soliti capi spenti della moda comporelliana si affrettarono a portarle. I tre stranieri davanti alla scrivania si sedettero.
«Ecco» disse il ministro con un sorriso privo di qualsiasi calore. «Siamo comodi?»
A Trevize pareva proprio di no. Le sedie non erano imbottite ma piatte e fredde al tatto, né scendevano a compromessi con la forma del corpo. «Perché siamo qui?»
Il ministro consultò degli incartamenti sulla scrivania. «Ve lo spiegherò non appena sarò sicura dei dati in mio possesso. La vostra astronave è la Stella lontana proveniente da Terminus. È vero, consigliere?»
«Sì.»
Il ministro sollevò lo sguardo. «Ho usato il suo titolo, consigliere. Vuole essere tanto cortese da usare il mio?»
«È sufficiente “signor ministro”? O c’è qualche titolo onorifico?»
«Nessun titolo onorifico, signore, e non è necessario che usi due parole. “Ministro” è più che sufficiente, o “signora” se non le piacciono le ripetizioni.»
«In tal caso la mia risposta è sì, ministro.»
«Il comandante dell’astronave è Golan Trevize, cittadino della Fondazione e membro del Consiglio di Terminus. Consigliere giovane di nomina recente, per la precisione. Lei è Trevize: è tutto esatto, consigliere?»
«Sì, ministro. E dal momento che sono un cittadino della Fondazione...»
«Non ho ancora finito, consigliere. Risparmi le sue obiezioni per quando avrò concluso. Il suo accompagnatore è Janov Pelorat, studioso, storico e cittadino della Fondazione. Quell’uomo è lei, vero, dottor Pelorat?»
Pelorat ebbe un lieve sussulto quando il ministro spostò il suo sguardo penetrante su di lui. «Sì, sono io, mia ca...» S’interruppe e ricominciò: «Sono io, ministro».
Il ministro congiunse le mani. «Nel rapporto che mi è pervenuto non c’è alcun accenno a una donna. Questa signora appartiene all’effettivo dell’astronave?»
«Sì, ministro» rispose Trevize.
«Allora mi rivolgerò a lei. Il suo nome?»
«Sono conosciuta come Bliss,» rispose Bliss sedendo eretta e parlando con calma e chiarezza «anche se il mio nome è più lungo, signora. Devo dirglielo per intero?»
«Mi accontenterò di Bliss, per il momento. È cittadina della Fondazione?»
«No, signora.»
«Di quale mondo è cittadina?»
«Non ho documenti di cittadinanza di nessun mondo, signora.»
«Nessun documento?» Il ministro fece un piccolo segno sull’incartamento che aveva di fronte. «Prendiamo nota di questo fatto. Cosa fa a bordo dell’astronave?»
«Sono un passeggero, signora.»
«Il consigliere Trevize o il dottor Pelorat non hanno chiesto di vedere i suoi documenti prima che salisse a bordo?»
«No, signora.»
«Li ha informati di essere priva di documenti, Bliss?»
«No, signora.»
«Qual è la sua mansione a bordo dell’astronave? Il suo nome, che in fondo significa “estasi” o “beatitudine”, si adatta a tale mansione?»
Bliss rispose orgogliosa: «Sono un passeggero e non ho nessun’altra mansione».
Trevize intervenne: «Perché sta tormentando questa donna, ministro? Quali leggi ha violato?».
Lo sguardo del ministro Lizalor si spostò su di lui. «Consigliere, in quanto esterno o forestiero lei non conosce le nostre leggi. Malgrado questo, se decide di visitare il nostro mondo vi è soggetto. Non porta le sue leggi con sé ovunque vada; questa è una regola generale del diritto galattico, credo.»
«Certo, ministro, ma devo ancora sapere quale delle vostre leggi abbia violato Bliss.»
«Consigliere, di regola nella galassia un visitatore proveniente da un mondo al di fuori del territorio politico del mondo che sta visitando deve avere con sé i documenti d’identità. Sotto questo aspetto, molti mondi sono poco severi o perché interessati al turismo, o perché indifferenti verso la legge e l’ordine. Noi comporelliani non ci comportiamo così. Siamo un mondo legalitario e vogliamo che i regolamenti siano applicati in modo rigoroso. Questa donna è un’apolide, pertanto infrange la legge di qui.»
«Non aveva scelta» ribatté Trevize. «Ero io che pilotavo l’astronave e l’ho portata su Comporellen; lei ha dovuto accompagnarci, ministro... o a suo parere avrebbe dovuto chiederci di essere gettata nello spazio?»
«Questo significa soltanto che anche lei, consigliere, ha violato le nostre leggi.»
«No, non è esatto, ministro. Io non sono un esterno. Sono un cittadino della Fondazione e Comporellen e i mondi compresi nella sua sfera d’influenza politica sono una Potenza alleata della Fondazione. Come cittadino della Fondazione, posso viaggiare liberamente in questo territorio.»
«Certo, consigliere, a patto che abbia dei documenti che dimostrino che è davvero cittadino della Fondazione.»
«E li ho, ministro.»
«Eppure, anche in qualità di cittadino della Fondazione, non ha il diritto di violare le nostre leggi portando con sé una persona apolide, cioè senza cittadinanza.»
Trevize esitò. Era evidente che la guardia di confine, Kendray, non avesse mantenuto la parola, quindi era inutile proteggerlo. «Non siamo stati fermati alla stazione di immigrazione, così ho dato per scontato che avessimo il permesso di portare con noi questa donna, ministro.»
«Non vi hanno fermati, è vero, consigliere. Ed è vero che la donna non è stata denunciata dall’immigrazione ed è potuta passare. Immagino, comunque, che i funzionari della stazione d’ingresso abbiano pensato, giustamente, che fosse più importante far scendere in superficie la vostra astronave piuttosto che preoccuparsi della presenza di un’apolide. Il loro comportamento, a rigor di logica, ha infranto le regole e bisognerà affrontare adeguatamente il problema, ma senza dubbio alla fine si deciderà che si è trattato di un’infrazione giustificata. Siamo un mondo che osserva rigorosamente le leggi, consigliere, ma non siamo rigidi oltre i limiti della ragionevolezza.»
Trevize replicò prontamente: «Allora mi appello alla ragione perché non siate troppo rigidi in questa circostanza, ministro. Se la stazione d’ingresso non vi ha davvero informato circa la presenza a bordo di un’apolide, è evidente che non sapevate che stavamo infrangendo la legge quando siamo atterrati. Eppure è altrettanto evidente che eravate pronti a prenderci in custodia non appena fossimo atterrati, cosa che infatti è avvenuta. Perché l’avete fatto? Non avevate motivo di pensare che si stesse commettendo qualche reato».
Il ministro sorrise. «Capisco la sua confusione, consigliere. Le assicuro che il suo fermo sarebbe avvenuto in ogni caso e indipendentemente dalla presenza a bordo di un passeggero privo di cittadinanza. Stiamo agendo per conto della Fondazione, di cui siamo una Potenza alleata, come lei stesso ribadisce.»
Trevize la fissò. «Ma è impossibile, ministro. Anzi, peggio: è ridicolo.»
Il ministro proruppe in una risatina melliflua. «Interessante notare come anteponga il ridicolo all’impossibile, consigliere. Sono d’accordo con lei. Sfortunatamente, non è né l’una né l’altra cosa. Perché dovrebbe esserlo?»
«Perché sono un funzionario del governo della Fondazione, in missione per conto della Fondazione ed è inconcepibile che proprio la Fondazione voglia farmi arrestare o abbia il potere di farlo, dal momento che godo dell’immunità parlamentare.»
«Ah, omette il mio titolo, ma è sconvolto, quindi forse è una mancanza perdonabile. Comunque, non mi è stato chiesto espressamente di arrestarla. Lo faccio solo per poter eseguire quello che mi è stato chiesto di fare, consigliere.»
«Sarebbe, ministro?» chiese Trevize, cercando di controllare le proprie emozioni di fronte a quella donna tremenda.
«Requisire la sua astronave, consigliere. Restituirla alla Fondazione.»
«Cosa?»
«Continua a omettere il mio titolo, consigliere. Un atteggiamento molto trascurato, con cui non perora di certo la sua causa. L’astronave non è sua, suppongo. È stata progettata da lei, costruita da lei o pagata da lei?»
«Naturalmente no, ministro. Mi è stata assegnata dal governo della Fondazione.»
«Quindi, evidentemente, il governo della Fondazione ha il diritto di annullare questa assegnazione, consigliere. È un’astronave di valore, immagino.»
Trevize non rispose.
Il ministro continuò: «È un’astronave gravitazionale, consigliere. È impossibile che ne esistano molte e perfino la Fondazione deve averne pochissime. Si saranno pentiti di averle assegnato una di queste rare navi spaziali. Forse riuscirà a persuaderli perché gliene assegnino una meno preziosa, comunque sufficiente per svolgere la sua missione. Quella su cui è arrivato deve restare in mano nostra».
«No, ministro, non posso cedere l’astronave. È impossibile che la Fondazione le abbia chiesto di requisirla.»
Il ministro sorrise. «Non l’ha chiesto solo a me, consigliere. Né a Comporellen, specificatamente. Abbiamo motivo di credere che la richiesta sia stata inviata a tutti i mondi e i settori sotto la giurisdizione della Fondazione o suoi alleati. Da questo deduco che la Fondazione non conosca il suo itinerario e la stia cercando con un certo accanimento. Da questo deduco inoltre che lei non si trova in missione su Comporellen per conto della Fondazione, perché in tal caso la Fondazione avrebbe conosciuto la sua posizione e si sarebbe rivolta direttamente a noi. In parole povere, consigliere, mi ha mentito.»
Con una certa difficoltà, Trevize disse: «Vorrei vedere una copia della richiesta che ha ricevuto dal governo della Fondazione. Ne ho diritto, penso».
«Certamente, se arriveremo a un’azione legale. Noi prendiamo molto seriamente la prassi, consigliere, e i suoi diritti saranno tutelati pienamente, gliel’assicuro. Comunque, sarebbe più conveniente e più semplice raggiungere un accordo subito, qui, senza la pubblicità e lo spreco di tempo di un procedimento giudiziario. Noi lo preferiremmo e sono sicura che lo preferirebbe anche la Fondazione. Per evitare che si venga a sapere in tutta la galassia di un Legislatore fuggitivo. La Fondazione cadrebbe nel ridicolo e, secondo il suo punto di vista e il mio, il ridicolo è peggio dell’impossibile.»
Trevize tacque ancora.
Il ministro attese un istante, poi proseguì imperturbabile: «Via, consigliere, in un modo o nell’altro intendiamo requisire l’astronave: per accordo informale con voi o per azione legale dipende da quello che deciderete. Anche la pena per l’introduzione di un passeggero apolide sarà consona alla via che sceglieremo. Se vuole un procedimento giudiziario, la donna rappresenterà un’aggravante a suo carico e dovrà scontare interamente le conseguenze penali del suo reato, che le assicuro non saranno leggere. Giungendo a un accordo, la passeggera potrà raggiungere qualunque destinazione desideri con un volo commerciale e voi due sarete liberi di accompagnarla. In alternativa, se la Fondazione sarà d’accordo potremo fornirvi una delle nostre astronavi, del resto perfettamente adeguate. In questo caso la Fondazione dovrà sostituirla con una equivalente. Se per qualsiasi motivo non desideraste tornare nel territorio controllato dalla Fondazione, saremo disposti a offrirvi asilo politico qui e forse, in seguito, la cittadinanza comporelliana. Come vede, un accordo amichevole presenta molte possibilità vantaggiose, mentre insistendo sui vostri diritti legali potrete solo rimetterci».
«Ministro, lei è troppo impaziente di concludere. Fa promesse che non è in grado di mantenere. Non può offrirmi asilo politico ignorando la richiesta di consegna della Fondazione.»
«Consigliere, non faccio mai promesse a vuoto. La richiesta della Fondazione riguarda solo l’astronave, non parla né di lei né di qualsiasi altra persona a bordo.»
Trevize lanciò un’occhiata a Bliss e disse: «Ministro, posso avere il permesso di consultare brevemente il dottor Pelorat e la signorina Bliss?».
«Certo, consigliere. Le concedo un quarto d’ora.»
«In privato, ministro.»
«Vi accompagneranno in una stanza e fra un quarto d’ora verrete condotti di nuovo qui, consigliere. Non sarete disturbati e non tenteremo di spiare la vostra conversazione. Avete la mia parola e io la mantengo. Comunque sarete sorvegliati, quindi non siate tanto sciocchi da tentare di fuggire.»
«Comprendiamo, ministro.»
«E quando tornerete, ci aspettiamo che abbiate optato per un accordo amichevole e consegniate l’astronave. Altrimenti, la legge seguirà il suo corso e le conseguenze saranno molto spiacevoli per tutti voi. È chiaro?»
«Certo, ministro» rispose Trevize controllando la collera che aveva in corpo, perché sarebbe stato controproducente lasciarla sfogare.
XVIII
Era una stanza piccola ma ben illuminata. Conteneva un divano e due sedie e si sentiva il rumore lieve di una ventola d’aerazione. Complessivamente era molto più accogliente dell’ampio ufficio asettico del ministro.
Li aveva scortati una guardia, un tipo alto e serissimo, con la mano accostata all’impugnatura del fulminatore. Rimase all’esterno mentre loro entravano e con voce grave disse: «Avete un quarto d’ora».
Dopo di che la porta si chiuse di scatto.
«Spero solo che non ci spiino» esordì Trevize.
«Ci ha dato la sua parola, Golan» disse Pelorat.
«Giudichi gli altri in base a te stesso, Janov. La sua cosiddetta parola non basta. Se vuole, romperà la promessa senza esitare.»
«Non importa» intervenne Bliss. «Posso schermare la stanza.»
«Hai un congegno schermante?» chiese Pelorat.
Bliss sorrise, con un balenio improvviso di denti bianchi. «La mente di Gaia è un congegno schermante, Pel. È una mente enorme.»
«E noi siamo qui grazie ai limiti di quella mente enorme» osservò Trevize rabbioso.
«Cosa vorresti dire?» fece Bliss.
«Al termine del confronto a tre, mi hai cancellato dalla mente del sindaco e di Gendibal, il membro della Seconda Fondazione. Non dovevano più pensare a me, se non in modo molto vago e con indifferenza, così da lasciarmi in pace.»
«Abbiamo dovuto farlo» disse Bliss. «Tu sei la nostra risorsa più importante.»
«Già. Golan Trevize, colui che non sbaglia mai. Ma non hai cancellato la mia astronave dalla loro mente, vero? Il sindaco Branno non ha chiesto di catturare me. Io non le interesso minimamente, ma esige la consegna dell’astronave. Non ha dimenticato l’astronave!»
Bliss corrugò la fronte.
Trevize proseguì: «Rifletti. Gaia ha presunto, distrattamente, che io comprendessi la mia astronave, che fossimo un unico insieme. Non pensando a me, la Branno non avrebbe pensato nemmeno alla Stella lontana. Il guaio è che Gaia non capisce l’individualità. Ha creduto che l’astronave e io formassimo un singolo organismo e ha sbagliato».
«È possibile» disse Bliss sottovoce.
«Be’, allora sta a te rimediare all’errore» replicò Trevize sbrigativo. «Mi servono assolutamente sia l’astronave sia il relativo computer, non dei rimpiazzi qualsiasi. Quindi, fai in modo che la Stella lontana resti in mano mia, Bliss. Tu puoi controllare le menti.»
«Certo, Trevize, ma non esercitiamo il controllo mentale alla leggera. Lo abbiamo fatto in occasione del vertice a tre, ma hai idea del tempo occorso per preparare quell’incontro, per calcolare tutto, soppesare? Sono occorsi anni e anni, veramente. Non posso avvicinarmi a una donna e, come se nulla fosse, modificare la sua mente in base alle esigenze di un’altra persona.»
«È una circostanza speciale.»
Bliss continuò imperterrita: «Se cominciassi a adottare questa linea d’intervento, quale sarebbe il limite? Avrei potuto influenzare la mente dell’agente alla stazione d’ingresso e saremmo passati subito. Avrei potuto influenzare la mente dell’agente sul taxi e ci avrebbe lasciati andare».
«Già, a proposito, perché non l’hai fatto?»
«Perché non sappiamo quali sarebbero le conseguenze. Non conosciamo gli effetti collaterali di questa pratica e pertanto c’è il rischio di peggiorare la situazione. Influenzando la mente del ministro, ipotecherei i suoi rapporti con altre persone e, dato che si tratta di un importante funzionario governativo, potrebbero esserci delle ripercussioni sulle relazioni interstellari. Bisognerebbe esaminare tutto approfonditamente, prima di azzardarci a toccare la sua mente.»
«Allora, perché sei con noi?»
«Perché un giorno la tua vita potrebbe essere in pericolo. Devo proteggerti a ogni costo, compresi il sacrificio di Pel o di me stessa. Alla stazione d’ingresso la tua vita non era in pericolo. Non lo è nemmeno adesso, quindi dovrai risolvere il problema da solo... finché Gaia non avrà ben valutato le conseguenze di un’eventuale azione.»
Trevize meditò qualche secondo, poi disse: «In tal caso, devo fare un tentativo. E non è detto che funzioni».
La porta si aprì, scorrendo rumorosamente come quando si era chiusa.
«Uscite» disse la guardia.
Mentre uscivano, Pelorat mormorò: «Cosa intendi fare, Golan?».
Trevize scosse il capo. «Non so di preciso. Dovrò improvvisare.»
XIX
Quando tornarono nel suo ufficio, il ministro Lizalor sedeva ancora alla scrivania. Vedendoli entrare, contrasse il volto in un sorriso sinistro.
«Spero, consigliere Trevize, che sia qui per dirmi che intende cedere l’astronave della Fondazione in mano sua.»
«Sono qui per discutere le condizioni, ministro» disse calmo Trevize.
«Non ci sono condizioni, consigliere. Se proprio insiste, si può istruire un processo molto rapidamente e chiuderlo ancora più in fretta. Le garantisco una condanna esemplare anche in caso di un dibattimento perfettamente equo, dato che portando su Comporellen una persona priva di cittadinanza ha commesso un reato lampante. Dopo di che, noi confischeremo l’astronave con un atto del tutto legittimo e voi tre dovrete scontare pene severe. Non fatevi punire a tutti i costi solo per rimandare di un giorno l’inevitabile.»
«Eppure, le assicuro che ci sono dei punti da chiarire. Anche condannandoci con la massima rapidità non potrete impadronirvi dell’astronave senza il mio consenso. Se tenterete di introdurvi a bordo con la forza, la distruggerete insieme allo spazioporto e a tutte le persone che contiene. In questo modo la Fondazione di sicuro si infurierà e non credo che vorrete sfidarla. Ricorrere alle minacce o ai maltrattamenti per costringermi ad aprire l’astronave è certamente un atto contrario alle vostre leggi: se le violerete in preda alla disperazione, se ci torturerete o sottoporrete a una carcerazione dura e particolarmente lunga, la Fondazione verrà a saperlo e si adirerà ancora di più. Nonostante tengano tanto alla mia astronave, non possono creare un precedente del genere e consentire di maltrattare impunemente i cittadini della Fondazione. Ora, possiamo discutere le condizioni?»
«Sono solo sciocchezze» replicò il ministro accigliandosi. «Se necessario, chiameremo in causa la Fondazione stessa: loro saranno in grado di aprire l’astronave o la costringeranno a farlo.»
«Non ha usato il mio titolo, ministro, ma è sconvolta, quindi forse è una mancanza perdonabile. Sa benissimo che non si rivolgerà mai alla Fondazione, dato che non ha alcuna intenzione di restituire l’astronave.»
Il volto del ministro si irrigidì. «Che assurdità sono queste, consigliere?»
«Sono assurdità che probabilmente gli altri non dovrebbero sentire, ministro. Lasci che il mio amico e la ragazza si ritirino in una comoda stanza d’albergo e riposino come meritano e faccia uscire anche le sue guardie. Resteranno fuori e lei potrà farsi lasciare un fulminatore. Non è una donna gracile e con un fulminatore non avrà nulla da temere da me. Io sono disarmato.»
Il ministro si sporse un poco in avanti sulla scrivania. «Non ho nulla da temere da lei in ogni caso.»
Senza voltarsi, rivolse un cenno a una delle guardie, che si avvicinò immediatamente e si fermò di fianco alla scrivania battendo i tacchi. Il ministro disse: «Guardia, porta quei due all’appartamento cinque. Rimarranno là, dovranno disporre di ogni comodità ed essere sorvegliati. Sarai ritenuto responsabile di qualsiasi maltrattamento ai loro danni e di qualsiasi violazione della sicurezza».
Si alzò e, nonostante si sforzasse di conservare una compostezza assoluta, Trevize non riuscì a evitare un lieve sussulto. Era alta almeno quanto lui, cioè un metro e ottantacinque, forse un paio di centimetri in più. Aveva una vita sottile e le due strisce bianche incrociate sul petto proseguivano intorno alla vita, facendola sembrare ancora più snella. Era aggraziata ma comunque imponente e Trevize rifletté tristemente che, affermando di non avere nulla da temere da lui, quella donna non aveva parlato a vanvera. In un corpo a corpo sarebbe stata capacissima di inchiodarlo con le spalle al tappeto.
«Venga con me, consigliere. Se proprio vuole dire delle assurdità, meno persone la sentiranno, meglio sarà per il suo bene.»
Fece strada con passo svelto e Trevize la seguì, sentendosi sminuito dalla sua sagoma massiccia: una sensazione che non aveva mai provato di fronte a una donna.
Salirono su un ascensore e, mentre la porta si chiudeva, lei disse: «Adesso siamo soli, consigliere, ma se crede di poter usare la forza per raggiungere chissà quale fine, per favore lo dimentichi». Poi, con il tono cantilenante della voce più pronunciato ed evidentemente divertita, aggiunse: «Ha l’aria di un tipo abbastanza robusto, ma le assicuro che non avrò alcuna difficoltà a spezzarle un braccio o la schiena, se sarà necessario. Sono armata ma non avrò bisogno di ricorrere alle armi».
Trevize si sfregò una guancia e i suoi occhi squadrarono dall’alto in basso il corpo della donna, poi in senso contrario. «Ministro, in un incontro di lotta posso tener testa a qualsiasi uomo del mio peso, ma ho già deciso di rinunciare a misurarmi con lei. Quando sono surclassato, me ne rendo conto.»
«Bene» ribatté lei soddisfatta.
«Dove stiamo andando?»
«Giù, molto in basso, ma non si preoccupi. In un iperdramma, questa discesa annuncerebbe il suo trasferimento in una prigione sotterranea, ma non abbiamo segrete su Comporellen. Solo prigioni decenti. Stiamo andando nel mio appartamento privato; non sarà romantico come una segreta dell’infame epoca imperiale antica, ma è molto più comodo.»
Trevize calcolò che dovevano essere ad almeno una cinquantina di metri dalla superficie del pianeta, quando la porta dell’ascensore si aprì e ne uscirono.
XX
Trevize si guardò intorno nell’appartamento, stupito.
Il ministro disse con espressione torva: «Non le piace il mio alloggio, consigliere?».
«Perché non dovrebbe piacermi, ministro? Sono solo sorpreso, non me l’aspettavo. Da quel poco che ho visto e sentito dal mio arrivo sul vostro mondo, mi ero fatto l’idea che fosse un pianeta sobrio, nemico dei lussi inutili.»
«Ed è così, consigliere. Le nostre risorse sono limitate e la vita deve essere dura come il clima della superficie.»
«Ma questo, ministro...» E Trevize allargò le mani quasi ad abbracciare la stanza dove, per la prima volta su quel mondo, vedeva colori, divani ben imbottiti, luce soffusa alle pareti, e dove il pavimento era rivestito da un campo di forza che rendeva i passi elastici e silenziosi. «Questo mi pare proprio lusso.»
«Come ha appena detto, consigliere evitiamo i lussi inutili, l’ostentazione, gli sprechi eccessivi. Questo è lusso privato e ha una sua utilità. Io lavoro duramente e ho grandi responsabilità. Ho bisogno di un posto dove poter dimenticare, per un po’, le difficoltà della mia carica.»
«Tutti i comporelliani vivono così quando gli occhi altrui sono rivolti altrove, ministro?»
«Dipende dal genere di lavoro e dalle responsabilità. Pochi possono permetterselo e lo meritano e, grazie al nostro codice etico, pochi lo desiderano.»
«Ma lei, ministro, può permetterselo, lo merita e lo desidera?»
«Il rango ha i suoi privilegi, oltre che i suoi doveri. E adesso si sieda, consigliere, e mi parli di questa sua follia.» Il ministro sedette sul divano, che cedette lentamente sotto il suo peso e indicò una poltrona altrettanto soffice di fronte a sé, a breve distanza.
Trevize si accomodò. «Follia, ministro?»
Lei si rilassò visibilmente, appoggiando il gomito destro su un cuscino. «In privato non siamo tenuti a osservare le regole del discorso formale con eccessivo puntiglio. Mi chiami Lizalor. Io la chiamerò Trevize. Mi dica che cosa ha in mente, Trevize, e discutiamone.»
Trevize accavallò le gambe. «Vede, Lizalor, mi ha offerto la possibilità di scegliere fra il consegnare spontaneamente l’astronave e l’essere sottoposto a un procedimento penale. In entrambi i casi, l’astronave finirebbe in mano vostra. Eppure ha fatto di tutto per convincermi ad accettare un accordo pacifico. Siete disposti a offrirmi un’altra astronave per rimpiazzare la mia, così che i miei amici e io possiamo andare dove desideriamo. Volendo, potremmo addirittura restare qui su Comporellen e ottenere la cittadinanza. Inoltre, lei mi ha concesso un quarto d’ora per consultarmi con i miei amici ed è arrivata a portarmi nel suo alloggio privato, mentre i miei amici avranno trovato una comoda sistemazione, suppongo. In parole povere, Lizalor, mi sta corrompendo con un trattamento speciale perché ceda l’astronave senza che si renda necessario un processo. E mi sembra piuttosto alle strette.»
«Via, Trevize, non vuole proprio darmi atto di possedere impulsi umani?»
«No.»
«O che una resa spontanea sarebbe più rapida e conveniente di un processo?»
«No! Io avrei un’altra ipotesi.»
«Cioè?»
«Un processo presenta un aspetto molto negativo: è un atto pubblico. Ha sottolineato parecchie volte come su questo mondo ci sia un sistema legale rigoroso; be’, io credo che sarebbe difficile allestire un processo senza una documentazione pubblica e completa. In questo caso, la Fondazione ne avrebbe notizia e voi dovreste consegnare l’astronave al termine del processo.»
«Certo» disse Lizalor inespressiva. «L’astronave appartiene alla Fondazione.»
«Ma un accordo privato con me non dovrebbe figurare su un documento ufficiale. Avreste l’astronave e, dato che la Fondazione sarebbe all’oscuro di tutto (non sanno nemmeno che siamo su questo mondo), Comporellen potrebbe tenerla. Sono sicuro che le vostre intenzioni siano queste.»
«Perché lo faremmo?» Lizalor era sempre impassibile. «Non facciamo parte della Federazione della Fondazione?»
«Non proprio. Voi siete una Potenza alleata. In ogni mappa galattica su cui i mondi membri della Fondazione compaiono in rosso, Comporellen e i suoi mondi satelliti formano invece una chiazza rosa pallido.»
«Comunque, come Potenza alleata collaboreremmo certamente con la Fondazione.»
«Davvero? E se Comporellen sognasse l’indipendenza totale, o magari addirittura un ruolo guida? Siete un mondo vecchio. Quasi tutti i mondi sostengono di essere più antichi di quel che sono, ma Comporellen lo è veramente.»
Un sorriso glaciale apparve sul volto di Lizalor. «Il più antico, volendo prestar fede a quel che dicono certi nostri elementi fanatici.»
«Forse un tempo Comporellen era davvero il mondo guida di un piccolo gruppo di pianeti. Forse sognate ancora di riconquistare quella posizione preminente perduta.»
«Credete che sogniamo una meta così impossibile? L’ho definita follia prima di conoscere i suoi pensieri e adesso che li conosco ripeto che è follia senza ombra di dubbio.»
«Per quanto un sogno possa essere impossibile, si può sognarlo comunque. Terminus, situato ai bordi della galassia e con alle spalle cinque secoli di storia – dunque una storia più breve di qualsiasi altro mondo –, governa in pratica la galassia. Perché Comporellen non potrebbe prendere il suo posto, eh?» Trevize sorrideva.
Lizalor rimase seria. «Terminus ha raggiunto quella posizione in seguito all’attuazione del Piano di Hari Seldon, è risaputo.»
«Questo è il sostegno psicologico della sua superiorità, che forse reggerà solo finché la gente ci crederà; può darsi che il governo di Comporellen non ci creda. A ogni modo, Terminus gode anche di saldi fondamenti tecnologici. L’egemonia che esercita dipende dalla sua tecnologia avanzata, di cui l’astronave gravitazionale che siete così ansiosi di requisire costituisce un esempio. Nessun altro mondo all’infuori di Terminus possiede astronavi gravitazionali. Se Comporellen potesse averne una e riuscisse a scoprirne il funzionamento, compirebbe un salto tecnologico gigantesco. Non credo che basterebbe a sopraffare Terminus, ma può darsi che il vostro governo sia di avviso contrario.»
«Non credo che lei parli sul serio. Un governo che trattenesse l’astronave malgrado la richiesta della Fondazione attirerebbe su di sé la sua collera e la storia ci insegna che quando la Fondazione si adira può essere molto pericolosa.»
«La collera si scatenerebbe solo se esistesse un motivo.»
«In tal caso, Trevize, e supponendo che la sua analisi della situazione non sia semplicemente folle... non sarebbe vantaggioso per lei consegnarci l’astronave e concludere un ottimo affare? Stando al suo ragionamento, la pagheremmo bene, pur di procurarci l’astronave senza scalpore.»
«E avreste la certezza che io non denuncerei il fatto alla Fondazione?»
«Sì, dal momento che dovrebbe denunciare anche il suo ruolo nella vicenda.»
«Potrei dire di essere stato costretto con la forza.»
«Già, ma il buon senso le dice che il suo sindaco non crederebbe a questa versione dei fatti. Su, concludiamo l’affare.»
Trevize scosse il capo. «No, Lizalor. L’astronave è mia e tale deve restare. Come le ho spiegato, se tenterete di introdurvi con la forza, provocherete un’esplosione tremenda. Le assicuro che è la verità, non si tratta di un bluff.»
«Lei potrebbe aprirla e riprogrammare il computer.»
«Certo, ma non lo farò.»
Lizalor sospirò. «Sa, potremmo indurla a cambiare idea. Non direttamente, ma con quello che potremmo fare al suo amico, il dottor Pelorat, o alla ragazza.»
«Tortura, ministro? È questa la vostra legge?»
«No, consigliere. Ma non è detto che si debba ricorrere a metodi così cruenti. C’è sempre la sonda psichica.»
Per la prima volta dal suo ingresso nell’appartamento del ministro, Trevize avvertì un brivido interiore.
«Non potete farlo. L’uso della sonda psichica per scopi che non siano medici è illegale in tutta la galassia.»
«Ma se fossimo spinti dalla disperazione...»
«Sono pronto a correre il rischio» replicò Trevize calmo «perché non otterreste nulla. La mia determinazione nel conservare l’astronave è così intensa che la sonda psichica distruggerebbe la mia mente prima di costringerla a cedere alla vostra richiesta.» Quello era un bluff, mentre il brivido interiore di Trevize si intensificò. «E anche se foste tanto abili da persuadermi senza distruggermi la mente, anche se dovessi aprire l’astronave, disattivarla e consegnarla a voi, non otterreste ugualmente nulla. Il computer di bordo è ancora più perfezionato dell’astronave e, non so come, è progettato in modo tale da sviluppare tutto il suo potenziale operativo solo con me. Credo lo si possa definire un computer su misura.»
«E se l’astronave restasse sua e continuasse a pilotarla lei? Non sarebbe disposto a pilotarla per noi, come stimato cittadino di Comporellen? Uno stipendio consistente. Lussi considerevoli anche per i suoi amici.»
«No.»
«Che propone? Che vi lasciamo partire tutti quanti, liberi di girare per la galassia? L’avverto che piuttosto di fare una cosa del genere, potremmo invece informare la Fondazione che lei è qui con la sua astronave e lasciare che siano loro a sbrigarsela.»
«E perdereste l’astronave?»
«Se proprio dobbiamo perderla, mille volte meglio consegnarla alla Fondazione che a un esterno impudente.»
«Allora mi permetta di suggerirle un compromesso.»
«Un compromesso? D’accordo, l’ascolto. Parli pure.»
Trevize parlò con cautela: «Sono in missione, una missione importante. È iniziata con l’appoggio della Fondazione. A quanto pare, la Fondazione adesso ha ritirato il suo appoggio, ma la missione resta sempre importante. Mi conceda l’appoggio di Comporellen e, se porterò a termine la missione con successo, il suo mondo ne trarrà vantaggio».
Lizalor assunse un’espressione dubbiosa. «E non restituirà l’astronave alla Fondazione?»
«Mai avuta questa intenzione. La Fondazione non cercherebbe l’astronave con tanto accanimento se pensasse che ho intenzione di ridargliela, prima o poi.»
«Questo non equivale a dire che darà l’astronave a noi.»
«Una volta completata la missione, può darsi che l’astronave non mi occorra più. In tal caso non avrei nulla in contrario a consegnarla a Comporellen.»
«Ha usato il condizionale, può darsi che non le occorra più. Questo vale ben poco, per noi.»
«Potrei promettervi chissà che, ma quale valore avrebbero delle promesse altisonanti? Le mie sono caute e limitate, il che dovrebbe dimostrarvi che sono almeno sincere.»
«Ben detto» annuì Lizalor. «Mi piace. Dunque, qual è la sua missione e quali vantaggi ne ricaverebbe Comporellen?»
«No, no, sta a lei rispondere. Avrò il vostro appoggio se vi dimostro che la missione è importante anche per Comporellen?»
Il ministro Lizalor si alzò dal divano ergendosi in tutta la sua figura imponente. «Ho fame, consigliere Trevize, e non discuterò oltre a stomaco vuoto. Le offrirò qualcosa da mangiare e da bere, con moderazione. Dopo di che finiremo di parlare.»
In quel momento a Trevize sembrò che la donna avesse davvero un che di famelico, per cui strinse le labbra con un lieve senso di disagio.
XXI
Forse il pasto era nutriente, ma non di sicuro una delizia per il palato. Il piatto principale consisteva in manzo bollito immerso in una salsa che sapeva di senape, accompagnato da un contorno di verdura a foglia che Trevize non riconobbe né apprezzò, di sapore amarognolo e salato piuttosto sgradevole. Scoprì in seguito che si trattava di un tipo d’alga marina.
Fu quindi la volta di un frutto che sapeva di mela e aveva un lieve retrogusto di pesca (tutt’altro che malvagio) e di una bevanda calda e scura decisamente troppo amara per Trevize, che non la terminò e che chiese invece un bicchiere d’acqua. Le porzioni erano piccole, ma, date le circostanze, Trevize fu contento così.
Avevano mangiato in privato, senza servitori presenti. Lizalor aveva scaldato e servito di persona le pietanze e fu lei a sparecchiare.
«Spero che il pasto le sia piaciuto» disse Lizalor mentre stavano lasciando la sala da pranzo.
«Molto piacevole» disse Trevize con scarso entusiasmo.
Il ministro tornò a sedere sul divano. «Riprendiamo la discussione di prima. Ha accennato al fatto che Comporellen potrebbe essere contrariato dal predominio tecnologico di Terminus e dal suo potere politico. In un certo senso è vero, ma questo aspetto della questione interessa soltanto a chi si occupa di politica interstellare e il loro numero è poco consistente. Se mai bisogna dire che il comporelliano medio inorridisce di fronte all’immoralità della Fondazione. L’immoralità è diffusa su gran parte dei mondi, ma su Terminus è particolarmente spiccata. Direi che qualsiasi tendenza anti-Terminus esistente sul nostro mondo sia legata a questo fatto, non a motivazioni più astratte e generali.»
«Immoralità?» fece Trevize perplesso. «Malgrado le pecche della Fondazione, deve ammettere che governa la sua parte della galassia con discreta efficienza e onestà fiscale. I diritti civili, complessivamente, sono rispettati e...»
«Consigliere Trevize, io parlo di moralità sessuale.»
«In tal caso, proprio non capisco. La nostra è una società totalmente morale, sessualmente parlando. Le donne sono rappresentate in ogni sfaccettatura della vita sociale. Il nostro sindaco è una donna e circa la metà del Consiglio è...»
Lizalor assunse per un attimo un’espressione esasperata. «Consigliere, vuole prendermi in giro? Sa senz’altro cosa significhi l’espressione “moralità sessuale”. Su Terminus il matrimonio è o non è un sacramento?»
«In che senso, sacramento?»
«Esiste una cerimonia matrimoniale ufficiale che unisce due persone?»
«Naturalmente, per chi lo desidera. Questa cerimonia semplifica i problemi fiscali e di successione.»
«Ma c’è la possibilità di divorziare.»
«Certo. Sarebbe sessualmente immorale obbligare due persone a stare insieme quando...»
«Non ci sono restrizioni religiose?»
«Religiose? Be’, alcune persone sono legate a culti antichi, ne fanno una filosofia di vita, ma questo che c’entra con il matrimonio?»
«Consigliere, qui su Comporellen ogni aspetto del sesso è controllato rigidamente. Non può avvenire al di fuori del matrimonio. La sua espressione è limitata anche nell’ambito matrimoniale. Rimaniamo esterrefatti e rattristati di fronte ai mondi, Terminus in particolare, dove pare che il sesso sia considerato solo un piacere sociale di scarsa importanza da praticare quando, come e con chi si desidera, in spregio ai valori della religione.»
Trevize fece spallucce. «Mi spiace, ma non posso riformare la galassia e nemmeno Terminus. Questo che c’entra con la mia astronave?»
«Le ho spiegato quale sia la visione dell’opinione pubblica e in che modo questo limiti la mia facoltà di arrivare a un compromesso. La gente di Comporellen inorridirebbe se scoprisse che ha preso a bordo una ragazza attraente per soddisfare le sue esigenze libidinose e quelle del suo compagno. È per la sua incolumità che l’ho sollecitata ad accettare un accordo pacifico invece di un processo pubblico.»
«Vedo che ha approfittato del pasto per escogitare un nuovo sistema di persuasione violenta. Allora, devo temere un linciaggio da parte della folla?»
«Le sto solo indicando i pericoli. La donna che aveva a bordo non è altro che un oggetto sessuale, non può negarlo!»
«Certo che posso negarlo. Bliss è la compagna del mio amico, il dottor Pelorat, che non ha alcun rivale. Forse la loro unione non è definibile con la parola “matrimonio”, ma credo che nel loro intimo Pelorat e la ragazza sentano fra loro un vincolo matrimoniale.»
«Mi sta dicendo che lei non è coinvolto?»
«Ovviamente» sbottò Trevize. «Per chi mi prende?»
«Non sono in grado di dirlo. Non conosco la sua concezione della moralità.»
«Allora lasci che le spieghi. La mia concezione dice che non devo scherzare con quanto appartiene al mio amico, o meglio con la sua compagna.»
«Non è nemmeno tentato?»
«Le tentazioni sono inevitabili, ma è impossibile che io ceda.»
«Proprio impossibile? Per caso, le donne non le interessano?»
«Sbaglia. Mi interessano.»
«Da quanto tempo non ha rapporti sessuali?»
«Da mesi. Da quando ho lasciato Terminus.»
«Questa situazione non le piacerà.»
«Non mi piace ma non ho scelta.»
«E vedendo che lei soffre, il suo amico Pelorat non dividerebbe la donna con lei?»
«Non esterno la mia sofferenza, ma, anche se lo facessi, Pelorat non sarebbe disposto a dividere Bliss. E penso che anche lei non acconsentirebbe, non è attratta.»
«Lo dice perché ha tastato il terreno in quel senso?»
«Non ho tastato il terreno, non ce n’è bisogno. E in ogni caso, Bliss non mi piace in particolar modo.»
«Sorprendente! Eppure è il tipo di donna che gli uomini considerano attraente.»
«Fisicamente è attraente, sì. Ma non mi attira. Innanzitutto è troppo giovane, troppo infantile sotto certi aspetti.»
«Preferisce le donne mature, allora?»
Trevize esitò. Trappola in vista? «Sono abbastanza avanti con gli anni da apprezzare la maturità in certe donne» rispose cauto. «Ma questo che c’entra con la mia astronave?»
«Dimentichi la sua astronave per un attimo. Ho quarantasei anni e non sono sposata. Sono stata sempre troppo impegnata per sposarmi.»
«In tal caso, in base alle regole della vostra società, avrà alle spalle una vita di continenza. È per questo che mi ha chiesto da quanto tempo non ho rapporti sessuali? Vuole un consiglio in materia? Se cerca un parere posso dirle che, a differenza del cibo e dell’acqua, si può farne a meno. Non è piacevole fare a meno del sesso ma non è impossibile.»
Lizalor sorrise e nei suoi occhi apparve di nuovo un’espressione famelica. «Non mi fraintenda, Trevize. Il rango ha i suoi privilegi ed è possibile essere discreti. Non ho vissuto in completa astinenza. Tuttavia, gli uomini di Comporellen non sono soddisfacenti. Accetto il fatto che la moralità sia un bene assoluto, ma tende a far gravare sui comporelliani un senso di colpa e a renderli poco avventurosi, poco intraprendenti, lenti a iniziare e svelti nel concludere. In generale, inesperti.»
Trevize disse con la massima cautela: «Anche in questo caso, io non posso proprio fare nulla».
«Sta insinuando che la colpa è forse mia? Che sono poco invitante?»
Trevize alzò una mano. «Non ho detto nulla del genere.»
«In tal caso, come reagirebbe, lei, se avesse l’occasione giusta? Lei, un uomo di un mondo immorale, che deve aver avuto numerose esperienze sessuali di ogni genere, che da mesi è costretto all’astinenza pur trovandosi a stretto contatto con una ragazza affascinante. Come reagirebbe in presenza di una donna come me, una di quelle donne mature che dice di prediligere?»
«Mi comporterei con il rispetto e il decoro richiesti dalla sua carica e dalla sua importanza.»
«Non sia sciocco!» esclamò Lizalor. La sua mano si abbassò verso il fianco destro. La striscia bianca che le cingeva la vita si allentò e si sciolse del tutto, dal collo al petto. Il corpetto dell’abito nero cessò di aderire alla pelle.
Trevize rimase pietrificato. Il ministro ci aveva pensato fin dall’inizio? O era un espediente per ottenere quello che non era riuscita a ottenere con le minacce?
Il corsetto scivolò in basso, col rinforzo che fasciava il seno. Lizalor restò nuda dalla cintola in su, con un’espressione di sdegno e d’orgoglio in viso. I seni erano in perfetta armonia col resto della figura: imponenti, sodi, grandiosi.
«Be’?» disse Lizalor.
Trevize rispose con estrema franchezza: «Magnifico!».
«E cosa farà?»
«Cosa dice la morale di Comporellen, Lizalor?»
«Che importanza ha per un uomo di Terminus? Cosa dice la sua moralità? E si sbrighi, il mio petto è freddo e ha bisogno di calore.»
Trevize si alzò e cominciò a spogliarsi.