7

Signora

Arcadia riusciva a stento a contenere la sua felicità. Com’era cambiata la sua vita dal giorno in cui Pelleas Anthor era apparso alla finestra, e tutto perché aveva avuto il coraggio di fare ciò che bisognava.

Ora si trovava su Kalgan. Era stata al teatro centrale, il più grande della galassia, e aveva visto di persona alcune dive della canzone famose persino sul suo lontano pianeta. Era andata a far compere nel Sentiero fiorito, la strada più elegante del più allegro pianeta dello spazio. Aveva scelto da sola i suoi vestiti perché Homir non se ne intendeva. La commessa del negozio aveva approvato la scelta dell’abito translucido con quelle strisce verticali che la facevano sembrare più alta. Con i soldi della Fondazione riusciva a comprare parecchie cose. Homir le aveva dato dieci crediti e, quando li aveva cambiati in moneta kalganiana, si era ritrovata con un bel mucchio di banconote.

Era andata persino dal parrucchiere a farsi accorciare i capelli. Con uno speciale trattamento erano diventati più biondi che mai. Si vedeva bellissima.

Questo era l’avvenimento più importante della sua vita. A dire il vero il palazzo di Stettin non era così grandioso e ricco come i teatri del pianeta, né misterioso e storico come il vecchio palazzo del Mulo, del quale purtroppo erano riusciti a vedere solamente la torre; ma ciò che più la impressionava era entrare nel palazzo di un vero signore. Era tutta agitata.

Non solo, avrebbe avuto un’udienza privata con la sua amante. Questa parola eccitava la sua fantasia, perché conosceva il ruolo che alcune donne avevano avuto nella storia, ne conosceva il fascino e la potenza. Molto spesso si era immaginata nei panni di queste creature, ma sulla Fondazione le amanti non erano di moda, a parte il fatto che suo padre non le avrebbe permesso di sicuro una cosa del genere.

Com’era naturale lady Callia non corrispondeva affatto al tipo di donna che s’era immaginata. Era piuttosto grassottella e all’apparenza non aveva nulla di particolarmente diabolico o pericoloso. Era una donna piuttosto slavata e miope, aveva un tono di voce troppo alto e...

«Bambina, vorresti un’altra tazza di tè?» domandò Callia.

«Volentieri, vostra grazia.» (O avrebbe dovuto chiamarla vostra altezza?)

«Mia signora,» proseguì Arcadia con aria da intenditrice «le sue perle sono meravigliose.»

«Credi? Ti piacciono davvero?» Sembrava molto compiaciuta. Se le tolse e le fece dondolare fra le mani. «Ti piacerebbe indossarle? Se vuoi, te le regalo.»

«Non... dice sul serio...» Se le ritrovò fra le mani, poi le restituì con aria triste. «A mio padre non farebbe piacere.»

«Non gli piacciono le perle? Ma sono belle, mi pare.»

«Certo, ma a mio padre non piacerebbe che le accettassi. Dice sempre che non bisogna accettare regali troppo costosi.»

«Eppure, questo è un regalo che mi ha fatto tes... il primo cittadino. Secondo te ho fatto male ad accettarlo?»

Arcadia arrossì. «Non volevo...»

Ma Callia ormai s’era stancata dell’argomento. Lasciò cadere le perle sul tappeto. «Mi avevi promesso che mi avresti parlato della Fondazione. Per favore, raccontami qualcosa.»

E Arcadia si sentì improvvisamente smarrita. Che cosa poteva raccontarle di un mondo noioso fino alle lacrime? L’immagine che lei aveva della Fondazione era quella di una tranquilla cittadina, di una casa comoda dove nulla di eccitante sarebbe mai accaduto, della scuola dove era costretta a imparare nozioni insopportabili. «È pressappoco come viene descritta nei videolibri, credo» rispose con voce incerta.

«Tu leggi molti libri? Quando ci provo mi viene un mal di testa terribile. Però mi sono sempre piaciute le storie che si vedono alla televisione sui vostri mercanti: uomini così rudi e selvaggi. Mi ci diverto un mondo. Il tuo amico, il dottor Munn, è un mercante pure lui? Non mi sembra abbastanza selvaggio. La maggior parte dei mercanti portano la barba, hanno vocioni tonanti e dominano le donne... non credi?»

Arcadia sorrise. «I mercanti fanno parte della storia, mia signora. Intendo dire che un tempo, quando la Fondazione era appena sorta, i mercanti erano pionieri che portavano la civiltà nei pianeti più barbari della galassia. Noi studiamo queste cose a scuola. Ma ormai sono passati tanti anni. Ora i mercanti non esistono più, abbiamo cooperative o cose del genere.»

«Davvero? Che peccato. E allora che cosa fa il signor Munn, visto che non è un mercante?»

«Lo zio Homir è un bibliotecario.»

Callia mise l’indice sul labbro inferiore spalancando gli occhi. «Intendi dire che si occupa di libri? Ma guarda, sembra un’attività così sciocca per un uomo maturo.»

«Lui è un ottimo bibliotecario, mia signora. E la sua professione è molto stimata sulla Fondazione.»

Posò la tazza sul tavolino.

La donna sembrava preoccupata. «Cara bambina, non volevo offenderti. Sono sicura che è un uomo molto intelligente, l’ho visto subito dallo sguardo. Era così... acuto. E deve essere coraggioso, visto che vuole andare a visitare il palazzo del Mulo.»

«Coraggioso?» Arcadia si fece attenta, era l’occasione che aspettava. Con indifferenza, guardandosi la punta delle unghie, chiese: «Perché bisogna essere coraggiosi per visitare il palazzo del Mulo?».

«Non lo sai?» Callia aveva spalancato gli occhi e la sua voce s’era fatta bassa. «Il palazzo è maledetto. Quando il Mulo morì, diede disposizione che non vi entrasse nessuno fino a quando non fosse stato creato il Secondo impero. Nessun kalganiano oserebbe andare nemmeno nei giardini.»

Arcadia pendeva dalle sue labbra. «Ma si tratta di una superstizione.»

«Non dire cose del genere» la interruppe Callia. «Anche tesorino è convinto che si tratti di superstizioni e che servono a mantenere il controllo sul popolo. Ma neanche lui c’è mai stato. E nemmeno Thallos, che ha preceduto tesorino nella carica di primo cittadino.» Poi sembrò cambiare idea improvvisamente e domandò: «Ma perché il signor Munn vuole andare a vedere il palazzo del Mulo?».

A questo punto Arcadia mise in atto il suo piano d’azione. Sapeva, dai libri che aveva letto, che le amanti dei tiranni sono la vera potenza dietro il trono. Di conseguenza, se lo zio Homir non fosse riuscito a convincere Stettin, ed era sicura che non l’avrebbe spuntata, lei avrebbe dovuto rimediare con lady Callia. Per la verità lady Callia la sorprendeva un poco. Non sembrava affatto una donna intelligente, ma dopotutto la storia prova che...

«Una ragione c’è, mia signora. Manterrà un segreto?»

«Lo giuro» affermò Callia incrociando le mani sul petto.

«Lo zio Homir è un grande collezionista di documenti sul Mulo. Ha scritto un gran numero di libri su di lui e pensa che la storia della galassia sia cambiata dopo la conquista della Fondazione.»

«Davvero?»

«Sì, pensa che il Piano Seldon...»

Callia batté le mani contenta. «Sì, sì, conosco il Piano Seldon. Nei film sui mercanti ne parlano sempre, serve a far vincere la Fondazione. C’è qualcosa di scientifico che non sono mai riuscita a capire bene, mi annoio quando devo ascoltare certe spiegazioni. Ma continua pure, mia cara: tu parli in maniera diversa, capisco benissimo quando sei tu a spiegarmi le cose.»

«Non si è accorta che da quando il Mulo ha sconfitto la Fondazione, il Piano Seldon non ha più funzionato? E allora, chi formerà il Secondo impero?»

«Il Secondo impero?»

«Sì, bisogna che qualcuno ci riesca un giorno, no? È questo il problema. Poi c’è la Seconda Fondazione.»

«La Seconda Fondazione?» Callia non riusciva più a seguirla.

«Sì, sono loro a pianificare la storia seguendo le orme di Seldon. Hanno fermato il Mulo perché era venuto prima del tempo, ma ora, forse, proteggono Kalgan.»

«E perché?»

«Forse perché Kalgan offre maggiori garanzie per diventare il nucleo del Secondo impero.»

Callia sembrò afferrare vagamente il concetto. «Intendi dire che tesorino potrebbe diventare imperatore?»

«Non ne siamo sicuri ma lo zio Homir crede sia probabile. Per questa ragione deve vedere i documenti che ha lasciato il Mulo.»

«È tutto troppo complicato» disse Callia dubbiosa.

Arcadia pensò che fosse inutile dare ulteriori spiegazioni. In fin dei conti aveva fatto tutto il possibile.

Stettin era di umore nero. L’incontro con quella specie di mollusco della Fondazione era stato assolutamente infruttuoso. Peggio ancora, era stato imbarazzante. Era assurdo che lui, governatore assoluto di ventisette pianeti, padrone della più grande flotta della galassia, fosse costretto a concedere udienza a uno specialista di antichità.

Dannazione!

Avrebbe dovuto violare le tradizioni di Kalgan, permettere che il palazzo del Mulo venisse perquisito, perché quel brav’uomo potesse scrivere un altro dei suoi libri sul Mulo? La causa della scienza! Il sapere umano! Per la galassia infinita! Come aveva osato dire tante fesserie in sua presenza? A parte il fatto che esisteva una maledizione. Lui non ci credeva, perché nessun uomo intelligente avrebbe potuto farlo, ma se avesse dovuto rompere la tradizione, ci volevano argomenti ben più seri che non le buffonate di quell’ingenuo.

«Che cosa vuoi adesso?» urlò in direzione di Callia che si era affacciata nella stanza.

«Sei occupato?»

«Sì. Sono occupato.»

«Ma se non c’è nessuno, tesorino. Posso parlare con te solo un minuto?»

«Per la galassia, che cosa vuoi? Sbrigati.»

«La bambina mi ha detto» balbettò lei «che sarebbero andati a visitare il palazzo del Mulo. Ho pensato che potevamo andarci anche noi. Dev’essere bellissimo, dentro.»

«Così ti ha detto? E allora sappi che non ci andiamo noi e nemmeno lei. Ora togliti dai piedi, ne ho abbastanza di te.»

«Ma tesorino, perché hai detto di no? Non li vuoi lasciare entrare? La ragazzina diceva che avresti creato l’impero.»

«Non mi importa quello che ha detto... Che cosa?» Balzò immediatamente dalla sedia e l’afferrò per un braccio, stringendola forte. «Che cosa ti ha detto?»

«Mi fai male. Non riesco a ricordare se mi guardi a quel modo.»

L’uomo lasciò la presa e lei rimase un momento in silenzio, strofinandosi il braccio. «La bambina mi ha fatto promettere che non l’avrei rivelato a nessuno» piagnucolò.

«Che importa. Dimmelo! Ora!»

«Be’, ha detto che il Piano Seldon è cambiato e che da qualche parte c’è una Seconda Fondazione che lavora affinché tu possa creare il Secondo impero. È tutto, ma sostiene che il signor Munn è uno scienziato importante e che il palazzo del Mulo contiene le prove. Ti assicuro, è quello che mi ha raccontato. Sei arrabbiato?»

Stettin non rispose. Uscì velocemente dalla stanza mentre Callia lo guardava con occhi tristi. Due ordini con il sigillo del primo cittadino vennero spediti in meno di un’ora. Il primo fece sì che cinquecento astronavi si levassero nello spazio in formazione di guerra, in stato di preallarme. Il secondo non ebbe altro effetto se non quello di confondere le idee a un solo uomo.

Homir Munn cessò i preparativi per la partenza non appena ricevette l’ordine. Naturalmente si trattava del permesso ufficiale di visitare il palazzo del Mulo. Lo lesse e lo rilesse, confuso e preoccupato.

Arcadia invece era felice. Sapeva cos’era successo.

O, per lo meno, credeva di saperlo.

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