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Sura Novi appariva tesa. Aveva gli occhi sgranati e il labbro inferiore le tremava leggermente. Si tormentava le mani e ansimava un poco. I capelli erano tirati indietro e raccolti a crocchia; il viso abbronzato era scosso a tratti da un lieve tic. Stropicciando con le mani le pieghe della lunga sottana, si guardò rapidamente intorno. Osservò i vari oratori e i suoi occhi si riempirono di soggezione.
Loro ricambiarono con sguardi che esprimevano, in grado diverso secondo la persona, sia disprezzo, sia disagio. La Delarmi fissò un punto indefinito sopra la testa della hamiana, ostentando di ignorare la sua presenza.
Gendibal sfiorò con cautela la superficie della sua mente primitiva calmandola e tranquillizzandola. Avrebbe ottenuto lo stesso effetto stringendo piano la mano della donna o accarezzandole la guancia, ma in quelle circostanze era naturalmente una cosa impossibile.
«Primo oratore,» disse Gendibal «sto attenuando la consapevolezza di questa donna in modo che la sua testimonianza non sia alterata dalla paura. Invito lei e tutti gli altri oratori a osservare ciò che faccio e a constatare che non mi accingo in alcun modo a influenzare la sua mente.»
Novi trasalì terrorizzata quando udì la voce di Gendibal; lui non se ne stupì affatto, ma capì che non aveva mai sentito parlare fra loro membri della Seconda Fondazione di alto rango. Non conosceva la combinazione rapida e singolare di suoni, intonazioni, espressioni e pensieri. Il terrore però scomparve subito non appena Gendibal calmò la mente della hamiana, che di colpo assunse un’espressione serena.
«C’è una sedia dietro di lei, Novi» le disse Gendibal. «Si accomodi, prego.»
Novi fece una buffa riverenza e si sedette, rigida. Parlò con molta chiarezza, però Gendibal le fece ripetere le frasi ogni volta che il suo accento diventava troppo pesantemente hamiano. E poiché era costretto a mantenere un linguaggio per riguardo alla Tavola, ogni tanto dovette ripeterle le domande.
Con calma e con dovizia di particolari Novi raccontò dello scontro fra Gendibal e Rufirant.
«Tutte queste cose le ha viste di persona, Novi?» chiese Gendibal alla fine.
«No, mastro, altrimenti l’avrei fermato prima, Rufirant. Sta buono, ma non troppo sveglio nella testa.»
«Però le ha descritte. Com’è possibile ciò, se non le ha viste tutte di persona?»
«Me ne ha parlato Rufirant, quando interrogato. Sta vergognoso.»
«Vergognoso? Ha mai notato che si sia comportato in modo analogo, in passato?»
«Rufirant? No, mastro. Anche se grande e grosso, non sta cattivo. Non sta combattente e ha paura dei tediosi. Dice spesso che stanno forti e pieni di poteri.»
«Come mai non la pensava così quando mi ha affrontato?»
«Sta strano. Da non capirsi.» Scosse il capo. «Non stava in sé. Io ci ho detto: “Testone, cosa ti salta in mente di assalire un tedioso?”. E lui dice: “Non so perché l’ho fatto. Stavo come da una parte a guardare un non-me che assaliva il tedioso”.»
«Primo oratore,» disse l’oratore Cheng interrompendo Novi «che senso ha che questa donna ripeta ciò che le ha detto un uomo? Non si può interrogare direttamente quest’uomo?»
«Certo» disse Gendibal. «Se quando questa donna avrà finito la sua testimonianza la Tavola vorrà ulteriori prove, chiamerò a deporre Karoll Rufirant, colui che mi ha aggredito. Se invece la Tavola non richiederà di sentirlo, potrà emettere il suo verdetto appena avrò terminato di interrogare la testimone.»
«Benissimo» disse Shandess. «Proceda pure.»
«E che dice di se stessa, Novi?» le chiese Gendibal. «È normale per lei intervenire a separare due uomini che stanno per venire alle mani?»
Novi rimase in silenzio per un attimo. Corrugò la fronte, poi tornò serena e rispose: «Non lo so. Non desidero che i tediosi provano danni. Qualcosa mi ha spinto a intervenire e d’istinto l’ho fatto». Fece una breve pausa, poi aggiunse: «Lo starei a fare ancora, se c’è bisogno».
«Ora cerchi di dormire, Novi» le disse Gendibal. «Non pensi a niente. Si riposerà e non farà sogni.»
Novi borbottò qualcosa, poi i suoi occhi si chiusero e la testa le ricadde all’indietro, contro lo schienale della sedia.
Gendibal attese un istante, poi disse: «Primo oratore, la invito con tutto il rispetto a seguirmi nella mente di questa donna. La troverà straordinariamente semplice e simmetrica, il che è una fortuna, perché se fosse stato altrimenti le sarebbe forse riuscito impossibile scorgere quello che scorge ora. Ecco, vede qui? Ha notato? Pregherei anche tutti gli altri oratori di entrare... Sarà più facile se lo farete uno alla volta.» Tra i membri della Tavola serpeggiò un brusio concitato.
«C’è qualcuno che ha ancora dei dubbi?» chiese Gendibal.
La Delarmi disse: «Io ne ho, perché...». S’interruppe di colpo, avendo individuato anche lei qualcosa di indefinibile.
Gendibal proseguì il discorso al posto suo. «Perché ritiene che abbia interferito in questa mente apposta per fornirvi prove false? Pensa dunque che sia capace di un intervento così complesso e difficile? Una fibra mentale chiaramente fuori posto e niente intorno a essa che sia stato minimamente modificato... Se sapessi fare una cosa del genere che bisogno avrei di esprimermi con voi al vostro stesso livello? Perché mai accetterei l’insulto rappresentato da questo processo? Perché mai mi affannerei a cercare di convincervi? Se fossi capace di intervenire come risulta visibile dall’analisi di questa mente, sareste tutti indifesi davanti a me, a meno di non esservi preparati con cura ad affrontarmi. La verità nuda e cruda è che né voi né io siamo in grado di manipolare una mente nel modo in cui è stata manipolata quella di questa donna. Eppure qualcuno l’ha fatto.»
Gendibal fece una pausa, guardando uno alla volta tutti gli oratori e fissando poi gli occhi sulla Delarmi. «Ora,» disse parlando lentamente «se desiderate altre prove chiamerò a deporre l’agricoltore hamiano Karoll Rufirant, che ho esaminato e nel quale pure ho riscontrato tracce di un intervento esterno.»
«Non è necessario» disse Shandess, che appariva sgomento. «Quello che abbiamo visto è già abbastanza sconvolgente.»
«In tal caso» disse Gendibal «posso svegliare questa hamiana e lasciarla andare? Le persone che si occuperanno di farla riprendere senza traumi aspettano fuori...»
Quando Novi se ne fu andata, sorretta da Gendibal che la teneva per un braccio, il giovane oratore disse: «Permettetemi di riassumere rapidamente la situazione. Abbiamo appena visto che la mente può essere alterata in modi che nemmeno ci sogniamo; visto che qualcuno è in grado di farlo, gli stessi sovrintendenti della biblioteca potrebbero essere stati indotti da un intervento esterno di questo tipo a sottrarre il materiale riguardante la Terra. Quindi il fatto si sarebbe per forza verificato a nostra insaputa, e a insaputa degli stessi sovrintendenti. Abbiamo visto che si è fatto in modo che arrivassi in ritardo alla riunione della Tavola. Sono stato minacciato. Sono stato salvato. Come conseguenza, sono stato incriminato. A causa di questa concatenazione di eventi che sembrano naturali ma non lo sono, potrei essere destituito dalla mia carica, e la linea d’azione per cui mi batto e che minaccia gli ignoti controllori potrebbe così non essere mai adottata».
La Delarmi si protese in avanti. Era chiaramente scossa. «Se la misteriosa organizzazione segreta è così abile, come mai lei è riuscito a scoprire queste cose?»
Gendibal adesso si sentì libero di sorridere. «Il merito non è mio. Non pretendo certo di avere facoltà superiori a quelle degli altri oratori, meno che mai superiori a quelle del primo oratore. Però nemmeno questi anti-Mulo, come li ha definiti efficacemente il primo oratore, sono del tutto infallibili, o così forti da non essere condizionati neanche un po’ dalle circostanze e dal caso. Forse hanno scelto come loro strumento proprio quella particolare hamiana perché hanno visto che aveva bisogno di un intervento di poco conto, essendo già per carattere portata a simpatizzare con quelli che definisce studiosi.
«Tuttavia, quando l’episodio dell’aggressione si è concluso, la hamiana, essendo entrata per un attimo in contatto con me, si è messa a fantasticare di poter divenire una studiosa lei stessa. È venuta da me il giorno dopo con quell’idea in testa. Incuriosito da questo suo strano desiderio ho studiato la sua mente, cosa che in altre circostanze non avrei mai fatto, e più per caso che per altro, ho notato la lieve correzione operata dall’esterno, afferrandone subito il significato. Se gli anti-Mulo avessero scelto una donna meno incline ad apprezzare gli studiosi avrebbero forse dovuto faticare di più per compiere il loro intervento, ma avrebbero evitato le conseguenze che ci sono state nel caso di Sura Novi e io non avrei mai saputo di tutta questa operazione. Gli anti-Mulo hanno fatto male i loro calcoli, o non hanno tenuto sufficientemente conto dell’imprevisto. Il fatto che possano commettere errori come questo è consolante.»
«Il primo oratore e lei» disse la Delarmi «definite anti-Mulo gli ignoti controllori perché, immagino, vi sembra che si adoperino a mantenere la galassia sul sentiero stabilito dal Piano Seldon, mentre il Mulo si proponeva di distruggerlo. Se dunque gli anti-Mulo fanno questo, perché li considerate pericolosi?»
«Perché hanno indubbiamente uno scopo, anche se non sappiamo quale. Un cinico potrebbe pensare che intendano intervenire in futuro per deviare il corso della storia in una direzione che piaccia a loro molto più che a noi. Ritengo in effetti che questa sia l’ipotesi più probabile, per quanto non sia particolarmente cinico. Ma forse l’oratore Delarmi, data l’indole bonaria e fiduciosa che la caratterizza, ritiene che ci troviamo davanti ad altruisti cosmici, che si sobbarcano un lavoro che toccherebbe a noi senza sognarsi la benché minima ricompensa...»
A questa frase la sala si riempì di risate sommesse e Gendibal capì di avere vinto. E la Delarmi capì di avere perso; un flusso di rabbia superò infatti la barriera del rigido controllo mentalico come il raggio di un sole rossastro che fosse penetrato per un attimo attraverso un baldacchino di foglie.
«Dopo essere stato attaccato dal contadino hamiano,» disse Gendibal «ho pensato che di quell’episodio fosse responsabile un oratore. Quando ho notato che la mente di Sura Novi era stata modificata da un intervento esterno, ho capito di aver avuto ragione a immaginare l’esistenza di una trama segreta, ma ho capito anche che chi tramava non era affatto un oratore. Mi scuso per questa interpretazione errata e chiedo che le circostanze particolari siano considerate un’attenuante.»
«Immagino che queste si possano considerare delle scuse ufficiali...» cominciò Shandess, ma fu interrotto da Delora Delarmi, che adesso era di nuovo calmissima e trasudava benevolenza.
«Con tutto il rispetto, primo oratore,» disse con voce mielata «vorrei, se mi è concesso, proporre di lasciar perdere la faccenda dell’incriminazione. In questo momento non voterei mai per una condanna e lo stesso immagino valga anche per tutti gli altri. Anzi, suggerirei che dal curriculum senza macchia dell’oratore Gendibal venga cancellata la nota riguardante l’incriminazione. L’oratore si è discolpato abilmente. Mi congratulo con lui per questo e per il fatto di aver messo in luce una situazione di pericolo che, se fosse rimasta ignorata per lungo tempo, avrebbe provocato probabilmente conseguenze gravissime. Mi scuso quindi di cuore per l’ostilità che gli ho dimostrato in precedenza.»
Guardò Gendibal con espressione raggiante e il giovane, suo malgrado, ammirò il modo in cui aveva immediatamente cambiato politica per ridurre gli svantaggi della sconfitta. Gendibal capì anche che quell’atteggiamento preludeva a un altro attacco. Un attacco che sarebbe stato sferrato da una nuova direzione e che non sarebbe stato sicuramente piacevole.