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Jaim Twer era agitato, non riusciva a stare fermo. «Perché fa quella smorfia?» chiese.
Hober Mallow fu distolto dai suoi pensieri. «È del tutto involontaria.»
«Deve essere accaduto qualcosa ieri. Non parlo della festa soltanto.» Poi, guardandolo serio in faccia, gli domandò: «Mallow, siamo nei guai, vero?».
«Guai? No, al contrario. Mi sembra di aver dato una spallata a una porta per poi scoprire che era solo accostata. Ci lasciano visitare l’acciaieria con troppa facilità.»
«Teme che sia una trappola?»
«Per Seldon, adesso non cominci con le sue previsioni pessimistiche!» Mallow si calmò e proseguì con tono normale: «Il fatto è che se ci fanno entrare con così grande facilità, vuol dire che non c’è nulla da nascondere».
«Pensa all’energia atomica, vero?» chiese Twer pensieroso. «Sinceramente, qui su Korell non ce n’è la minima traccia. Sarebbe troppo difficile mascherare i diffusi effetti di una tecnologia di base tipici di un’economia che si fonda sull’energia atomica.»
«Ma non nel caso in cui questa economia fosse agli inizi? E se qui l’applicassero unicamente all’armamento? Le prove si potrebbero trovare nei cantieri per astronavi e nelle fabbriche militari.»
«E se non scopriamo niente?»
«Allora vuol dire che non ne hanno o che non ce lo vogliono far sapere. A lei lascio indovinare.»
Twer scosse il capo. «Avrei proprio voluto venire con lei, ieri sera.»
«Anch’io avrei voluto. Non sono affatto contrario al suo sostegno morale. Sfortunatamente è stato il commodoro a fare gli inviti, non io. Quella cosa là fuori dovrebbe essere la vettura reale che ci porterà alla fonderia. Ha preparato i macchinari?»
«Sì, è tutto pronto.»