30
Quella sera ci fu una visita di Jenarr Leggen. Arrivò dopo cena. Leggen spostò lo sguardo da Dors a Seldon e viceversa parecchie volte, come se stesse chiedendosi cosa dire. Né Dors né Seldon cercarono di aiutarlo, ma attesero pazienti perché avevano constatato che il meteorologo non era un campione in fatto di chiacchiere.
Infine Leggen si rivolse a Seldon. «Sono venuto a vedere come sta.»
«Benissimo» disse Seldon. «Ho solo un po’ sonno. Stando alla dottoressa Venabili, questa stanchezza è un effetto della terapia e durerà qualche giorno, quindi di sicuro avrò bisogno di riposo.» Sorrise. «Francamente, non mi dispiace.»
Leggen respirò a fondo ed esitò, poi, quasi facesse uno sforzo per pronunciare le parole, disse: «Non la disturberò a lungo, capisco perfettamente che ha bisogno di riposare. Volevo dirle che sono dispiaciuto per quanto è accaduto, non avrei dovuto dare per scontato che fosse sceso da solo. Dal momento che non aveva esperienza, avrei dovuto assumere un atteggiamento più responsabile nei suoi confronti. In fin dei conti, ero stato io a permetterle di salire. Spero che possa perdonarmi. Ecco, mi premeva dirle questo».
Seldon sbadigliò coprendosi la bocca con la mano. «Scusi. Dato che tutto si è risolto nel migliore dei modi, mi pare inutile serbare rancore. In fondo, non è stata colpa sua. Non mi sarei dovuto allontanare, e poi quel che è successo è successo.»
Dors l’interruppe. «Hari, per favore, basta parlare. Rilassati. Ora voglio scambiare due parole con il dottor Leggen prima che se ne vada. Innanzitutto, dottor Leggen, mi rendo conto che è preoccupato per le eventuali ripercussioni di questo incidente. Le ho detto che non ci sarebbe stato alcun seguito se il dottor Seldon si fosse ristabilito senza seri inconvenienti. Mi pare che si stia ristabilendo, quindi per adesso può tranquillizzarsi. Ora vorrei parlarle di un’altra cosa, e spero che questa volta collaborerà spontaneamente.»
«Ci proverò, dottoressa Venabili» disse Leggen con freddezza.
«Non è accaduto nulla di insolito durante la sua permanenza sulla Faccia superiore?»
«Certo che è accaduto, e lo sa. Ho perso il dottor Seldon, cosa di cui mi sono appena scusato.»
«È ovvio che non mi riferivo a questo. Non è successo nient’altro di insolito?»
«No, nulla. Assolutamente nulla.»
Dors guardò Seldon, che aggrottò le sopracciglia. Il matematico aveva l’impressione che Dors stesse cercando di verificare la sua versione della storia e di sentirne un’altra. Credeva che il velivolo che gli aveva dato la caccia fosse frutto della sua immaginazione? Gli sarebbe piaciuto protestare energicamente, ma Dors aveva già alzato una mano per invitarlo a tacere, quasi avesse previsto subito le sue obiezioni. Seldon si calmò, in parte per il cenno di Dors, in parte perché aveva proprio sonno. Sperava solo che Leggen se ne andasse presto.
«Ne è certo?» chiese Dors. «Non c’è stata nessuna intrusione dall’esterno?»
«No, certo che no. Oh...!»
«Sì, dottor Leggen?»
«Abbiamo avvistato un verti-jet.»
«E le è sembrato un fatto strano?»
«No, assolutamente.»
«Perché?»
«Questo ha tutta l’aria di un interrogatorio, dottoressa Venabili. Non mi piace.»
«Capisco, dottor Leggen, ma queste domande sono collegate all’incidente del dottor Seldon. Forse questa storia è più complessa di quel che pensavo.»
«In che senso?» La voce di Leggen si era fatta aggressiva. «Intende sollevare altri dubbi, pretendere altre scuse? In tal caso, forse non mi resterà che congedarmi.»
«Non prima di aver spiegato perché non trova strana la presenza di un verti-jet.»
«Perché, mia cara, diverse stazioni meteorologiche trantoriane dispongono di verti-jet per lo studio diretto delle nubi e degli strati superiori dell’atmosfera. La nostra stazione meteorologica non ne ha.»
«Perché? Sarebbe utile.»
«Certo, ma non siamo in concorrenza e non abbiamo segreti. Noi comunichiamo i nostri risultati, gli altri comunicano i loro. Quindi è logico che si tenda a specializzazioni differenziate. Sarebbe sciocco avere dei doppioni: il denaro e il personale che potremmo utilizzare per i verti-jet, possiamo impiegarlo invece per dei rifrattometri mesonici. Gli altri fanno il contrario. Ci saranno anche rivalità e malanimo tra i settori, ma la scienza è l’unica cosa che ci tenga uniti.» E concluse ironico: «Questo lo sa, immagino».
«Certo, ma non le pare una strana coincidenza l’invio di un verti-jet sulla vostra stazione lo stesso giorno in cui l’avete utilizzata?»
«Non è stata affatto una coincidenza. Abbiamo annunciato che quel giorno avremmo compiuto dei rilevamenti e quindi qualche altra stazione avrà pensato, giustamente, di fare un’analisi nefelometrica nello stesso momento. Le nuvole, intendo. I risultati, presi insieme, sono più chiari e più utili che visti separatamente.»
Di colpo, con la voce piuttosto confusa, Seldon disse: «Stavano solo raccogliendo dei dati, allora?». E sbadigliò di nuovo.
«Sì» rispose Leggen. «Che altro avrebbero dovuto fare?»
Dors sbatté le palpebre, come a volte faceva quando cercava di pensare in fretta. «Quadra tutto. Quel verti-jet, a quale stazione apparteneva?»
Leggen scosse il capo. «Dottoressa, come posso saperlo?»
«Credevo che ogni verti-jet meteorologico avesse una propria sigla, quella della stazione di appartenenza.»
«Certo, ma io non stavo guardando, non lo stavo studiando. Dovevo occuparmi del mio lavoro e ho lasciato che quelli svolgessero il loro. Quando si metteranno in contatto per comunicarmi i risultati, saprò da dove proveniva.»
«E se non si metteranno in contatto?»
«Be’, vorrà dire che le loro apparecchiature non hanno funzionato nel modo previsto. Capita, a volte.» La destra di Leggen era stretta a pugno. «C’è altro, dunque?»
«Un attimo. Secondo lei, da dove poteva provenire il verti-jet?»
«Da qualsiasi stazione meteorologica che ne fosse dotata. Con un giorno di preavviso, e hanno avuto a disposizione anche più tempo, uno di quei velivoli è in grado di raggiungerci da qualsiasi angolo del pianeta.»
«Ma la base di partenza più probabile?»
«Difficile dirlo. Hestelonia, Wye, Ziggoreth, Nord Damiano. Questi settori mi sembrano i più probabili, anche se quel verti-jet poteva provenire da altri quaranta settori come minimo.»
«Un’altra domanda, l’ultima. Dottor Leggen, quando ha annunciato che il vostro gruppo sarebbe salito sulla Faccia superiore, per caso ha detto che un matematico, il dottor Hari Seldon, sarebbe venuto con voi?»
Sul volto di Leggen apparve un’espressione sincera di sorpresa, poi lo stupore si trasformò in disprezzo. «Perché avrei dovuto elencare i nomi del gruppo? A chi poteva interessare?»
«Benissimo» disse Dors. «Le cose allora sono andate così. Il dottor Seldon ha visto il verti-jet e si è agitato. Il perché non è chiaro, e i suoi ricordi sono un po’ confusi a questo proposito. Comunque, è fuggito, voleva fuggire lontano dal velivolo, si è smarrito, non ha pensato di provare a tornare o non ha osato farlo se non quando era già calata l’oscurità, e proprio perché c’era buio non è stato in grado di rientrare. Lei non ha alcuna colpa, quindi dimentichiamo tutto. D’accordo?»
«D’accordo» rispose Leggen. «Addio!» Girò sui tacchi e se ne andò.
Quando fu uscito, Dors si alzò, sfilò adagio le pantofole a Seldon, lo sistemò a letto e lo coprì. Seldon dormiva, naturalmente.
Poi Dors si sedette e rifletté. Fino a che punto le parole di Leggen erano sincere e cosa potevano nascondere?
Non lo sapeva.