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Quella sera stessa, nell’appartamento da scapolo di Jorane Sutt, al ventitreesimo piano del grattacielo Hardin, Publis Manlio sorseggiava lentamente un bicchiere di vino.
Magro e non più giovane, deteneva due importanti cariche nel governo della Fondazione. Era ministro degli Esteri e, inoltre, per i vari sistemi solari al di fuori della Fondazione, era primate della chiesa, sovrintendente al Sacro Cibo, maestro dei templi, e un’infinità di altre cose, tutte con definizioni altisonanti.
«Eppure» disse Publis «s’è trovato d’accordo con te circa l’invio di quel commerciante. Io penso che sia importante.»
«Importante sì,» ribatté Sutt «ma senza conseguenze. Tutta la faccenda è un misero stratagemma, perché non c’è alcun modo di prevedere come andrà a finire. È come calare un’esca sperando che qualcosa abbocchi.»
«Vero. E questo Mallow sembra un uomo capace. Che cosa succede se non si presta allo stratagemma?»
«È un rischio che bisogna correre. Se c’è stato tradimento, vi sono implicati uomini capaci. Se non c’è stato, ci occorre un uomo capace per scoprire la verità. Mallow comunque sarà protetto... ma il tuo bicchiere è vuoto.»
«No, grazie. Ho bevuto abbastanza.»
Sutt riempì il proprio bicchiere e attese pazientemente che l’interlocutore gli rivelasse i suoi pensieri.
L’attesa fu breve. Dopo pochi istanti di silenzio il primate sbottò: «Sutt, che cosa stai macchinando?».
«Te lo dirò, Manlio. Siamo al centro di una Crisi Seldon.»
Manlio lo guardò. «Come lo sai?» ribatté con calma. «Hari Seldon è apparso di nuovo nella Volta del Tempo?»
«No, non siamo ancora a questo punto. Ma ragiona un attimo. Da quando l’impero galattico si è ritirato dalla periferia e ci ha abbandonato a noi stessi, non ci siamo mai trovati di fronte a un rivale in possesso di energia atomica. Accade adesso per la prima volta. Questa semplice constatazione è già di per sé significativa. Inoltre, per la prima volta da settant’anni, stiamo vivendo una grave crisi interna. Per me non ci sono dubbi, visto che le due crisi, interna ed esterna, si verificano simultaneamente.»
Manlio socchiuse gli occhi. «Se questo è tutto, non giustifica le tue conclusioni. Ci sono state finora già due Crisi Seldon. E in ciascuna di esse la Fondazione ha corso il pericolo di venire completamente distrutta. Non credo che siamo a questo punto.»
Sutt mostrava segni di impazienza. «Il pericolo non è ancora arrivato ma è vicino. Anche uno stupido si accorge di una crisi imminente. Il vero statista la scopre quando è ancora in embrione. Ascolta, Manlio, noi stiamo procedendo lungo un cammino storico pianificato. Sappiamo che Hari Seldon ha previsto ogni evento possibile del nostro futuro. Sappiamo di essere destinati a ricostruire l’impero galattico. Sappiamo inoltre che ci vorranno circa mille anni e sappiamo che dovremo affrontare alcune crisi. La prima si è verificata cinquant’anni dopo la nascita della Fondazione. La seconda, trent’anni più tardi. Adesso sono passati quasi settant’anni dall’ultima. Sento che ormai ci siamo, Manlio.»
Manlio non sembrava del tutto convinto. «Hai messo a punto dei piani per affrontare la crisi?»
Sutt annuì.
«E io» continuò Manlio «che parte avrò nel tuo piano?»
«Prima di far fronte alla minaccia delle armi atomiche straniere dobbiamo risolvere i problemi interni. Questi mercanti...»
«Ah!» Il primate si fece più attento.
«Esatto. Proprio questi mercanti. Sono utili, ma troppo forti e troppo poco controllati. Sono stranieri che non hanno ricevuto un’educazione religiosa. Diamo loro un’istruzione, ma eliminiamo il vincolo che dovrebbe tenerli legati a noi.»
«Se si riuscisse a provare che c’è stato un tradimento...»
«Certo, in questo caso un’azione diretta sarebbe semplice e sufficiente. Ma ha poca importanza. Anche se non ci fossero traditori fra loro, essi costituirebbero pur sempre un elemento equivoco nella nostra società. Non sono legati a noi dal patriottismo né da una discendenza comune, e quindi nemmeno da vincoli religiosi. Sotto il loro potere secolare le province esterne, che dai tempi di Hardin ci considerano il “pianeta sacro”, potrebbero distaccarsi.»
«Capisco benissimo, ma il rimedio...»
«Il rimedio occorre trovarlo subito, prima che la Crisi Seldon entri nella fase acuta. Se abbiamo armi atomiche all’esterno e malcontento all’interno, la partita potrebbe diventare pericolosa.» Sutt posò il bicchiere con cui aveva giocherellato fino a quel momento. «Questo è un lavoro per te.»
«Per me?»
«Io non posso farlo. La mia carica non è elettiva e manca quindi dell’appoggio consiliare.»
«Il sindaco...»
«Impossibile. La sua personalità è assolutamente negativa. È energico solo quando si tratta di evitare responsabilità. Ma se si crea un nuovo partito che possa mettere in pericolo la sua rielezione, forse si lascerà guidare.»
«Ma, Sutt, io non ho alcuna attitudine all’azione politica.»
«Lascia fare a me. Dai tempi di Salvor Hardin il potere religioso e quello civile non sono mai stati nelle mani di una sola persona. Può succedere adesso, se tu riesci a svolgere un buon lavoro.»