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Percorsero passaggi dove la luce era bassa e gialla. Hummin spostava gli occhi in ogni direzione, all’erta, e procedeva seguendo l’andatura della folla, senza superare nessuno e senza permettere che qualcuno li superasse.
Continuò a conversare disinvolto del più e del meno.
Seldon, teso e incapace di imitarlo, disse: «A quanto pare, qui si cammina parecchio. Ci sono file interminabili in entrambe le direzioni e lungo i raccordi».
«E perché no? Camminare è ancora il sistema di trasporto migliore sulle brevi distanze. È sempre il più comodo, il più economico e il più salutare, malgrado tutti i progressi tecnologici. Soffre di acrofobia, Seldon?»
Il matematico guardò oltre la ringhiera, nel baratro fra le due corsie pedonali che si snodavano in direzioni opposte, incrociando i raccordi posti a intervalli regolari. Rabbrividì leggermente. «Se intende dire paura del vuoto nei punti elevati, no, normalmente no. Ma guardare giù non è piacevole. Che distanza c’è da qui a là sotto?»
«In questo punto quaranta o cinquanta livelli, credo. È una cosa comune nel settore imperiale e in qualche altra regione particolarmente sviluppata. Nella maggior parte dei luoghi, invece, si cammina a quello che potrebbe essere considerato il livello del suolo.»
«Immagino che questo incoraggi i tentativi di suicidio.»
«Raramente. Ci sono metodi molto più facili, e poi su Trantor il suicidio non costituisce un’onta sociale. Si può porre fine alla propria vita mediante vari metodi riconosciuti in centri appositi, se prima si è disposti a sottoporsi a un certo periodo di psicoterapia. Ogni tanto c’è qualche incidente, ma le ho chiesto se è acrofobo per un altro motivo. Stiamo andando a un noleggio di taxi dove mi conoscono come giornalista. Ho fatto loro dei favori e talvolta ne fanno a me per ricambiare. Si dimenticheranno di registrarmi e fingeranno di non vedere che ho un compagno. È chiaro, dovrò pagare un extra, e naturalmente se gli uomini di Demerzel ricorreranno alle maniere forti quelli dovranno dire la verità e ammettere che si è trattato di una svista da parte loro. Ma potrebbe passare abbastanza tempo.»
«E l’acrofobia cosa c’entra?»
«Ecco, possiamo arrivare al noleggio molto più in fretta usando un ascensore gravitazionale. Sono in pochi a servirsene, e le confesso che nemmeno per me è una prospettiva tanto simpatica. Comunque, se se la sente, ci conviene usarlo.»
«Cos’è un ascensore gravitazionale?»
«Una cosa sperimentale. Forse un giorno sarà un congegno diffuso su tutto Trantor, ammesso che diventi psicologicamente accettabile per un buon numero di persone. Allora, forse, si diffonderà anche su altri mondi. È un pozzo d’ascensore senza cabina, diciamo; si entra semplicemente nel vuoto e si scende o si sale lentamente, sfruttando l’antigravità. In pratica è l’unica applicazione antigravitazionale che esista finora, soprattutto perché è la più semplice.»
«Cosa succede se manca l’energia mentre ci stiamo spostando?»
«Proprio quello che pensa. Si precipita e, a meno di non essere quasi in fondo, si muore. Non è mai successo, a quanto mi risulta, e mi creda, se fosse successo lo saprei. Forse non potremmo diffondere la notizia per ragioni di sicurezza – ricorrono sempre a questa scusa per nascondere le novità sgradevoli –, ma io lo saprei. L’ascensore è proprio qui a due passi. Se non se la sente non lo prenderemo, ma sappia che i corridoi sono lenti e monotoni e dopo un po’ molti li trovano nauseanti.»
Hummin imboccò un raccordo e raggiunsero un ampio recesso dove uomini e donne attendevano in fila; un paio avevano con sé dei bambini.
«Mai sentito parlare di ascensori gravitazionali sul mio pianeta» disse Seldon sottovoce. «D’accordo, i nostri mezzi d’informazione si occupano per lo più del panorama locale, ma sarebbe lecito aspettarsi almeno un accenno all’esistenza di un congegno simile.»
«È strettamente sperimentale, ed è in funzione solo nel settore imperiale» disse Hummin sottovoce. «Consuma troppa energia, quindi il governo per ora non è esattamente ansioso di fargli pubblicità. Il vecchio imperatore Stanel VI, il predecessore di Cleon morto sorprendentemente nel proprio letto, ha insistito perché venisse installato in alcuni punti. Voleva che il suo nome fosse legato all’antigravità, dicono, perché si preoccupava del suo posto nella storia, come fanno spesso i vecchi che non hanno concluso granché. La tecnica potrebbe diffondersi, ma forse non avrà sviluppi significativi al di là dell’ascensore gravitazionale.»
«Per cosa vorrebbero utilizzarla?»
«Per il volo spaziale. Ma per arrivarci saranno necessarie molte scoperte clamorose, e la maggior parte dei fisici ritiene che sia qualcosa di irrealizzabile. Del resto, molti pensavano che anche l’ascensore gravitazionale lo fosse.»
La fila si stava accorciando rapidamente e Seldon si ritrovò insieme a Hummin all’estremità del pavimento, con il vuoto di fronte a sé. L’aria davanti a lui emanava un lieve luccichio. Automaticamente, Seldon tese la mano e avvertì una leggera scossa. Niente di doloroso, ma fu sufficiente a fargli ritrarre subito la mano.
Hummin emise un brontolio. «Una precauzione elementare per impedire che qualcuno vada oltre il bordo prima di aver attivato i comandi.» Batté dei numeri sul quadro di comando e il luccichio svanì.
Seldon si sporse guardando nel pozzo profondo.
«Forse per lei è meglio darmi il braccio e chiudere gli occhi» disse Hummin. «Ci vorranno solo pochi secondi.»
In realtà, non diede possibilità di scelta a Seldon. Lo prese per il braccio e anche questa volta non ci fu verso di sottrarsi a quella stretta decisa. Hummin avanzò nel vuoto e Seldon lo seguì con un sobbalzo, lasciandosi sfuggire un gridolino di cui fu imbarazzato.
Chiuse subito gli occhi e non provò alcuna sensazione di caduta, non percepì alcun movimento dell’aria. Trascorsero alcuni secondi, dopo di che Seldon venne trascinato in avanti. Vacillò leggermente, riprese l’equilibrio e si ritrovò con i piedi posati su qualcosa di solido.
Aprì gli occhi. «Ce l’abbiamo fatta?»
Hummin rispose distaccato: «Non siamo morti» e si allontanò, continuando a stringere Seldon che fu costretto a seguirlo.
«Voglio dire... siamo al livello giusto?»
«Certo.»
«Cosa sarebbe successo se fossimo scesi mentre qualcuno saliva?»
«Ci sono due corsie separate. In una tutti scendono alla stessa velocità, nell’altra tutti salgono alla stessa velocità. Il pozzo entra in funzione solo quando tra due persone ci sono almeno dieci metri. È impossibile scontrarsi se ogni cosa funziona a dovere.»
«Non ho sentito nulla.»
«Infatti, non c’era accelerazione. Dopo un solo decimo di secondo si trovava a velocità costante e l’aria intorno a lei scendeva alla stessa velocità.»
«Meraviglioso.»
«Sì, ma è decisamente antieconomico. E a quanto sembra non si fa granché per cercare di migliorare l’efficienza del procedimento e renderlo conveniente. Dappertutto si sente sempre lo stesso ritornello: “Non possiamo farlo. Non è possibile”. Una regola che vale per qualsiasi cosa.» Hummin alzò le spalle, evidentemente infastidito. «Comunque, adesso siamo al noleggio. Muoviamoci.»