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Era già sul piede di guerra.
Al suo ritorno lo aspettava sulla porta del loro appartamento, con un atteggiamento ingannevolmente tranquillo, una mano sul fianco e lo stesso aspetto di quando l’aveva conosciuta in quella stessa università otto anni prima. Snella, il corpo dalle forme aggraziate, i capelli rosso-oro, bellissima agli occhi di Seldon, ma forse non altrettanto secondo un giudizio obiettivo. Dopo i primi giorni della loro amicizia, lui non era mai riuscito a guardarla in modo obiettivo.
Dors Venabili! Era questo il primo pensiero che lo colpiva ogni volta che vedeva il suo viso calmo. C’erano molti mondi, addirittura molti settori di Trantor dove sarebbe stato perfettamente normale chiamarla Dors Seldon, ma questo – lui ne era in cuor suo convinto – le avrebbe imposto una specie di marchio di proprietà che Seldon voleva evitare a ogni costo, anche se l’uso era ormai accreditato da una tradizione che risaliva alle vaghe foschie del passato pre-imperiale.
Con un triste movimento del capo che scosse appena la morbida onda dei capelli sul collo, Dors disse pacata: «Ho già saputo, Hari. Cosa devo fare con te?».
«Un bacio non mi farebbe male.»
«Be’, forse, ma solo dopo che avremo discusso un poco la situazione. Entra.» La porta si chiuse alle loro spalle. «Vedi, tesoro, io ho il mio corso e le mie ricerche. Sto ancora lavorando a quell’orribile storia del regno di Trantor che secondo te è essenziale al tuo progetto. Adesso devo abbandonare tutto e mettermi a gironzolare con te, per proteggerti? Perché questo è ancora il mio incarico, lo sai. Un incarico ancora più pressante, ora che stai facendo progressi con la psicostoria.»
«Faccio progressi? Magari. Ma non è necessario che tu mi protegga.»
«Non è necessario? Ho spedito Raych a cercarti. Dopotutto, eri in ritardo e mi stavo preoccupando. Di solito mi avverti quando fai tardi. Sono spiacente se questo mi fa sembrare la tua guardiana, Hari, ma in pratica io sono la tua guardiana.»
«Non ti sfiora mai il sospetto, guardiana Dors, che ogni tanto può allettarmi l’idea di sfilarmi il guinzaglio?»
«E se ti accadesse qualcosa, che dovrei dire a Demerzel?»
«Sono arrivato troppo tardi per la cena? Avevi già ordinato alla cucina automatica?»
«No. Ti stavo aspettando. E adesso che sei qui, puoi ordinarla di persona. Sei molto più pignolo di me per quanto riguarda il cibo. E non cambiare argomento.»
«Raych non ti ha detto che stavo bene? E in questo caso, cosa c’è da discutere?»
«Quando ti ha trovato avevi la situazione sotto controllo, così è tornato a casa ed è arrivato prima di te, ma di poco. Non conosco ancora i particolari. Che cosa stavi facendo?»
Seldon fece spallucce. «C’era una riunione non autorizzata, Dors, e io l’ho sciolta. L’università avrebbe potuto andare incontro a parecchi guai, di cui al momento attuale non ha alcun bisogno, se non lo avessi fatto.»
«E toccava proprio a te intervenire? Hari, non sei più un torcitore. Sei un...»
«Vecchio?» aggiunse subito lui.
«Per un torcitore sì, hai quarant’anni. Come ti senti?»
«Be’, un pochino irrigidito.»
«Posso immaginarlo. E uno di questi giorni, quando cercherai di imitare un giovane atleta heliconiano, ti romperai una costola. Adesso raccontami tutto.»
«Oh, ti ho già detto che Amaryl mi aveva avvertito dei rischi che secondo lui Demerzel correva a causa di quel demagogo di Joranum, non è vero?»
«Jo-Jo. Sì, questo lo sapevo. Cosa c’è che non so? Cosa è successo oggi?»
«Al Campo c’era una specie di riunione. Un sostenitore di Jo-Jo, Namarti, parlava a una folla di studenti.»
«Namarti è Gambol Deen Namarti, il braccio destro di Joranum.»
«Bene, allora tu ne sai molto più di me in proposito. In ogni caso, stava parlando a parecchi studenti e non aveva alcun permesso, e secondo me sperava che si verificassero dei disordini. Quella gente si nutre di simili tumulti e, se Namarti fosse riuscito a far chiudere anche temporaneamente l’università, il suo padrone avrebbe accusato Demerzel di distruggere la libertà accademica. La loro tecnica consiste nell’accusarlo di ogni più piccola disfunzione sociale. Così li ho fermati; li ho allontanati dal campus evitando disordini.»
«Ne sembri fiero.»
«E perché no? Non me la sono cavata male, per un quarantenne.»
«Lo hai fatto per questo? Per mettere alla prova i tuoi quarant’anni?»
Con aria pensierosa Seldon pigiò i pulsanti sul menu elettronico della cena. Poi disse: «No. Mi preoccupava il fatto che l’università potesse andare incontro a guai inutili. Ed ero anche preoccupato per Demerzel. Temo che l’allarmismo di Yugo mi abbia influenzato più del necessario. È stato un gesto stupido, Dors, perché so che Demerzel è in grado di badare a se stesso. Però questo non potevo spiegarlo a Yugo o a chiunque altro».
Emise un profondo respiro. «È sorprendente il piacere che provo nel poterne parlare almeno con te. A saperlo siamo davvero in pochi, tu, io, Demerzel e nessun altro. Spesso mi conforta sapere che Demerzel è intoccabile.»
Dors premette un contatto su un pannello incassato in una parete e il settore da pranzo del loro appartamento si illuminò di un morbido chiarore color pesca. Insieme raggiunsero il tavolo già apparecchiato con piatti, bicchieri, tovaglioli e posate. Una volta seduti, la cena cominciò ad arrivare (non si verificavano mai lunghi ritardi a quell’ora della sera) e Seldon iniziò a servirsi senza troppi pensieri. Si era abituato da tempo alla posizione sociale che consentiva loro di evitare i pasti nelle aree comuni.
Seldon assaporò i condimenti che avevano imparato ad apprezzare durante la loro permanenza a Micogeno. L’unica cosa che non avessero detestato in quel bizzarro settore di Trantor dominato dai maschi, impregnato di religione e ben deciso a continuare a vivere nel passato.
Dors chiese sottovoce: «Cosa intendevi con “intoccabile”?».
«Andiamo, tesoro, lui sa alterare le emozioni altrui. Non lo avrai scordato, spero. Se Joranum diventasse veramente pericoloso, potrebbe essere... modificato.» Fece un gesto vago con la mano. «Indotto a cambiare le sue idee.»
Dors aggrottò la fronte a disagio e la cena proseguì in un silenzio insolito. Solo quando fu terminata e tutti gli avanzi, i piatti, le posate e il resto furono risucchiati dallo scivolo di smaltimento al centro della tavola (il cui sportello si richiuse poi automaticamente), lei disse: «Non sono del tutto sicura di volerne parlare, Hari, ma non posso nemmeno accettare che tu ti lasci ingannare dalla tua stessa ingenuità».
«Ingenuità?» Seldon si accigliò.
«Sì. Di questo non abbiamo mai parlato. Non credevo che un giorno sarebbe stato necessario, ma anche Demerzel ha i suoi punti deboli. Non è intoccabile, può essere danneggiato, e Joranum costituisce realmente un pericolo per lui.»
«Parli sul serio?»
«Naturalmente. Tu non capisci i robot, certo non un robot complesso come Demerzel, io sì.»