7
Corruzione
Il sergente Mori Luk era il soldato ideale. Proveniva dai grandi pianeti agricoli delle Pleiadi dove solo la vita militare permetteva di evadere dal duro lavoro dei campi e da un’esistenza monotona. Era un esemplare tipico di quelle regioni. Sufficientemente privo di fantasia da affrontare il pericolo senza paura, forte e agile quanto bastava da riuscire a cavarsela con successo. Accettava gli ordini senza discussioni, guidava i suoi uomini con disciplina inflessibile e adorava il suo generale in modo addirittura patetico.
Eppure, malgrado questo, era di natura allegra e gioviale. Se doveva uccidere un uomo lo faceva senza un attimo di esitazione, ma anche senza gioirne in modo particolare. I due prigionieri sollevarono lo sguardo dal pasto serale e uno dei due allungò un piede per spegnere la radiolina tascabile che gracchiava a pieno volume.
«Altri libri?» chiese Lathan Devers.
Il sergente gli porse un cilindro pieno di pellicole e si grattò il collo. «È dell’ingegnere Orre, ma lo vuole indietro. Ha intenzione di spedirlo ai suoi bambini, come ricordo.»
Ducem Barr esaminò il cilindro in questione con interesse. «E dove l’ha trovato l’ingegnere? Lui non possiede mica un trasmettitore, vero?»
Il sergente scosse il capo con enfasi. Puntò il dito sul proiettore quasi a pezzi appoggiato ai piedi del letto. «Quello è l’unico in funzione da queste parti. Questo Orre ha rimediato il libro in uno di questi mondi pigmei che abbiamo conquistato. Lo tenevano conservato in un palazzo e ha dovuto uccidere un gruppetto di nativi che volevano impedirgli di portarlo via.»
Guardò il libro dubbioso. «È proprio un bel regalo da fare ai bambini.»
Fece una pausa, poi riprese: «Oggi in giro correvano voci. Sono solo sciocchezze, ma fa piacere sentirle. Il generale ce l’ha fatta un’altra volta».
«Ah sì?» disse Devers. «A far cosa?»
«Ha completato l’accerchiamento.» Il sergente sorrise con orgoglio. «In gamba vero? Ha fatto proprio un bel lavoro. Un tale che sa dire belle frasi ha detto che è andato tutto liscio come la musica delle sfere; lui saprà di certo che cosa significa.»
«E ora comincerà la grande offensiva?» chiese Barr.
«Lo spero» rispose il sergente. «Voglio tornarmene alla mia astronave ora che il braccio è di nuovo a posto. Sono stanco di starmene qui seduto a far niente.»
«Anch’io» mormorò con impeto Devers. Poi si morse le labbra e si calmò.
Il sergente lo guardò dubbioso. «Meglio che me ne vada adesso. Fra poco dovrebbe passare il capitano ed è preferibile che non mi trovi qui.» Si fermò sulla soglia. «Un’altra cosa, signore» disse il sergente fattosi improvvisamente timido. «Ho ricevuto notizie da mia moglie. Dice che il piccolo freezer che mi avete dato funziona alla perfezione. Non le costa niente e riesce a contenere le provviste per un mese intero. Grazie.»
«Non è il caso. Lasci perdere» rispose il mercante.
L’enorme porta si chiuse dietro il sergente.
Barr si alzò. «Ebbene, ci ha dato qualcosa in cambio del freezer. Diamo un’occhiata al nuovo libro. Peccato, il titolo è sparito.»
Srotolò un metro o due di pellicola e la esaminò controluce. «Per tutti i tuoni! Questo è Il Giardino di Summa, Devers.»
«Mi fa piacere» rispose il mercante, senza interesse. Con una mano spinse da parte quello che rimaneva del cibo. «Siediti, Barr. In questo momento non mi fa bene ascoltare brani di letteratura antica. Hai sentito cos’ha detto il sergente?»
«Sì, e con questo?»
«L’offensiva sta per cominciare e noi ce ne rimaniamo qui seduti.»
«Perché, dove vorresti essere seduto?»
«Sai bene cosa intendo dire. È inutile rimanere in attesa.»
«Sei sicuro?» Barr stava infilando la pellicola lentamente nel trasmettitore. «In questo ultimo mese mi hai raccontato una quantità di cose sulla storia della Fondazione e, a quanto pare, i grandi capi del passato non hanno fatto proprio un bel niente: soltanto stare seduti ed aspettare.»
«Eh già, ma loro sapevano cosa stava succedendo.»
«Davvero? Immagino che dicessero così quando ormai tutto era finito. Ma ammettiamo pure che sapessero in che modo si sarebbero svolti gli eventi. Non esistono prove le quali dimostrino che in caso contrario i risultati sarebbero stati differenti. Le profonde forze economiche e sociologiche non sono dirette da singoli individui.»
Devers scosse il capo. «Non abbiamo prove anche del caso contrario: non sappiamo se i leader, non conoscendo la direzione che avrebbero preso gli eventi, avrebbero scelto una soluzione disastrosa. Non facciamo che rivoltare la medaglia.» Poi Devers improvvisamente sembrò eccitarsi. «Ascolta un po’. E se lo uccidessimo?»
«Chi? Riose?»
«Sì.»
Barr sospirò. Il suo sguardo era diventato triste per il ricordo di un lontano passato. «L’assassinio non risolve mai nulla, Devers. Un tempo, quando avevo vent’anni, spinto dalla provocazione ho cercato una soluzione simile, eppure non ho risolto niente. Ho ucciso un tiranno, ma non ho eliminato il giogo imperiale di Siwenna. In questo caso è il giogo imperiale che dobbiamo allontanare; l’individuo conta poco.»
«Ma Riose non è solamente un individuo, dottore. Lui è tutta l’armata. Senza di lui, cadrebbe in rovina. Si aggrappano a lui come bambini. Il sergente, per esempio, ogni volta che parla di lui ha uno sguardo adorante.»
«Ma se anche così fosse, ci sono altri generali e altre armate. Devi ragionare andando più a fondo. E questo Brodrig, per esempio, nessuno più di lui è in contatto diretto con l’imperatore. Lui potrebbe chiedere all’imperatore cento astronavi, mentre Riose è costretto a cavarsela con dieci. Lo conosco per fama.»
«E chi sarebbe?» Il mercante guardò il vecchio con interesse.
«Te lo descriverò in poche parole. È un arrivista che, partito da zero, è riuscito con l’adulazione a entrare nelle grazie dell’imperatore. È odiato da tutta l’aristocrazia di corte, che si rode il fegato perché lui non possiede né blasone, né umiltà. È il segretario privato dell’imperatore, è lo strumento di sua maestà quando si tratta di occuparsi di qualche faccenda poco pulita. Non esiste altro uomo in tutto l’impero più subdolo e crudele. Dicono che non vi sia altro modo di arrivare all’imperatore se non attraverso di lui, e che non vi sia altro modo di arrivare a lui se non attraverso l’infamia.»
«Per la galassia» esclamò Devers tormentandosi la barba accuratamente sfoltita. «E costui sarebbe l’inviato speciale dell’imperatore venuto a tener d’occhio Riose. M’è venuta un’idea.»
«Bene.»
«E se questo Brodrig prendesse in antipatia il giovane generale?»
«Probabilmente lo odia già. Non è rinomato per aver simpatia per la gente.»
«Ma immaginiamo che cominci a odiarlo sul serio. L’imperatore forse ne verrà informato e Riose si troverà nei guai.»
«Probabile. Ma come pensi di provocare una cosa del genere?»
«Non lo so. Magari corrompendolo.»
Il patrizio sorrise. «Sì, sarebbe un ottimo modo, ma non riuscirai mica a corromperlo come il sergente, con un freezer tascabile. E anche se ci riuscissi, non ne varrebbe la pena. Con ogni probabilità è la persona più facilmente corrompibile, ma non ha neanche quel minimo di onestà per farsi corrompere lealmente. Sarebbe capacissimo di tradirti non appena tu avessi finito di comperarlo. Pensa a qualche altra soluzione.»
Devers accavallò le gambe e cominciò a battere nervosamente il piede. «È una soluzione che potremmo tentare, anche...»
S’interruppe. La spia luminosa sulla porta era nuovamente accesa e poco dopo entrò nella stanza il sergente. Appariva eccitato e rosso in faccia.
«Signori,» cominciò facendo un tentativo di mostrare deferenza «vi sono molto riconoscente per il freezer, e poi siete sempre stati gentili con me, sebbene io sia solo il figlio di un agricoltore mentre voi siete grandi lord.»
Parlava con un forte accento delle Pleiadi, ed era quasi difficile capire le sue parole. Sopraffatto dall’eccitazione aveva perso ogni vernice cittadina coltivata con lunghi anni di attenzioni per mostrare di nuovo palesemente le sue origini contadine.
«Che cosa succede, sergente?» gli chiese Barr sottovoce.
«Il signor Brodrig sta per venire a farvi visita. Domani! Lo so perché il capitano mi ha detto di preparare i miei uomini per la rivista militare che ci sarà domani in suo onore. Ho pensato che forse era meglio che vi avvertissi...»
«Grazie sergente,» disse Barr «ve ne siamo grati. Ma non vedo perché...»
Il volto del sergente era contratto dalla paura. Parlò piano, quasi temesse d’essere udito. «Voi non conoscete le storie che raccontano i soldati su di lui. Pare che abbia venduto l’anima agli spiriti del male. No, non ridete. Si raccontano storie terribili sul suo conto. Dicono che vada in giro sempre seguito da una guardia del corpo armata e che, quando vuole divertirsi, gli ordini di uccidere la prima persona che incontra. E quando il poveretto muore, lui scoppia in una gran risata. Dicono che persino l’imperatore lo teme, e che sia Brodrig stesso a costringerlo ad aumentare le tasse e a non ascoltare le lamentele del popolo.
«E dicono pure» continuò il sergente «che odi il generale e che lo vorrebbe uccidere perché lui è così grande e saggio. Ma il nostro generale sa tener testa a chiunque ed è per questo che non ci riesce.»
Il sergente sbatté le palpebre. A un tratto sorrise, imbarazzato per questo sfogo incontrollato, e indietreggiò verso la porta. Annuì con la testa e arrossì. «Ascoltate le mie parole. Guardatevi da lui.»
Devers fissò il siwenniano. «Questo conferma le mie teorie, non ti pare, dottore?»
«Dipende da Brodrig, non trovi?»
Ma Devers stava pensando e non l’ascoltava. Stava pensando intensamente.
Il signor Brodrig chinò la testa entrando nella minuscola cabina dell’astronave mercantile, e i due uomini armati lo seguirono con le armi puntate e le facce dure e inespressive.
Il segretario privato non aveva affatto l’aria dell’anima perduta. Se gli spiriti del male avevano comperato la sua anima, non avevano di sicuro lasciato il marchio di possesso. Brodrig sembrava più che altro un damerino di corte fuori posto nella rude semplicità di una base militare.
La sua uniforme stretta, dal taglio perfetto e immacolata, lo faceva sembrare più alto di quanto in realtà non fosse. I suoi occhi erano freddi e non tradivano emozione alcuna. I polsini di madreperla luccicarono mentre dondolava il suo corpo appoggiandosi alla canna d’avorio.
«No, no» disse con un lieve gesto della mano. «Lasci stare i suoi giocattoli. Non mi interessano.»
Prese una sedia, la spazzolò accuratamente con il pezzo di stoffa attaccato all’estremità della canna e s’accomodò. Devers diede un’occhiata all’altra sedia che rimaneva libera, ma Brodrig lo fermò. «Lei deve rimanere in piedi di fronte a uno scudiero imperiale» disse svogliatamente e sorrise.
Devers fece spallucce. «Se non le interessa la mia mercanzia, perché mi ha portato qui?»
Il segretario privato aspettò guardandolo con occhi gelidi, e Devers aggiunse: «Signore».
«Per poter parlare più tranquillamente» rispose il segretario. «Non penserà che abbia viaggiato per duecento parsec nello spazio soltanto per venire a vedere le sue cianfrusaglie? Volevo parlarle.» Tolse delicatamente una pastiglia rosa da una scatoletta intarsiata e se la mise fra i denti. La succhiò lentamente con gusto.
«Tanto per cominciare, lei chi è? È davvero un cittadino di questo mondo di barbari per i quali sembrano tutti presi da frenesia militare?»
Devers annuì.
«Ed è stato effettivamente catturato dopo una di quelle scaramucce che lui chiama guerra? Mi riferisco al nostro generale.»
Devers annuì di nuovo.
«Molto bene, mio prezioso straniero. Vedo che la sua capacità oratoria è ridotta al minimo. A quanto pare il nostro generale sta combattendo una guerra senza scopo e con enorme dispendio di energie, e tutto questo per impadronirsi di un mondo ai confini del nulla. A rigor di logica, non varrebbe la pena sparare un solo colpo per un mondo del genere. Eppure il generale non è uno sciocco. Al contrario, io direi piuttosto che è un uomo estremamente intelligente. Mi segue?»
«Non troppo bene, signore.»
Il segretario si esaminò le unghie. «Allora continui ad ascoltarmi. Il generale non sprecherebbe i suoi uomini e le sue astronavi per la vana ricerca della gloria. So che lui parla molto spesso di onore militare, ma è ovvio che non gli basta essere considerato un semidio dell’ormai tramontata Era eroica. In questo caso dev’esserci qualcosa di più della gloria... e poi ho notato che si prende troppa cura di lei. Ora, se lei fosse stato mio prigioniero e mi avesse dato così poche informazioni, come ha fatto con il generale, io le avrei già aperto la pancia e l’avrei strangolata con le sue stesse budella.»
Devers non batté ciglio. Osservò con la coda dell’occhio prima l’una, poi l’altra guardia del corpo. Erano già pronte a eseguire l’ordine.
Il segretario sorrise. «Bene, vedo che non le si è sciolta la lingua. Secondo il generale, nemmeno la sonda psichica è riuscito a cavarle niente; ed è stato un errore, da parte del generale, raccontarmi una cosa del genere, perché mi ha definitivamente convinto che stava mentendo.» Sembrava essere di buon umore. «Mio onesto mercante, io possiedo una sonda psichica di mia invenzione, e penso che le si adatti in modo perfetto. Vede questi?»
Stretti con noncuranza tra il pollice e l’indice c’erano alcuni rettangoli di carta gialli e rosa dai disegni intricati, facilmente identificabili.
«Sembra denaro» disse Devers.
«Lo è, infatti: il denaro migliore dell’impero, garantito dai miei possedimenti che sono più estesi di quelli dell’imperatore stesso. Centomila crediti. Tutto qui! Fra queste due dita. E sono suoi.»
«In cambio di che cosa, signore? Io sono un buon commerciante e nessuno mi ha mai dato nulla per nulla.»
«Non ha capito? Voglio la verità. Che mire ha il generale? Perché combatte questa guerra?»
Devers sospirò e si lisciò la barba con aria pensierosa, guardandolo.
«Che cosa vuole?» I suoi occhi seguivano le dita del segretario che continuava a contare il denaro, foglio su foglio. «In una parola, l’impero.»
«Come è monotono il mondo! Si arriva sempre alle solite conclusioni. Ma come? Qual è la strada che partendo dai confini della galassia conduce in modo così invitante all’impero?»
«La Fondazione» ribatté Devers amaramente «possiede alcuni segreti. Hanno molti libri, così antichi che la loro scrittura è compresa solo da poche persone. Quei segreti vengono protetti da un rituale religioso e nessuno può servirsene. Io ci ho provato e ora mi trovo qui. Sulla Fondazione c’è una sentenza di morte che mi aspetta.»
«Capisco. E che cosa sono questi segreti? Suvvia, per centomila crediti ho diritto a informazioni più precise.»
«La trasformazione degli elementi.»
Il segretario socchiuse gli occhi e parve interessato. «Mi hanno detto che una tale trasformazione è impossibile per le leggi della scienza atomica.»
«È vero, sempre che si usi energia atomica. Ma i nostri padri erano gente in gamba. Possedevano fonti d’energia più potenti dell’atomo. Se la Fondazione si fosse servita di quest’energia come avevo suggerito...»
«Continui» lo esortò il segretario. «Sono convinto che il generale sappia già tutto questo. Ma che cosa ha intenzione di fare, quando avrà terminato questa sua missione da operetta?»
Devers proseguì con voce sicura: «Con la trasformazione degli elementi lui potrà controllare l’economia dell’impero. Le riserve minerali non varranno un centesimo quando Riose sarà in grado di ricavare il tungsteno dall’alluminio e l’iridio dal ferro. Un intero sistema economico basato sulla scarsità di certi elementi e sull’abbondanza di altri può essere letteralmente rivoluzionato. Vi sarà la più grande crisi economica dell’impero e solamente Riose sarà in grado di fermarla. E, inoltre, esiste questa nuova energia che Riose non sfrutterà certo per questioni religiose.
«Non c’è nulla che lo potrà più fermare. Ormai ha circondato la Fondazione e, una volta che l’avrà conquistata, sarà imperatore in meno di due anni».
«Capisco.» Brodrig scoppiò in una gran risata. «Iridio dal ferro, è questo che ha detto, vero? Ebbene, le confiderò un segreto di stato. Sa che la Fondazione s’è già messa in comunicazione con il generale?»
Devers sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
«Sembra sorpreso. E perché no? Ora mi pare tutto più logico. Hanno offerto al generale una tonnellata d’iridio all’anno in cambio della pace. Una tonnellata di ferro mutata in iridio, violando i loro principi religiosi, pur di salvare la pelle. Non per nulla il nostro incorruttibile generale ha rifiutato, perché assieme all’iridio può avere anche l’impero. Povero Cleon, che chiamava Riose il suo onesto generale. Mio caro mercante, lei si è guadagnato il suo denaro.»
Lanciò i biglietti in aria e Devers si precipitò a raccoglierli.
Il signore Brodrig guardò il mercante. «Vorrei ricordarle una cosa. Questi miei due amici con la pistola non hanno orecchie né lingua, e neppure educazione o intelligenza. Non ascoltano, non parlano, non sanno scrivere e una sonda psichica, da loro, non ricaverebbe nulla. Però sono degli esperti in ogni genere di esecuzioni. Io l’ho comprata per centomila crediti. È tenuto a valerli. Se dovesse dimenticare di essere stato comprato da me e tentasse di ripetere la nostra conversazione a Riose, verrebbe ucciso, secondo un mio sistema particolare.»
Senza rispondere Devers precedette le guardie del corpo armate e si diresse verso la sua cella.
Due mesi di guerra difficile avevano lasciato la loro impronta su Bel Riose. Era sempre scuro in faccia e perdeva facilmente la calma.
Si rivolse al sergente Luk in tono secco e impaziente. «Aspetta fuori, soldato. Condurrai questi uomini ai loro quartieri quando avrò finito. Nessuno deve entrare finché non chiamerò io. Nessuno, capito?»
Il sergente salutò, rigido sull’attenti, e uscì. Riose, con aria disgustata, raccolse i fogli che ingombravano la scrivania e li buttò nel primo cassetto chiudendolo con una manata.
«Si sieda pure» disse ai due che aspettavano. «Non ho molto tempo da perdere. Per la verità non dovrei affatto trovarmi qui, ma avevo bisogno di vederla.»
Si rivolse a Ducem Barr, che stava accarezzando sovrappensiero un cubo di cristallo nel quale era raffigurato il volto austero di sua maestà Cleon II.
«Come prima cosa, patrizio,» disse il generale «devo comunicarle che il suo amato Seldon sta perdendo. Bisogna ammettere che si batte bene; questi uomini della Fondazione si lanciano all’attacco come vespe impazzite e combattono con coraggio. Ogni pianeta è difeso fino all’ultimo, e anche una volta conquistati, continue ribellioni rendono molto difficile l’occupazione. Ma poco a poco cedono e siamo in grado di controllare la situazione. Il suo amico Seldon sta perdendo.»
«Ma non ha ancora perso» mormorò Barr sottovoce.
«La Fondazione stessa pare meno ottimista. Mi hanno offerto milioni perché firmassi la pace.»
«Così corre voce.»
«Vedo che le notizie non tardano a diffondersi. Conosce anche l’ultima novità?»
«E quale sarebbe?»
«Brodrig, il pupillo dell’imperatore, è diventato ora comandante in seconda.»
«Comandante in seconda?» intervenne Devers. «E come mai? Comincia a piacerle, l’amico?»
«No di certo» replicò Riose con calma. «Il fatto è che ha comperato il suo incarico a un prezzo che a me è parso sufficiente.»
«Quanto ha pagato?»
«Ha chiesto i rinforzi all’imperatore.»
Devers sorrise. «E così s’è messo in comunicazione con l’imperatore? Dunque, lei aspetta i rinforzi. Verranno da un giorno all’altro, vero?»
«Non proprio, sono già arrivati. Cinque astronavi da guerra in perfetta efficienza e con un messaggio personale di congratulazioni dell’imperatore. Altre astronavi sono già in viaggio. Che cosa le succede, mercante?» chiese il generale in tono ironico.
«Niente!» rispose Devers a denti stretti.
Riose avanzò verso il mercante impugnando con forza il fulminatore.
«Mi dica cosa c’è che non va, mercante. La notizia sembra averla sconvolta. Non credo proprio che cominci a interessarsi alla sorte della Fondazione.»
«Infatti.»
«Eppure il suo atteggiamento non è molto chiaro.»
«Davvero, capo?» Devers sorrise mentre stringeva i pugni nelle tasche. «Mi dica cosa c’è che non va e io cercherò di chiarirle ogni dubbio.»
«Per esempio, lei è stato catturato troppo facilmente. Si è arreso al primo colpo. È stato pronto a tradire il suo mondo, senza ottenere nulla in cambio. Interessante, non le pare?»
«Mi piace stare dalla parte del vincitore, capo. Sono una persona di buon senso, l’ha detto lei stesso.»
Riose stava cominciando a perdere la calma. «È vero. Eppure, dopo di lei, nessun altro mercante è stato catturato. Le astronavi degli altri mercanti, se volevano, sono sempre state in grado di fuggire. Lo schermo protettivo delle piccole astronavi mercantili ha dimostrato di sopportare qualsiasi colpo inferto da un incrociatore leggero. E tutti gli altri, quando hanno deciso di accettare battaglia, hanno sempre lottato fino alla morte. C’erano invariabilmente dei mercanti, a capo di ogni rivolta nei paesi occupati o alla testa dei commandos che attaccavano all’improvviso le nostre retrovie.
«Lei quindi sarebbe l’unico uomo di buon senso? Non ha combattuto né è fuggito, ma è diventato un traditore senza subire particolari pressioni. Il suo atteggiamento è veramente unico, tanto unico da sembrare sospetto.»
«Capisco che cosa intende dire,» rispose Devers con calma «ma non ha prove contro di me. Sono qui da sei mesi e mi sono sempre comportato bene.»
«Anche questo è vero, e io l’ho ripagata con un buon trattamento. Ho lasciato la sua astronave intatta e non credo si possa lamentare. Eppure la sua collaborazione è stata minima. Se mi avesse fornito alcune informazioni sul funzionamento degli oggetti che vende, la cosa mi sarebbe stata utile. I principi atomici con i quali sono stati costruiti sono gli stessi di alcune delle armi più pericolose della Fondazione. Non è vero, forse?»
«Sono solo un mercante e non un tecnico qualificato. Io vendo la merce, non la fabbrico.»
«Bene, lo scopriremo tra breve. Per questo sono venuto fin qui. Per esempio, abbiamo perquisito l’astronave per trovarvi un campo protettivo individuale. Lei non ne ha mai indossato uno; eppure tutti i soldati della Fondazione ne possiedono per lo meno un esemplare. Sarà interessante vedere che risposta mi darà questa volta.»
Non vi fu una risposta e il generale continuò: «E raccoglierò altre prove. Ho qui con me una sonda psichica. Tempo fa non funzionava, ma stando a contatto con il nemico si imparano molte cose».
Il tono della sua voce era minaccioso e Devers sentì la canna del fulminatore premergli contro le costole.
«Ora si toglierà il bracciale» intimò Riose «e tutti gli ornamenti metallici e me li consegnerà. Lentamente! I campi atomici possono essere deviati, questo lo sa, e la sonda psichica può dare risultati negativi. Ecco, così va bene. Li prenderò io.»
Il ricevitore del generale che era sulla scrivania si accese e una capsula contenente un messaggio ne balzò fuori di scatto, proprio vicino a Barr che ancora reggeva in mano il busto tridimensionale dell’imperatore.
Riose si avvicinò alla scrivania, sempre con l’arma puntata. «Anche lei, patrizio» disse rivolto a Barr. «Il suo bracciale la condanna. Un tempo mi è stato utile e io non sono vendicativo, ma giudicherò la sorte della sua famiglia dai risultati della sonda psichica.»
Mentre Riose si piegava per raccogliere la capsula, Barr sollevò il cubo di cristallo e lentamente, con precisione, lo calò sulla testa del generale.
Tutto avvenne talmente in fretta che Devers rimase sconcertato. Era come se una forza demoniaca si fosse impossessata del vecchio.
«Fuori» disse Barr con un bisbiglio. «Presto!» Afferrò il fulminatore che Riose aveva lasciato cadere e lo nascose sotto la giacca.
Il sergente Luk si girò mentre i due uscivano dalla porta in silenzio.
«Cammina, sergente» disse Barr.
Devers si chiuse la porta dietro le spalle.
Il sergente Luk li condusse in silenzio ai loro quartieri, quindi, dopo una breve pausa, riprese a camminare; la canna del fulminatore gli premeva sul fianco, e una voce dura bisbigliò: «All’astronave del mercante».
Devers superò il sergente e aprì il portello mentre Barr gli diceva: «Rimani dove sei, Luk. Tu sei un brav’uomo e non abbiamo intenzione di ucciderti».
Ma il sergente riconobbe il monogramma sul calcio della pistola. «Avete ucciso il generale!» gridò.
Urlando frasi incoerenti si gettò a corpo morto contro l’arma e cadde a pochi metri da Barr, straziato.
L’astronave mercantile si sollevò dal pianeta prima che fosse lanciato l’allarme. I due videro diverse forme scure sollevarsi dal suolo e lanciarsi all’inseguimento.
Devers sorrideva. «Tieniti forte, Barr... e vediamo se ce la fanno a starmi dietro.»
Sapeva perfettamente che era impossibile.
Una volta raggiunto lo spazio aperto, la voce del mercante sembrò lontana e triste. «La storia che ho raccontato a Brodrig era troppo allettante. A quanto pare, ha deciso di mettersi d’accordo con il generale.»
L’astronave continuò la sua corsa fra le stelle della galassia.