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Il Piano Seldon
MATEMATICA ... La sintesi del calcolo di n-variabili e di n-geometrie dimensionali è la base di quello che Seldon una volta chiamò “la mia piccola algebra dell’umanità”...
ENCICLOPEDIA GALATTICA
Prendiamo in considerazione una stanza.
Dove si trovi non ha importanza. È sufficiente dire che in quella stanza, più che in ogni altro luogo, esisteva la Seconda Fondazione.
Per secoli era stata il ricettacolo della scienza pura, e tuttavia mancava degli strumenti che da millenni si trovano in ogni laboratorio scientifico. La disciplina a cui si interessavano i suoi occupanti aveva a che fare con puri concetti matematici, in forma simile alle speculazioni delle antiche razze che erano vissute nei tempi preistorici, prima che la tecnologia facesse la sua comparsa; prima che l’umanità popolasse la galassia partendo da un singolo mondo ora ignoto.
Nella stanza, protetto da una scienza mentale così inaccessibile che tutta la potenza fisica del resto della galassia non sarebbe bastata ad attaccarlo, si trovava il radiante primario che conteneva l’intero Piano Seldon.
Adesso c’era anche un uomo: il primo oratore.
Era il ventesimo della serie di capi guardiani del Piano, e il titolo gli derivava semplicemente dal fatto che durante le assemblee era il primo a prendere la parola.
Il suo predecessore aveva sconfitto il Mulo ma i danni causati al Piano Seldon non erano stati del tutto riparati. Da venticinque anni lui e la sua amministrazione avevano cercato di ricondurre una galassia di esseri umani stupidi e testardi nella traccia prefissata. Era un’impresa difficilissima.
Il primo oratore sollevò lo sguardo verso la porta che si apriva. Solo nella stanza, stava pensando a quel quarto di secolo di sforzi, che ora inevitabilmente s’avvicinavano all’apice. Considerò il nuovo venuto con interesse. Era un giovane studente, uno di quelli che un giorno sarebbero succeduti a lui.
Il giovane rimase incerto sulla soglia, così che il primo oratore fu costretto ad andargli incontro e a farlo entrare posandogli una mano sulla spalla.
Lo studente sorrise, timido, e il primo oratore disse: «Prima devo spiegarti perché ti trovi qui».
Erano ora uno di fronte all’altro, separati da una scrivania. Entrambi parlavano in maniera comprensibile soltanto per un uomo della Seconda Fondazione.
La parola, originariamente, era il mezzo attraverso il quale l’uomo aveva imparato imperfettamente a trasmettere i pensieri e le emozioni della sua mente. Creando suoni e combinazioni di suoni per rappresentare certi impulsi mentali, aveva sviluppato un metodo di comunicazione. Ma quel sistema era insufficiente a rappresentare tutte le delicate sfumature del pensiero umano.
Questa imperfetta capacità di comunicazione provocò conseguenze disastrose. Tutte le sofferenze che gli uomini dovettero sopportare nella storia della galassia erano dovute in gran parte alla difficoltà di comunicazione tra loro. Ogni essere umano vive racchiuso in una completa solitudine. Di quando in quando ci furono tentativi di avvicinarsi l’un l’altro, ma avendo provato fin dall’infanzia il terrore e l’insicurezza dell’isolamento completo, si credettero nemici e si combatterono in modo selvaggio.
Per decine di migliaia d’anni l’uomo è stato costretto a strisciare i piedi nel fango, pur possedendo una mente capace di concepire i più alti ideali.
Con tenacia l’uomo ha cercato di spezzare le catene a cui lo costringeva la parola. La semantica, la logica simbolica, la psicanalisi, sono stati tutti tentativi per raggiungere una migliore comprensione e aggirare l’ostacolo della parola.
Poi la psicostoria permise lo sviluppo della scienza mentale rappresentandola per mezzo di formule matematiche. Si compresero la neuropsicologia e l’elettrochimica del sistema nervoso, che derivano dalla forza nucleare, e fu allora possibile sviluppare veramente la psicologia. E attraverso la generalizzazione della conoscenza psicologica dall’individuo alla massa, venne matematicizzata persino la sociologia.
I gruppi più grandi, i miliardi di abitanti dei pianeti, i trilioni che occupavano i settori, i quadrilioni che abitavano l’intera galassia, divennero non solo semplici esseri umani, ma gigantesche forze capaci di essere guidate statisticamente. Così Hari Seldon riuscì a vedere il futuro in modo chiaro e inevitabile, e il progetto poté essere varato.
Era la stessa scienza mentale che aveva dato origine al Piano Seldon che rendeva ora inutile al primo oratore servirsi della parola per mettersi in contatto con lo studente.
Ogni reazione a uno stimolo, per quanto insignificante, indicava il cambiamento che si verificava nella mente dell’altro. Il primo oratore non avrebbe potuto per istinto avvertire il contenuto emotivo dello studente, come invece avrebbe potuto fare il Mulo – perché il Mulo era un mutante dotato di poteri incomprensibili per la mente di un uomo normale e persino per un uomo della Seconda Fondazione –, ma riusciva tuttavia a dedurlo grazie a uno speciale e intenso allenamento.
Ma poiché è impossibile in una società basata sulla parola spiegare chiaramente i metodi di comunicazione che usavano tra loro gli uomini della Seconda Fondazione, ignoreremo del tutto la cosa. Tradurremo in parole il dialogo tra il primo oratore e lo studente, anche se la traduzione non potrà essere sempre completamente fedele.
Immagineremo quindi che il primo oratore abbia effettivamente detto: «Innanzitutto devo spiegarti perché ti trovi qui».
Il primo oratore proseguì: «Tu hai studiato la scienza mentale nel corso della tua intera esistenza e hai appreso tutto quello che i tuoi insegnanti sono stati capaci di comunicarti. È tempo che tu e pochi altri tuoi compagni cominciate l’apprendistato per diventare oratori».
L’altro sembrò agitarsi sulla sedia.
«No... devi accogliere le mie parole con calma. Tu hai sperato di esserti qualificato. Hai temuto di non riuscirci. E in verità sia il timore sia la speranza sono debolezze. Tu sapevi che saresti riuscito e ora esiti ad ammettere il fatto perché ti dimostreresti troppo presuntuoso e di conseguenza impreparato. Sciocchezze. Il più stupido degli uomini è colui che non si rende conto di essere saggio. Sei stato scelto anche perché sapevi di riuscire.»
Lo studente si rilassò.
«Ora ti senti meglio e non sei più sulla difensiva. Sei più pronto a concentrarti e a comprendere. Ricorda di essere sempre sincero, è inutile cercare di difendere i tuoi pensieri perché questo è impossibile con una persona allenata al dialogo emotivo. La mia mente è completamente aperta a te. Facciamo in modo che lo scambio sia reciproco.
«Non è facile diventare un oratore. Non è affatto facile nemmeno essere uno psicostorico; e neppure il migliore degli psicostorici è necessariamente un oratore qualificato. Esiste infatti una distinzione. Un oratore non deve soltanto rendersi conto delle complicazioni matematiche del Piano Seldon, deve provare anche un amore profondo per il Piano e per le sue finalità. Esso deve essere per lui la sua vita e il suo respiro. E inoltre deve considerarlo come un amico vivente. Sai che cosa è questo?» Il primo oratore indicò con la mano il cubo nero e lucido al centro della scrivania.
«No, non lo so.»
«Hai mai sentito parlare del radiante primario?»
«È questo?» domandò lo studente meravigliato.
«Ti aspettavi di vedere qualcosa di più imponente e spettacolare? È naturale. Fu creato all’epoca del Vecchio impero dagli uomini di Seldon. Ci ha servito per quasi quattrocento anni, senza che dovessimo mai ripararlo. E fortunatamente non si è mai guastato, perché nessuno della Seconda Fondazione sarebbe capace di aggiustarlo.» Sorrise gentilmente. «Quelli della Prima Fondazione forse sarebbero capaci di costruirne uno esattamente uguale, ma non dovranno mai conoscerne l’esistenza.»
Abbassò una leva dal suo lato della scrivania e la stanza piombò nel buio. Ma fu solo per un istante, perché a poco a poco le ampie pareti della stanza si illuminarono. Dapprima assunsero una colorazione madreperlacea, poi apparvero tracce scure qua e là, infine comparvero le equazioni stampate nitidamente, con qualche linea in rosso che interrompeva ogni tanto la lunga fila di equazioni scritte in nero.
«Vieni, ragazzo, mettiti pure in piedi davanti al muro. Non c’è pericolo di creare ombra. La luce che viene proiettata dal radiante primario non è come le altre. Se devo dirti la verità, non so nemmeno vagamente come si possa ottenere questo effetto. Ma so che non proietterai ombre sul muro.»
Erano in piedi davanti al muro. Ogni parete misurava dieci metri di lunghezza per cinque di altezza. Era tutto scritto in caratteri minuscoli che coprivano ogni centimetro di parete.
«Questo non è l’intero Piano» disse il primo oratore. «Per trascriverlo tutto sui due muri, le equazioni individuali dovrebbero essere ridotte a proporzioni microscopiche, ma non è necessario. Quello che vedi rappresentato è il Piano come s’è sviluppato fino a ora. Tu hai studiato bene questa parte, vero?»
«Sì, oratore.»
«Ne riconosci qualche punto?»
Senza rispondere lo studente puntò un dito sul muro per indicare un’equazione e in seguito a quel semplice gesto l’equazione indicata scese lentamente lungo la parete fino a fermarsi a livello degli occhi.
Il primo oratore sorrise. «Scoprirai che il radiante primario è sintonizzato sulla tua mente. Avrai ben altre sorprese da questo piccolo strumento. Che cosa stavi per dirmi sull’equazione che hai scelto?»
«Si tratta di un integrale rigelliano, che si basa su una distribuzione planetaria di una materia indicante la presenza di due classi economiche principali sul pianeta, o forse nel settore, più uno schema emotivo instabile.»
«E che cosa significa tutto questo?»
«Rappresenta il limite della tensione, perché qui,» e lo studente indicò di nuovo con il dito mentre l’equazione si spostava «abbiamo una serie convergente.»
«Bene. E ora, dimmi, che cosa ne pensi di tutto ciò? Ti pare un’opera d’arte finita?»
«Certo!»
«Ti sbagli, invece! Non è così. Questa è la prima cosa che devi imparare. Il Piano Seldon non è né completo, né corretto. È solo quanto di meglio poteva essere fatto a quei tempi. Più di una dozzina di generazioni di uomini hanno analizzato queste equazioni, ci hanno lavorato sopra, le hanno divise fino all’ultimo decimale e le hanno quindi ricomposte. Ma hanno fatto ben più di questo. Hanno potuto vedere svolgersi ben quattrocento anni del Piano e, contro ogni predizione o equazione matematica, hanno potuto controllare la realtà, e hanno imparato. Hanno appreso molto più di quanto Seldon non avesse potuto e, se noi con le nozioni che abbiamo accumulato per secoli dovessimo ripetere il lavoro di Seldon, riusciremmo di sicuro a ottenere un risultato migliore. Hai capito?»
Lo studente sembrava sbalordito.
«Prima che tu possa ottenere il titolo di oratore» continuò il primo oratore «devi dare un contributo originale al Piano. Non si tratta di sacrilegio. Ogni segno rosso che tu vedi sul muro è il contributo di tutti gli uomini che hanno vissuto da Seldon fino a noi. Per esempio...» e guardò verso l’alto «ecco là!»
Tutto il muro sembrò abbassarsi improvvisamente.
«Questo» proseguì «è il mio contributo.» Un cerchio rosso circondava due frecce incrociate e racchiudeva due metri quadrati di scrittura nera. Nello spazio libero c’era una serie di equazioni in rosso.
«Non sembra molto» disse il primo oratore. «Questa parte del Piano si realizzerà fra quattrocento anni. Sarà un periodo delicato, quando il Secondo impero, in via di costituzione, verrà conteso da personalità rivali che minacceranno di dividerlo se avranno forze sufficienti per farlo, o di irrigidirlo sterilmente se nessuno riuscirà a prendere il sopravvento sull’altro. In questo punto sono valutate ambedue le possibilità e il metodo per superare la crisi. C’è poi una terza eventualità, anche se le probabilità sono piuttosto basse, il dodici virgola sessantaquattro per cento per l’esattezza, ma avvenimenti a percentuali ben inferiori si sono già verificati nel Piano che, d’altra parte, è completo solo per il quaranta per cento. Questa eventualità consiste nel possibile compromesso tra due o più personalità in conflitto. Ho dimostrato che un avvenimento del genere bloccherebbe lo sviluppo del Piano e procurerebbe danni molto peggiori delle guerre civili. Fortunatamente siamo riusciti a evitare tutto ciò. Questo è il mio contributo.»
«Permetta che la interrompa, oratore. Come si procede per un cambiamento del genere?»
«Attraverso l’intervento del radiante. Scoprirai, per esempio, che le tue equazioni saranno controllate rigorosamente da cinque diversi comitati; dopo di che sarai costretto a difenderle contro un attacco senza pietà. Quindi si lasceranno trascorrere due anni e il tuo contributo sarà controllato di nuovo. È accaduto più di una volta che lavori in apparenza perfetti si siano dimostrati errati dopo mesi oppure anni d’introduzione nel Piano. Qualche volta capita che sia quello stesso che ha proposto l’innovazione a scoprirne l’errore. Se dopo due anni e un altro esame non meno dettagliato del primo, le teorie sono ancora valide, o meglio, se l’innovazione del giovane scienziato mette in luce nuovi particolari ed è dimostrata con ulteriori prove, quel contributo sarà aggiunto al Piano. È stato l’apice della mia carriera e lo sarà anche per te. Il radiante primario può essere regolato con la tua mente e tutte le correzioni o le aggiunte possono essere fatte attraverso un condotto mentale. Non ci sarà nulla che indicherà che la correzione è stata fatta da te. In tutta la storia del Piano non sono mai stati ammessi meriti personali. È una creazione di noi tutti. Capisci?»
«Sì, oratore.»
«Ma adesso cambiamo argomento.» Si avvicinò al tavolo sul quale era posato il radiante; le equazioni scomparvero e i muri tornarono mentre la luce si riaccendeva in mezzo alla stanza. «Siediti qui accanto alla mia scrivania e ascolta alcune cose. Per uno psicostorico è sufficiente conoscere la biostatistica e l’elettromatematica neurochimica. Alcuni non conoscono altro e perciò sono impiegati come tecnici statistici. Ma un oratore deve saper discutere del Piano senza matematica. O, se non del Piano vero e proprio, per lo meno della sua filosofia e dei suoi scopi.
«Innanzitutto, qual è il fine del Piano? Per favore, dimmelo in parole tue e non ti far prendere da sentimentalismi. Non sarai giudicato, te l’assicuro, per l’esposizione dei tuoi pensieri.»
Era la prima volta che lo studente si sarebbe potuto esprimere con più di qualche sillaba, e lui esitò prima di lanciarsi. «Dagli studi svolti,» disse diffidente «credo che il fine del Piano sia quello di creare una civiltà umana con un orientamento assolutamente diverso da quelli esistiti precedentemente. Un orientamento che, secondo la psicostoria, non avrebbe mai potuto nascere spontaneamente...»
«Fermati!» lo interruppe il primo oratore senza esitare. «Non devi dire “mai”. In tal modo sorvoli troppo comodamente sull’argomento. In effetti la psicostoria predice solo probabilità. Un determinato evento può essere anche solo infinitesimamente probabile, ma quella probabilità è sempre maggiore di zero.»
«Sì, oratore. L’orientamento in questione, se mi permette la correzione, non possiede probabilità significative di verificarsi spontaneamente.»
«Così va meglio. Qual è l’orientamento?»
«È quello di una civiltà basata sulla scienza mentale. Nella storia dell’umanità si è avuto soprattutto un progresso tecnico, cioè nella capacità di dominare il mondo inanimato che ci circonda. Il controllo dell’io e della società sono stati lasciati al caso o alle vaghe direttive di alcuni sistemi etici intuitivi, basati sull’ispirazione e sull’emotività. Il risultato è che nessuna civiltà ha mai posseduto una stabilità con percentuale superiore al cinquanta per cento, e solo a prezzo di grandi sacrifici per l’umanità.»
«E perché l’orientamento di cui parliamo non è spontaneo?»
«Perché la grande maggioranza degli esseri umani possiede requisiti mentali che le permettono di prendere parte al progresso della tecnica, e di conseguenza tutti ne ricevono immediati e visibili vantaggi. Solo una minoranza insignificante, intellettualmente superiore, è capace di guidare l’uomo attraverso le notevoli difficoltà della scienza mentale, i cui benefici, pur durando più a lungo, sono meno comprensibili e appariscenti. Ma è possibile che ciò provochi una dittatura di tale minoranza e che, pur a buon fine, crei divisioni fra gli uomini. Non si può escludere che questa sottospecie che si sarebbe creata si ribelli e debba essere dominata con la forza, il che abbasserebbe l’umanità al livello dei bruti. Tale soluzione è per noi ripugnante e deve essere esclusa.»
«Qual è dunque la soluzione?»
«Il Piano Seldon. Grazie a esso sono state create le condizioni opportune affinché in mille anni, che ora sono diventati solo seicento, si formi un Secondo impero galattico nel quale l’umanità potrà essere guidata dalla scienza mentale. Nel medesimo intervallo di tempo, la Seconda Fondazione si svilupperà e preparerà un gruppo di psicologi capaci di assumere la guida. O, come molte volte io ho immaginato, la Prima Fondazione stabilirà l’unità politica, mentre la Seconda Fondazione costituirà una classe dirigente già preparata.»
«Capisco. Il ragionamento mi pare giusto. Tu pensi che qualsiasi Secondo impero costituitosi nello spazio di tempo stabilito da Seldon sarebbe capace di soddisfare il Piano?»
«No, oratore, non lo credo. Parecchi secondi imperi possono formarsi nello spazio di settecento o novecento anni, ma solo uno di essi è il Secondo impero.»
«E perché, secondo te, è necessario che l’esistenza della Seconda Fondazione sia tenuta nascosta, soprattutto alla Prima Fondazione?»
Lo studente cercò di trovare un significato recondito nella domanda, senza riuscirci. «Per la medesima ragione» rispose preoccupato «per la quale i particolari del Piano devono essere tenuti nascosti all’umanità in generale. Le leggi della psicostoria sono di natura statistica e si annullano se le azioni degli individui non sono lasciate al caso. Se gli uomini apprendessero le caratteristiche del Piano non si comporterebbero più in modo naturale. È uno degli assiomi della psicostoria. Ciò significa che le loro azioni non sarebbero più prevedibili. Mi scusi, oratore, ma sento che la mia risposta non è soddisfacente.»
«È bene che tu te ne renda conto. La tua risposta, infatti, è molto incompleta. È la Seconda Fondazione che deve rimanere nascosta, non il Piano. Il Secondo impero non si è ancora formato. La società è costituita ancora in modo tale che non riuscirebbe a sopportare una classe dirigente di psicologi, e anzi ne avrebbe timore e la combatterebbe con tutte le sue armi. Mi capisci?»
«Sì, oratore, capisco. Di questo non mi è stato mai detto nulla.»
«Non cercare di scusarti. Nessuno te l’ha mai spiegato, ma avresti potuto dedurlo da solo. Ora noi due insieme studieremo questo e altri punti durante il periodo del tuo apprendistato. Ci rivedremo fra una settimana. Nel frattempo vorrei che esaminassi un problema ben preciso che ora ti sottoporrò. Non pretendo una trattazione rigorosamente matematica. Un esperto ci impiegherebbe un anno e non potrai riuscirci certo in una settimana. Voglio almeno un’indicazione, una traccia.
«Siamo di fronte a una diversione del Piano avvenuta circa mezzo secolo fa» continuò il primo oratore. «I necessari dettagli sono inclusi. Noterai che la traccia seguita dalla realtà si allontana da tutte le predizioni. Tu dovrai calcolare quanto tempo abbiamo a disposizione per correggerla prima che sia troppo tardi. Mi dirai inoltre le conseguenze finali nel caso non fosse più possibile correggerla e che cosa sarebbe più opportuno fare nel caso si verificasse questa eventualità.»
«Perché mi pone proprio questo problema, oratore?» chiese lo studente sorpreso. «Di sicuro non si tratta di una semplice esercitazione accademica.»
«Bravo ragazzo. Sei stato più pronto di quanto mi aspettassi. Il problema non è semplicemente teorico. Quasi mezzo secolo fa comparve nella storia il Mulo e ciò costituì per dieci anni il più importante avvenimento della galassia. Lui provocò una diversione del Piano che, pur non essendo prevista, non fu irrimediabile. Per fermarlo prima che le sue azioni diventassero fatali, siamo stati costretti a intervenire direttamente contro di lui e a rivelare non solo la nostra esistenza, ma anche parte dei nostri poteri. La Prima Fondazione seppe di noi e da allora le loro azioni sono basate su quella scoperta. Osserva adesso il problema sotto entrambi i punti. Naturalmente non parlerai con nessuno di quello che ti sto dicendo.»
Ci fu una pausa piena di tensione mentre lo studente a poco a poco si rendeva conto della situazione. «Allora il Piano Seldon è fallito!»
«Non ancora. Ma potrebbe accadere. Le probabilità di successo sono del ventuno virgola quattro per cento, secondo gli ultimi calcoli.»