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Sotto alcuni aspetti Wye poteva essere considerata puritana. (Ciò valeva per tutti i settori, anche se la particolare rigidità di un settore poteva essere completamente diversa dalla rigidità di un altro.) A Wye le bevande sintetiche erano rigorosamente prive di alcol, ma erano anche progettate per stimolare in altri modi. Raych non gradiva molto quel genere di sapori, essendo del tutto nuovo a essi, ma questo gli consentiva di sorseggiare lentamente e di guardarsi intorno.
Colse l’occhiata di una ragazza seduta a diversi tavolini di distanza e, per un attimo, fece fatica a distogliere lo sguardo. Era molto attraente e chiunque avrebbe capito che Wye non era puritana sotto ogni aspetto. I loro occhi rimasero agganciati e, dopo qualche istante, la donna fece un leggero sorriso e si alzò. Si avvicinò lentamente al tavolo di Raych, mentre lui la osservava pensieroso. In quel momento non poteva certo (pensò con profondo rimpianto) permettersi un’avventura di quel genere.
Raggiunto Raych, la ragazza si fermò per un momento e poi scivolò dolcemente su una sedia vicina.
«Salve» gli disse. «Non hai l’aria di un cliente abituale.»
Raych sorrise. «Non lo sono. Conosci tutti i clienti abituali?»
«Più o meno» rispose lei senza ombra di imbarazzo. «Mi chiamo Manella. E tu?»
Il rimpianto di Raych si fece più accentuato. Lei era alta, più di lui se Raych non avesse avuto quei tacchi rinforzati – e questa era una cosa che lui trovava sempre attraente –, con una carnagione lattea e lunghi, morbidi capelli dai riflessi di un rosso cupo. Il suo abbigliamento non era troppo vistoso e avrebbe potuto, con qualche sforzo, passare per una donna rispettabile della classe lavoratrice (ma che non lavorava troppo duramente).
«Il mio nome non ha importanza. Non ho molti crediti.»
«Oh. Peccato.» Manella fece una smorfia. «Puoi trovarne?»
«Magari. Cerco un lavoro. Sai consigliarmi qualcosa?»
«Che tipo di lavoro?»
Raych fece spallucce. «Non ho esperienza in niente di molto complicato, ma non vado per il sottile.»
Lei lo fissò pensierosa. «Ti dirò una cosa, signor Senzanome. A volte non servono molti crediti.»
Raych si raggelò all’istante. Aveva sempre avuto un discreto successo con le donne, ma con i suoi baffi. Cosa poteva trovarci Manella in un viso da bambino?
«Ti dirò anch’io una cosa» disse Raych. «Avevo un amico che alloggiava qui un paio di settimane fa e non riesco a trovarlo. Visto che conosci tutti i clienti abituali, forse ti ricordi di lui. Si chiama Kaspalov.» Alzò leggermente il tono della voce. «Kaspal Kaspalov.»
Lei lo guardò con occhi vacui e scosse il capo. «Non conosco nessuno con questo nome.»
«Peccato. Era un joranumita, e lo sono anch’io.» Di nuovo un’occhiata vacua di Manella. «Sai cos’è un joranumita?»
Lei scosse il capo. «No. Ho già sentito questa parola ma non so cosa significa. È una specie di professione?»
Raych si sentì deluso e disse: «Ci vorrebbe troppo tempo per spiegartelo».
Suonò come un congedo e, dopo qualche attimo di incertezza, lei si alzò per allontanarsi. Non gli sorrise e Raych si stupì del fatto che fosse rimasta così a lungo al suo tavolo.
(Be’, Seldon sosteneva sempre che lui era capace di ispirare affetto, ma di sicuro ciò non riguardava le donne impegnate in quel genere d’affari. Per loro, il pagamento era la cosa più importante.)
I suoi occhi seguirono automaticamente Manella mentre si fermava a un altro tavolo, dove sedeva un uomo da solo. Doveva essere appena entrato nella mezz’età e aveva capelli gialli come il burro, pettinati lisci all’indietro. Il suo viso era perfettamente rasato, ma Raych ebbe l’impressione che gli sarebbe servita una barba, con quel mento troppo sporgente e un po’ asimmetrico.
Apparentemente, anche con lui Manella non ebbe miglior fortuna. Scambiarono poche parole e lei si spostò altrove. Peccato, ma senz’altro non doveva succederle di frequenta. Era una donna piuttosto desiderabile.
Si ritrovò a pensare, in modo del tutto involontario, a come sarebbero andate le cose se lui, dopotutto, avesse... e a un tratto si accorse che qualcun altro si era seduto al suo tavolo. Stavolta era un uomo. Anzi, era proprio il tizio con il quale Manella aveva appena parlato. Raych rimase sbalordito, soprattutto perché i pensieri nei quali era sprofondato avevano consentito all’uomo di avvicinarsi fino a quel punto e, in pratica, di coglierlo di sorpresa. Non poteva permettersi quel genere di rischio.
L’uomo lo guardò con una punta di curiosità negli occhi. «Hai appena parlato con una mia amica.»
Raych non poté trattenere un largo sorriso. «È una persona cordiale.»
«Sì, è vero. Ed è un’ottima amica. Non ho potuto fare a meno di sentire quello che le hai detto.»
«Non c’era nulla di male, mi pare.»
«Oh, nulla, ma ho sentito che saresti un joranumita.»
Il cuore di Raych prese a battere più forte. Alla fine, con quella frase aveva fatto centro. Per lei non significava nulla, ma sembrava voler dire qualcosa per il suo “amico”.
Questo voleva dire che lui adesso era sulla buona strada? Oppure che si trovava nei guai?