28

«Wanda, mia cara, cos’è che ti assorbe tanto?» chiese Hari Seldon entrando nell’ufficio di sua nipote all’Università di Streeling. In realtà quella stanza era stata l’ufficio di un altro brillante matematico, Yugo Amaryl, la cui morte aveva lasciato un vuoto spaventoso nel Progetto Psicostoria. In anni più recenti, fortunatamente, Wanda aveva preso via via il ruolo di Yugo, perfezionando sempre più il radiante primario.

«Be’, sto lavorando a un’equazione nel quadrante 33A2D17. Vedi, ho ricalibrato questa sezione prendendo in considerazione il quoziente standard I.» Indicò una macchia violetta e lucente sospesa a mezz’aria davanti al suo viso «Ecco! Proprio come pensavo, o almeno credo.» Fece un passo indietro e si stropicciò gli occhi.

«Che cos’è, Wanda?» Hari si avvicinò per studiare i calcoli. «Si direbbe l’equazione di Terminus eppure è il suo inverso, non è vero?»

«Sì, nonno. Vedi, nell’equazione di Terminus i numeri non funzionavano molto bene. Stai a guardare.» Wanda toccò un contatto in una nicchia sul muro e un’altra macchia si illuminò di rosso vivo sul lato opposto della stanza. Seldon e Wanda si avvicinarono per esaminarla. «Vedi come adesso tutto si incastra perfettamente, nonno? Ho impiegato settimane per farla diventare così.»

«Come ci sei riuscita?» chiese Hari, ammirando le linee dell’equazione, la sua logica, la sua eleganza.

«Da principio mi sono concentrata sull’equazione solo da questo capo. Ho escluso tutto il resto. Per riuscire a far funzionare Terminus, concentrati su Terminus: sembra la cosa più logica, non trovi? Poi però mi sono resa conto che non potevo semplicemente introdurre questa equazione nel sistema del radiante primario e aspettarmi che si amalgamasse da sola con il resto, come se non fosse successo nulla. Un inserimento in un punto comporta uno spostamento da qualche altra parte. Un peso ha bisogno di un contrappeso.»

«Credo che il concetto al quale ti riferisci sia ciò che gli antichi chiamavano yin e yang.»

«Sì, più o meno. Yin e yang. Così, vedi, mi sono accorta che per perfezionare lo yin di Terminus dovevo individuare il suo yang. E l’ho fatto laggiù.» Tornò alla macchia violetta, situata sul bordo opposto della sfera formata dal radiante primario. «Non appena ho aggiustato le cifre qui, anche l’equazione di Terminus si è inserita perfettamente. Armonia!» Wanda appariva molto soddisfatta di sé, come se avesse appena risolto tutti i problemi della galassia.

«Affascinante, Wanda. Più tardi devi dirmi che cosa significa questo per il progetto, ma adesso bisogna che tu venga con me all’oloschermo. Pochi minuti fa ho ricevuto un messaggio urgente da Santanni. Tuo padre vuole che ci mettiamo in contatto con lui al più presto.»

Il sorriso di Wanda si spense. I recenti rapporti di combattimenti su Santanni l’avevano già allarmata. Quando erano divenuti esecutivi i tagli al bilancio imperiale, i cittadini dei Mondi esterni avevano sofferto più di chiunque altro. Avendo un accesso limitato ai Mondi interni più ricchi e più popolosi, era diventato sempre più difficile scambiare i loro prodotti con le merci di importazione vitale. I contatti commerciali con Santanni si erano andati via via rarefacendo e il minuscolo mondo si era sentito isolato dal resto dell’impero. Sacche di ribellione si erano create su tutto il pianeta.

«Nonno, spero che vada tutto bene» disse Wanda, e dalla sua voce traspariva la paura.

«Non preoccuparti, cara. Dopotutto, devono essere al sicuro se Raych è riuscito a mettersi in contatto con noi.»

Nell’ufficio di Seldon si misero entrambi di fronte all’oloschermo mentre veniva attivato. Seldon compose un codice sul tastierino a fianco dello schermo, poi attesero per alcuni secondi che si stabilisse il collegamento intragalattico. Lentamente lo schermo sembrò sprofondare dentro la parete come se fosse l’ingresso di una galleria e da essa, in modo dapprima indistinto, uscì la figura familiare di un uomo basso e muscoloso. Con l’affinarsi del collegamento, i lineamenti dell’uomo divennero più chiari. Quando Seldon e Wanda riuscirono a distinguere i folti baffi da dahlita di Raych, la figura prese vita.

«Papà, Wanda!» disse l’ologramma tridimensionale di Raych proiettato su Trantor da Santanni. «Ascoltate, non ho molto tempo.» Fece una smorfia, come colto di sorpresa da un forte rumore. «Qui le cose si sono messe piuttosto male. Il governo provinciale è caduto e un nuovo organismo provvisorio ha preso il potere. Va tutto in rovina, come potete immaginare. Ho appena caricato Manella e Bellis su una ipernave in partenza per Anacreon. Ho detto loro di mettersi in contatto con voi non appena sarebbero arrivate là. Il nome dell’astronave è Arcadia VII.

«Avresti dovuto vedere Manella, papà. Furiosa come non so cosa per il fatto di doversene andare. Sono riuscito a convincerla solo dicendole che era necessario per la sicurezza di Bellis.

«So cosa state pensando, tutti e due. È naturale che sarei andato con loro, se solo avessi potuto. Ma non c’era abbastanza spazio. Non sto a raccontarvi quello che ho dovuto fare per trovare posto per loro.» Qui Raych abbozzò uno di quei suoi sogghigni sghembi che Seldon e Wanda amavano tanto, poi continuò: «Inoltre, visto che sono qui, devo dare una mano a proteggere l’università. Faremo anche parte del sistema universitario imperiale, ma siamo un luogo di studio e di apprendimento, non di distruzione. Ve lo garantisco, se uno solo di quei ribelli fanatici osa avvicinarsi alle nostre apparecchiature...»

«Raych,» lo interruppe Hari «la situazione è davvero così grave? Ti trovi vicino ai combattimenti?»

«Papà, sei in pericolo?» chiese Wanda.

Attesero qualche secondo mentre il loro messaggio attraversava i novemila parsec che li separavano da Raych.

«Non sono riuscito a capire bene quello che avete detto» rispose l’ologramma. «Qui sono in corso degli scontri. È quasi eccitante, per la verità» disse Raych tornando a sogghignare. «Quindi adesso tolgo il contatto. Ricordate, informatevi su cosa è successo all’Arcadia VII diretta verso Anacreon. Mi rifarò vivo appena potrò. Ricordate, io...» ma la trasmissione si interruppe e l’ologramma svanì. La galleria dell’oloschermo si richiuse, lasciando Seldon e Wanda a fissare con occhi vacui una parete nuda.

«Nonno,» disse Wanda «cosa credi che stesse per dire?»

«Non ne ho idea, cara. Ma c’è una cosa che so, ed è che tuo padre sa badare molto bene a se stesso. Non invidio i ribelli che si avvicineranno abbastanza per beccarsi un torci-calcio ben piazzato da tuo padre. Vieni, torniamo all’equazione e fra poche ore ci informeremo sull’Arcadia VII

«Comandante, non ha idea di cosa sia accaduto all’ipernave?» Hari Seldon era di nuovo impegnato in una comunicazione intragalattica, ma questa volta il suo interlocutore era un ufficiale della Marina imperiale di stanza su Anacreon. Per questa comunicazione Seldon si serviva del videoschermo, molto meno realistico della visualizzazione olografica tridimensionale ma assai più semplice.

«Le ripeto, professore, che non ci risulta che questa ipernave abbia chiesto il permesso di entrare nell’atmosfera di Anacreon. Naturalmente le comunicazioni con Santanni sono interrotte da parecchie ore, e anche nell’ultima settimana sono state tutt’al più sporadiche. È possibile che l’astronave abbia cercato di contattarci su un canale controllato da Santanni e non ci sia riuscita, ma ne dubito.

«No, è più probabile che l’Arcadia VII abbia cambiato destinazione. Voreg, forse, o Sarip. Ha provato su uno di questi mondi, professore?»

«No,» rispose Seldon stancamente «ma non vedo perché un’astronave diretta verso Anacreon dovrebbe dirigersi da un’altra parte. Comandante, è della massima importanza che io riesca a localizzare quell’ipernave.»

«Naturalmente,» azzardò l’ufficiale «l’Arcadia VII potrebbe non avercela fatta. A decollare sana e salva, voglio dire. Sul pianeta sono in corso vere e proprie battaglie. Quei ribelli se ne infischiano dei bersagli a cui sparano. Puntano semplicemente i loro laser e si illudono di fare a pezzi l’imperatore Agis. Le assicuro, professore, che qui sull’orlo dell’impero si gioca una partita veramente dura.»

«Mia nuora e mia nipote sono a bordo di quell’ipernave, comandante» disse Seldon con voce tesa.

«Oh, mi dispiace, professore» disse l’ufficiale imbarazzato. «La informerò non appena avrò saputo qualcosa.»

Abbattuto, Seldon spense il videoschermo. Quel militare aveva pensato di poter stupire Seldon, forse di impressionarlo con la sua descrizione della vita “sull’orlo”. Ma Seldon sapeva tutto dell’orlo. E quando l’orlo si staccava, come in un indumento di maglia con un filo sciolto, l’intero indumento avrebbe continuato a disfarsi fino al suo nucleo: Trantor.

Seldon prese coscienza di un tenue suono ronzante. Era il segnale della porta. «Sì?»

«Nonno,» disse Wanda entrando nell’ufficio «ho paura.»

«Perché, tesoro?» chiese Seldon preoccupato. Non voleva ancora dirle ciò che aveva saputo, o non aveva saputo, dall’ufficiale di stanza su Anacreon.

«Di solito, anche se sono molto lontani, io riesco a sentire mamma, papà e Bellis. Li sento qui dentro» indicò la testa «e qui dentro» e mise una mano sul cuore. «Ma adesso, oggi, non li sento. O meglio, li sento meno, quasi si stessero spegnendo, come una delle lampade della cupola. E voglio impedirlo, voglio farli tornare indietro, ma non ci riesco.»

«Wanda, credo che sia solo il frutto della tua preoccupazione per la tua famiglia alla luce dei recenti eventi. Sai che rivolte simili si verificano continuamente in tutto l’impero; piccole eruzioni che servono a scaricare una pressione eccessiva. Ora, se rifletti, ti renderai conto che le probabilità che succeda qualcosa a Raych, Manella o Bellis sono davvero minime. Tuo padre potrebbe chiamare da un giorno all’altro per dirci che tutto va bene; tua madre e Bellis possono atterrare su Anacreon in qualsiasi momento e godersi una breve vacanza. Siamo noi quelli che dovrebbero commiserare, sprofondati fino alle orecchie nel lavoro! Quindi, tesoro, vattene a letto e pensa solo a cose belle. Ti prometto che domani, sotto la cupola soleggiata, le cose ti appariranno molto migliori.»

«Va bene, nonno» disse Wanda, anche se non interamente persuasa. «Ma se domani non avremo notizie, dovremo...»

«Wanda, cosa possiamo fare se non restare in attesa?» chiese Seldon con voce dolce.

Wanda si girò e uscì, le spalle curve che rivelavano il peso delle sue preoccupazioni. Seldon la guardò uscire, consentendo finalmente alle sue preoccupazioni di ritornare a galla.

Erano trascorsi tre giorni dalla trasmissione olografica di Raych. Da allora, più nulla. E oggi, l’ufficiale della Marina su Anacreon negava di aver mai sentito parlare di una ipernave chiamata Arcadia VII.

Seldon aveva già tentato di mettersi in contatto con Raych su Santanni, ma tutti i fasci subeterici erano interrotti. Pareva che Santanni e l’Arcadia VII si fossero semplicemente staccati dall’impero, come due petali da un fiore.

Seldon sapeva cosa gli restava da fare. L’impero poteva essere in declino, ma non era ancora finito. La sua potenza, se controllata da mani esperte, era sempre spaventosa. Seldon inoltrò una chiamata di emergenza all’imperatore Agis XIV.

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