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L’oratore Stor Gendibal, di nuovo a bordo della propria astronave, aveva tutte le ragioni di essere soddisfatto; l’incontro con la Prima Fondazione non era durato a lungo, ma si era rivelato assai produttivo.
Gendibal aveva spedito su Trantor un messaggio che, anche se non esplicitamente, lasciava intendere che la missione era stata un successo. Per il momento bastava che il primo oratore sapesse che tutto era andato bene (e in effetti forse l’aveva già intuito dal fatto che alla fine non c’era stato bisogno di usare le forze complessive della Seconda Fondazione). Sui particolari, pensò, l’avrebbe informato poi.
Gli avrebbe spiegato, una volta su Trantor, come un lieve, impercettibile intervento sulla mente di Harla Branno avesse indotto il sindaco a passare da grandiose mire imperialistiche a mire pratiche, di tipo commerciale; come un lieve intervento a distanza sul capo dell’Unione Sayshell avesse indotto quest’ultimo a domandare al sindaco un abboccamento, e come, in seguito a ciò, si fosse raggiunto tra i due un accordo amichevole, dopo il quale non si era più rivelata necessaria alcuna azione mentalica. Compor, che era tornato su Terminus con la propria astronave, avrebbe fatto in maniera di assicurare che l’accordo fosse mantenuto. Era stata una dimostrazione quasi da manuale del modo in cui minime interferenze potessero portare a grossi risultati.
Quei risultati, Gendibal ne era sicuro, avrebbero messo al tappeto la Delarmi e gli avrebbero garantito la nomina a primo oratore subito dopo la convocazione formale della Tavola.
Non sottovalutava nemmeno l’importanza che aveva avuto la presenza a bordo di Sura Novi, anche se quel fatto, si disse, non andava sottolineato davanti agli oratori. Non solo Novi aveva fortemente contribuito alla sua vittoria, ma con la propria ammirazione incondizionata gli forniva anche, adesso, la scusa per indulgere al bisogno infantile (e molto umano, perché anche gli oratori sono esseri umani, umanissimi) di esultare di gioia.
Novi, era chiaro, non aveva capito nulla di ciò che era successo, ma intuiva che lui aveva disposto le cose nel modo giusto, a suo piacimento, ed era assai orgogliosa del suo operato. Gendibal accarezzò la linearità della sua mente e avvertì il calore di quell’orgoglio.
«Non ce l’avrei fatta senza di lei, Novi. È stato grazie a lei che ho potuto capire che quelli della Prima Fondazione, voglio dire, le persone a bordo dell’astronave più grande...».
«Sì, maestro, so a chi si riferisce.»
«È stato grazie a lei, dicevo, che ho potuto capire che avevano uno schermo difensivo, assieme a deboli facoltà mentaliche. L’effetto che ho riscontrato sulla sua mente mi ha permesso di stabilire esattamente quali fossero le caratteristiche dell’uno e delle altre, e di organizzare la difesa più opportuna.»
«Non capisco bene quello che dice, maestro,» disse Novi esitante «ma avrei fatto di più per aiutarla, se avessi potuto.»
«Lo so, Novi. Ma quello che ha fatto è già stato sufficiente. Rabbrividisco se penso a quale tremendo pericolo avrebbero potuto rappresentare. Ma è un pericolo scongiurato, ora che sono stati fermati quando il loro schermo e il loro campo erano ancora ben lontani dalla perfezione. Harla Branno, dimenticati sia lo schermo sia il campo, se ne torna a casa soddisfatta di aver raggiunto un accordo commerciale con Sayshell che renderà l’Unione parte integrante della Federazione. Ammetto che bisognerà adoperarsi ancora parecchio per svuotare di ogni significato i risultati che hanno ottenuto nell’ambito della mentalica; di questo ci siamo finora occupati troppo poco, ma rimedieremo.»
Rifletté sulla questione e proseguì a voce più bassa: «Abbiamo sottovalutato la Prima Fondazione. Dobbiamo tenerla maggiormente d’occhio. Dobbiamo riuscire in qualche modo a far sì che la galassia sia più unita. Bisogna che usiamo la mentalica per indurre le coscienze a collaborare di più fra loro. Questo non può che aiutare il Piano, ne sono convinto. E farò di tutto per favorire questa maggiore collaborazione tra gli esseri viventi».
«Maestro...» disse Novi ansiosa.
Gendibal di colpo sorrise. «Scusi, sto parlando tra me e me. Si ricorda di Rufirant, Novi?»
«Quel testone di un contadino che l’attaccò? Me lo ricordo, sì.»
«Sono convinto che agenti della Prima Fondazione muniti di schermi personali abbiano organizzato quello strano attacco e anche tutte le altre cose strane che ci sono capitate. Non è stupefacente che non l’abbia capito subito? Ma è ancora più stupefacente che mi sia completamente dimenticato delle insidie della Prima Fondazione per concentrarmi sulla leggenda di Gaia, quel mondo misterioso di cui parlano i sayshelliani superstiziosi. Anche in quel caso lei, con la sua mente, è venuta in mio soccorso. Mi ha aiutato a capire che la fonte del campo mentalico era l’astronave da guerra della Branno. Solo e unicamente l’astronave da guerra della Branno.»
«Maestro...» disse Novi timidamente.
«Sì, Novi?»
«Verrà ricompensato per tutto quello che ha fatto?»
«Certamente. Shandess darà le dimissioni e io diventerò primo oratore. Così avrò la possibilità di contribuire attivamente a migliorare la galassia.»
«Ha detto primo oratore?»
«Sì, Novi. Sarò lo studioso più importante e più potente di tutti.»
«Il più importante di tutti?» disse lei con aria afflitta.
«Perché fa quella faccia, Novi? Non vuole che sia ricompensato?»
«Sì, certo, maestro. Ma se diventerà lo studioso più importante di tutti, non vorrà, penso, una hamiana accanto a sé. Sarebbe disdicevole.»
«Chi le dice che non la vorrò accanto a me? Chi potrà impedirmi di tenerla vicino?» Gendibal sentì un moto di affetto per lei. «Novi, lei resterà con me ovunque andrò e chiunque diventerò. Così, quando dovrò affrontare gli individui maligni e rapaci che ogni tanto infestano la Tavola, la sua mente sarà sempre là a dirmi quali siano i loro sentimenti prima ancora che loro stessi lo sappiano. Perché la sua mente è innocente, lineare, priva di qualsiasi malizia. Inoltre...» Gendibal s’interruppe un attimo, come sbalordito da una rivelazione improvvisa.
«Inoltre,» continuò «anche a parte queste considerazioni, mi... mi piace averla accanto e intendo continuare a godere della sua compagnia. Voglio dire, sempre che a lei vada bene.»
«Oh, maestro» sussurrò Novi e, mentre lui le circondava la vita con un braccio, posò la testa sulla sua spalla.
Nell’intimo della ragazza, in quei recessi di cui a malapena la mente era consapevole, rimaneva costante l’essenza di Gaia a guidare gli eventi. Ma era proprio la maschera pressoché impenetrabile di ingenuità hamiana a rendere possibile la continuazione del grande compito. E quella maschera, adesso, era profondamente felice. Così felice, che Novi non provava quasi nessun rammarico per la distanza che la separava da se stessa-loro-tutti e trovava appagante l’idea di essere, per il futuro, solo quello che sembrava.