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Comincia la guerra

Per una o più ragioni trascurate dalla maggior parte della gente, nell’epoca di cui parliamo il tempo standard galattico aveva come unità il secondo, in quanto è la durata che la luce impiega a percorrere 299.776 chilometri. Fu deciso arbitrariamente che 86.400 secondi formassero un giorno galattico standard e che 365 di questi giorni costituissero l’anno galattico standard.

Perché 299.776, 86.400 o 365?

Per tradizione, dicono gli storici. Per particolari e misteriose relazioni numeriche, dicono mistici, numerologi e metafisici. Perché il pianeta originario dell’umanità, aggiungono alcuni, aveva un periodo di rotazione e rivoluzione da cui potrebbero essere derivate tali relazioni.

Nessuno lo sa con certezza.

Quando l’incrociatore della Fondazione Hober Mallow incontrò lo squadrone kalganese guidato dall’Indomita e rifiutò di accogliere a bordo una pattuglia per un’ispezione, e venne di conseguenza distrutto, era il 185 dell’11.692 E.G., cioè il centottantacinquesimo giorno dell’anno 11.692 dell’Era galattica che si contava dall’ascesa al trono del primo imperatore della dinastia Kamble. Era anche il 185 del 419 E.S., data dell’anno di nascita di Seldon, o il 185 del 348 E.F., data dell’anno di nascita della Fondazione. Su Kalgan era il 185 del 56 P.C., data dell’inizio del regno del primo cittadino, ovvero il Mulo. In ognuno dei casi, per convenienza, era stabilito che l’anno fosse composto dall’identico numero di giorni, senza contare il vero e proprio giorno d’inizio dell’era.

Per giunta tutti i milioni di mondi della galassia possedevano milioni di tempi locali, basati sul movimento degli astri a loro vicini.

Qualunque data si voglia scegliere: il 185 dell’11.692 o del 419 o del 348 o del 56 (oppure di qualsiasi altro anno), quello fu il giorno in cui ebbe inizio la guerra stettinica.

Ma per il dottor Darell la data ebbe ben altro significato. Era semplicemente il trentaduesimo giorno da quando Arcadia era partita da Terminus.

Nessuno può sapere quanto fosse costato al dottor Darell mantenere la calma in quei giorni, ma Elvett Semic credeva di poterlo immaginare. Era un uomo anziano ed era solito dire che il suo apparato neuronico s’era atrofizzato al punto che ogni processo mentale aveva perso elasticità. Accettava quasi con piacere l’universale disistima del suo cervello in decadenza, ridendoci per primo. Ma i suoi occhi vedevano ancora e la sua mente non aveva perso l’esperienza o la saggezza, anche se aveva perso l’agilità della giovinezza.

Storse le labbra. «Perché non cerchi di fare qualcosa?»

Per il dottor Darell quelle parole non rappresentavano altro che un suono fastidioso. «Dov’eravamo rimasti?»

Semic lo fissò con sguardo severo. «È meglio che tu faccia qualcosa per tua figlia.» Aveva la bocca semiaperta e mostrava una serie di denti ingialliti.

«Il problema è il seguente» rispose il dottor Darell freddamente. «Possiamo procurarci un risonatore Simes-Molff con un raggio sufficientemente ampio?»

«Ti ho detto che potrei procurarlo, ma tu non mi stai a sentire...»

«Scusami, Elvett, purtroppo è così. Quello che stiamo preparando è molto più importante di qualsiasi persona nella galassia, più importante della salvezza di Arcadia. Almeno è importante per tutti, non solo per Arcadia o per me stesso, e io sono disposto a seguire il volere della maggioranza. Quanto sarebbe grande il risonatore?»

Semic lo guardò perplesso. «Non so. Puoi controllare nel catalogo.»

«Più o meno: una tonnellata? Un chilo? Quanto una casa?»

«Scusa, credevo volessi sapere le dimensioni esatte. È piccolo. Pressappoco così» e indicò la punta del pollice.

«Bene, saresti capace di farmene uno di questo tipo?» Fece un rapido schizzo su un foglio di carta e lo porse al vecchio scienziato che guardò il disegno scuotendo la testa.

«Vedi, il cervello comincia ad atrofizzarsi quando si diventa vecchi come me. Che cosa stai preparando?»

Darell esitò. Al momento desiderava disperatamente avere l’esperienza del vecchio in modo da costruirsi l’apparecchio da solo senza essere costretto a dare spiegazioni. Ma sapeva di non esserne capace, quindi cedette.

Semic scosse il capo. «Hai bisogno di un iper-relè. È l’unico mezzo per farlo lavorare con una certa rapidità. E ce ne vorranno parecchi, anche.»

«Ma si possono costruire?»

«Certo.»

«Puoi procurarti i pezzi necessari, voglio dire senza essere costretto a dare spiegazioni? Te ne servi per il tuo lavoro normale?»

Semic sorrise. «Non posso chiedere cinquanta iper-relè. Non ne userei così tanti in tutta la mia vita.»

«Ma ora siamo in stato di emergenza. Non puoi pensare a un meccanismo innocuo che li adoperi? Abbiamo abbastanza...»

«Forse mi verrà in mente qualcosa.»

«Quali potrebbero essere le dimensioni minime dell’apparecchio?»

«Dunque, ci sono gli iper-relè miniaturizzati, i fili... Per la galassia, saranno almeno un centinaio di circuiti!»

«Lo so. Che grandezza avrà?»

Semic indicò con una mano.

«Troppo grande. Devo tenerlo attaccato alla mia cintura.»

Lentamente appallottolò il foglio di carta con lo schizzo e lo fece cadere nell’inceneritore, dove in pochi secondi scomparve con un lieve ronzio.

«Chi c’è alla porta?» chiese Darell.

Semic si piegò sulla scrivania e diede un’occhiata allo schermo lattiginoso posto sul pulsante che azionava la porta. «Quel tuo giovane amico, Anthor. E qualcun altro con lui.»

Darell si agitò un po’. «Mi raccomando, Semic, non una parola con gli altri, per ora. È molto rischioso, due vite in pericolo sono sufficienti.»

Pelleas Anthor entrò come un fulmine, facendo alzare i fogli sparsi sulla scrivania. Sembrò che avesse portato il vento che c’era fuori.

«Dottor Darell, dottor Semic, vi presento Orum Dirige.»

L’uomo che l’accompagnava era alto, con il naso sottile e una faccia allungata che gli conferivano un aspetto ascetico. Il dottor Darell gli tese la mano.

Anthor sorrise. «Il tenente di polizia Dirige, di Kalgan» disse in tono significativo.

Il dottor Darell si girò a guardare il giovane con aria sorpresa. «Tenente di polizia di Kalgan» ripeté. «E per quale ragione l’hai portato qui?»

«Perché è stato l’ultimo uomo su Kalgan a vedere tua figlia, vecchio mio.»

Darell scattò in piedi e l’espressione di Anthor dapprima soddisfatta diventò subito preoccupata. Lentamente, ma con decisione, lo fece sedere di nuovo.

«Ma che cosa ti succede?» chiese Anthor mettendosi a posto i capelli scompigliati e sedendosi sulla scrivania. «Pensavo di averti portato buone notizie.»

Darell si rivolse direttamente al poliziotto. «Che cosa significa che lei è stato l’ultimo uomo a vedere mia figlia? È morta? Per favore, mi dica tutto senza preliminari.» Era pallido e molto agitato.

Il tenente Dirige rispose mantenendo sempre un’espressione indifferente. «La frase era: l’ultimo uomo su Kalgan ad averla vista. Adesso non si trova più su Kalgan. È tutto quello che so.»

«Un momento» intervenne Anthor. «Raccontiamo per ordine. Darell, scusami se mi sono espresso così poco chiaramente, tu sembri talmente al di là delle emozioni che a volte ci si dimentica quello che in realtà devi provare. Prima di tutto il tenente Dirige è uno dei nostri. È nato su Kalgan, ma suo padre era un uomo della Fondazione trasferitosi sul pianeta al servizio del Mulo. Rispondo personalmente della completa lealtà del tenente verso la Fondazione. Mi sono messo in contatto con lui il giorno dopo che Munn ha cessato di inviarci il suo rapporto giornaliero...»

«Perché?» lo interruppe Darell seccato. «Eravamo d’accordo di non muoverci qualunque cosa fosse successo. In questo modo hai messo in pericolo le nostre vite e le loro.»

«Perché» rispose l’altro alzando la voce «sono immischiato nella faccenda da molto più tempo di te. Perché ho contatti su Kalgan di cui tu non hai nemmeno sentito parlare. Perché conosco il gioco più a fondo di te. Mi sono spiegato?»

«Tu sei completamente pazzo.»

«Mi vuoi ascoltare?»

Ci fu una pausa, poi Darell annuì.

Le labbra di Anthor si aprirono in un mezzo sorriso. «Via, Darell. Concedimi pochi minuti. Dirige, racconta tutto per bene.»

Dirige parlò senza interromperli. «Per quanto ne so, dottor Darell, sua figlia si trova su Trantor. Per lo meno aveva comprato un biglietto per quel pianeta allo spazioporto est. Era insieme a un rappresentante commerciale di Trantor che diceva di essere suo zio. Sua figlia sembra avere parenti ovunque, dottore: era il secondo zio spaziale nell’arco di due settimane. Il trantoriano ha persino cercato di corrompermi, probabilmente per questo pensano di essere riusciti a fuggire.» E sorrise all’idea.

«Come sta?»

«Benissimo, m’è parso. Spaventata, ma ne aveva tutte le ragioni. Il dipartimento di polizia la cercava al gran completo. Il perché non lo so.»

Darell tirò un grosso sospiro. Sembrava fosse rimasto per lo meno dieci minuti senza respirare. Si rese conto che le mani gli tremavano e cercò di controllarsi. «Allora sta bene. Chi sarebbe questo rappresentante commerciale? Mi dica qualcosa di lui. Che parte ha in tutta la faccenda?»

«Non lo so. Conosce Trantor?»

«Ci sono vissuto, un tempo.»

«Io so solo che ora è un mondo agricolo. Esporta per la maggior parte mangimi per bestiame e grano di buona qualità. Li esportano in tutta la galassia. Ci sarà una ventina di cooperative agricole sul pianeta e ognuna ha un rappresentante su altri pianeti. Gente in gamba. Ho fornito i dati di quell’uomo. Era già stato su Kalgan prima, sempre accompagnato dalla moglie. Un uomo onesto e perfettamente a posto.»

«Un momento» intervenne Anthor. «Arcadia è nata su Trantor, vero, Darell?»

Il dottore annuì.

«Allora tutto quadra. Voleva fuggire presto e lontano, e Trantor le è parso il luogo più idoneo. Non la pensi anche tu così?»

«E perché non è tornata qui?» chiese Darell.

«Forse si sentiva seguita e ha pensato in questo modo di far perdere le sue tracce.»

Il dottor Darell non se la sentì di fare altre domande. Bene, era sana e salva su Trantor, al sicuro come si può esserlo in una galassia orribile. Si avviò alla porta ma Anthor lo toccò lievemente sul braccio e si fermò senza girarsi.

«Ti spiace se vengo a casa con te?»

«Sei sempre il benvenuto» rispose Darell automaticamente.

In serata Darell era di nuovo cupo e poco comunicativo. Si era rifiutato di cenare e si era chiuso in laboratorio, immerso nei suoi complessi studi di matematica applicata all’analisi encefalografica.

Quando entrò di nuovo in soggiorno era quasi mezzanotte.

Pelleas Anthor manovrava i comandi del video. Quando sentì i passi dietro di lui, si voltò a guardarlo.

«Salve. Non sei ancora andato a letto? Sono ore che sto davanti al video e non sono riuscito a trovare una stazione che non trasmette il notiziario. Sembra che l’incrociatore Hober Mallow non sia ancora tornato alla base né si hanno sue notizie.»

«Davvero? Sospettano qualcosa?»

«Che ne pensi, tu? Secondo me si tratta di un attacco dei kalganesi. Sono state individuate numerose astronavi di Kalgan proprio nel settore dove è scomparso l’Hober Mallow

Darell alzò le spalle e Anthor si strofinò la fronte dubbioso.

«Senti un po’, Darell, perché non vai su Trantor?»

«E perché dovrei?»

«Perché qui non combini niente di buono. Non sei più te stesso. Non puoi farci niente, lo so. Se invece andassi su Trantor, potresti fare qualcosa di utile. La vecchia biblioteca imperiale contiene ancora tutti i documenti lasciati da Seldon e...»

«No! Ormai la biblioteca è stata esaminata a fondo e non è servita a nessuno.»

«È stata utile a Ebling Mis, però.»

«Che ne sai? È vero che aveva detto di aver scoperto dove si trovasse la Seconda Fondazione e che mia madre l’ha ucciso cinque secondi dopo, perché non lo rivelasse al Mulo; ma in questo modo ha impedito che si sapesse se effettivamente Mis era a conoscenza del nascondiglio esatto. Dopotutto nessuno è stato capace di ricavare più niente dai documenti di Seldon.»

«Ebling Mis, se ricordi bene, lavorava sotto l’impulso mentale del Mulo.»

«Lo so, ma proprio per quella ragione la mente di Mis si trovava in uno stato anormale. Né io né te conosciamo le proprietà di una mente sotto controllo emotivo e non sappiamo se sia un vantaggio o uno svantaggio. A ogni modo non ho alcuna intenzione di andare su Trantor.»

Anthor s’accigliò. «Non capisco perché te la debba prendere così. Ho semplicemente pensato che data la... Per la galassia, non ti capisco. Sembri invecchiato di dieci anni. Senza dubbio soffri, se fossi in te andrei a riprendermi mia figlia.»

«È quello che vorrei fare ed è per questo che non lo farò. Ascoltami, Anthor, e cerca di capire. Tu stai giocando, o meglio stiamo giocando, con qualcosa di più forte di noi. Se riflettessi, te ne renderesti conto. Da cinquant’anni sappiamo che gli uomini della Seconda Fondazione sono i veri eredi e discepoli della matematica di Hari Seldon. Questo significa, e lo sai benissimo, che non esiste evento nella galassia che non venga da loro previsto. Per noi la vita è una serie di avvenimenti casuali, da risolvere improvvisando. Per quelli, invece, è una serie di fatti ben precisi da prevedere matematicamente. Dunque ho intenzione di condurre la mia vita in base a una serie di reazioni imprevedibili. Rimarrò qui malgrado desideri disperatamente andarmene, proprio perché il mio impulso istintivo mi suggerisce di partire.»

Il giovane sorrise con aria di condiscendenza. «Non conosci la tua mente come la conoscono “loro”. Immagina per un momento che, conoscendoti, contino proprio sulla tua reazione imprevedibile, sapendo fin da prima la tua linea di ragionamento.»

«In questo caso non c’è via di scampo. Perché se seguo il mio istinto e vado su Trantor, forse loro hanno già previsto anche questo. È un circolo vizioso. E non importa quanto mi possa scervellare, ho sempre due sole possibilità: partire o restare. Tuttavia il fatto che abbiano fatto in modo che mia figlia andasse su Trantor, non può certo significare che vogliono farmi rimanere qui, visto che se mia figlia fosse tornata a casa vi sarei rimasto comunque. Secondo me vogliono semplicemente che me ne vada, e per questa ragione resterò. Però non dimentichiamoci, Anthor, che non tutti gli eventi sono guidati dalla Seconda Fondazione, non tutto quello che succede è una conseguenza della loro azione. Forse loro non hanno affatto manovrato in modo che mia figlia si recasse su Trantor, forse lei laggiù si salverà, mentre tutti noi che siamo rimasti qui moriremo.»

«Eh no!» ribatté Anthor alzando la voce. «Adesso sei fuori strada.»

«Mi sai dare un’altra spiegazione?»

«Sì, se mi vorrai ascoltare.»

«Avanti, parla pure. Non mi manca certo la pazienza.»

«Allora, dimmi un po’: conosci molto bene tua figlia?»

«Come è possibile conoscere profondamente un altro individuo? Ovviamente la mia conoscenza è parziale e imperfetta.»

«Bene, da questo punto di vista anche la mia è una conoscenza imperfetta. Tuttavia come estraneo sono in grado di osservarla più obiettivamente. In primo luogo tua figlia è un’inguaribile romantica. In quanto figlia unica di un accademico chiuso in una torre d’avorio, è cresciuta in un mondo fantastico alimentato dal video e dalle letture di libri d’avventura. Ora s’è costruita un mondo irreale, pieno di intrighi e spionaggio. In secondo luogo tua figlia è una ragazzina intelligente, abbastanza da essere stata capace d’ingannarci. Ha fatto in modo di riuscire ad ascoltare la nostra riunione senza che noi lo sospettassimo. È stata capace di andare su Kalgan con Munn senza che noi potessimo impedirlo. In terzo luogo lei vive in uno stato di adorazione continua nei confronti sua nonna, tua madre, che è riuscita a sconfiggere il Mulo. Fin qui non puoi avanzare obiezioni, ti pare? Bene, continuiamo. Ora io, al contrario di te, ho ricevuto un rapporto completo da parte del tenente Dirige e, oltre a ciò, le mie fonti di informazione su Kalgan sono piuttosto complete e controllate. Sappiamo, per esempio, che il signore di Kalgan, in un’udienza privata concessa a Munn, in un primo tempo aveva rifiutato di fargli visitare il palazzo del Mulo, e che tale rifiuto fu ritirato dopo che Arcadia ebbe parlato con Callia, una cara amica del primo cittadino.»

Darell lo interruppe. «Come fai ad avere tutte queste informazioni?»

«Prima di tutto Munn è stato interrogato da Dirige non appena sono iniziate le ricerche per ritrovare Arcadia. Naturalmente sono in possesso del verbale completo dell’interrogatorio con tutte le domande e le risposte.

«Analizziamo anche la figura di Callia. Corre voce che l’interesse di Stettin nei suoi confronti stia scemando, ma questa voce non è provata dai fatti. Non è stata ancora sostituita, anzi è riuscita a far cambiare idea al primo cittadino e a permettere a Munn di visitare il palazzo del Mulo; inoltre, ha aiutato scopertamente tua figlia a fuggire. Più di una dozzina di guardie di palazzo hanno testimoniato di averle viste uscire insieme, la sera della fuga. Eppure è rimasta impunita. Questo malgrado Arcadia sia stata ricercata ovunque con apparente diligenza.»

«Che cosa vuoi concludere con questo fiume di supposizioni?»

«Che la fuga di Arcadia è stata pianificata.»

«Tutto qui? Io avrei detto la stessa cosa.»

«Ma c’è dell’altro. Arcadia si dev’essere accorta che la sua fuga era stata preparata e, in quanto bambina con tante fantasie per la testa, ha fatto il tuo stesso ragionamento. Vogliono che ritorni sulla Fondazione? E io andrò su Trantor. Ma perché Trantor?»

«Già, perché?»

«Perché Bayta, la nonna idolatrata, durante la fuga si rifugiò su quel pianeta. Consciamente o inconsciamente, Arcadia l’ha imitata. Chissà se è fuggita dallo stesso nemico.»

«Il Mulo?» chiese Darell con sottile sarcasmo.

«Non diciamo sciocchezze. Per nemico intendevo una mente che lei non poteva combattere. È sfuggita alla Seconda Fondazione, o meglio all’influenza che può esercitare su Kalgan.»

«Di quale influenza parli?»

«Credi che Kalgan sia immune dalla minaccia della Seconda Fondazione? Tutt’e due siamo arrivati alla conclusione che la fuga di Arcadia sia stata preparata: è stata cercata e trovata, ma le è stato permesso deliberatamente di fuggire. Ed è stato Dirige a dare il via libera... Come è potuto succedere? Perché lui era un nostro uomo. Come lo sapevamo? Contavamo sul fatto che fosse un traditore? Dimmi tu, Darell.»

«Vuoi farmi intendere che avevano tutte le intenzioni di ricatturarla. Francamente, Anthor, mi sono stancato. Finisci quello che vuoi dire, perché voglio andarmene a letto.»

«È presto detto.» Anthor si frugò nelle tasche e ne tolse una serie di pellicole. Rappresentavano uno schema encefalografico. «Queste sono le onde cerebrali di Dirige, registrate subito dopo il suo ritorno.»

Il dottor Darell le esaminò rapidamente e impallidì. «È un condizionato!»

«Esattamente. Ha permesso che Arcadia scappasse, non perché era un nostro uomo, ma perché è un uomo della Seconda Fondazione.»

«Anche dopo aver saputo che Arcadia andava su Trantor invece che su Terminus.»

Anthor alzò le spalle. «Era stato condizionato in modo da permetterle di fuggire: un semplice strumento. Arcadia ha scelto la via più improbabile e ora si trova al sicuro, per lo meno fino a quando la Seconda Fondazione non rifletterà su questa nuova svolta e deciderà di agire...»

Si interruppe: la spia luminosa del video lanciava segnali intermittenti. Poiché era un circuito indipendente, significava notizia di emergenza. Anche Darell se ne accorse e con un gesto meccanico accese il televisore. Riuscirono ad ascoltare solo poche frasi, ma prima che la trasmissione terminasse appresero che l’Hober Mallow, o meglio i suoi rottami, erano stati ritrovati e che per la prima volta in quasi cinquant’anni la Fondazione era di nuovo in guerra.

Anthor strinse i denti. «D’accordo, dottore, hai sentito anche tu. Kalgan ha attaccato e Kalgan è sotto il controllo della Seconda Fondazione. Ora ti deciderai ad andare su Trantor?»

«No, rischierò ma rimarrò qui.»

«Darell, non sei intelligente quanto tua figlia. Inizio a dubitare che ci si possa fidare di te.» Fissò lo sguardo su Darell per un momento, poi si voltò e uscì senza dire nulla.

E Darell rimase solo, incerto e sull’orlo della disperazione.

Dal televisore una voce concitata descriveva la prima ora di guerra tra Kalgan e la Fondazione.

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