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Il viaggio terminò e l’aerotaxi si immise in un’area molto più ampia rispetto a quella in cui si erano fermati a mangiare. (Seldon ricordava ancora il sapore del panino e fece una smorfia.)
Hummin consegnò il taxi e tornò, mettendo la tessera di credito in un taschino interno della camicia. «Qui sarà al sicuro da qualsiasi azione palese. Siamo nel settore di Streeling.»
«Cosa vuol dire?»
«È il nome di chi aprì per primo quest’area all’insediamento, credo. La maggior parte dei settori prendono il nome da qualcuno, il che significa che molti sono nomi assurdi e altri difficili da pronunciare. Comunque, se cercasse di costringere gli abitanti a cambiare il nome di Streeling in “Dolceprofumo” o qualcosa del genere, scatenerebbe una rivolta.»
«Certo che questo non è esattamente un “dolce profumo”» disse Seldon aspirando col naso.
«In pratica è così su tutto Trantor, ma ci si abituerà.»
«Sono contento che siamo qui. Non che il posto mi piaccia, ma ero stanco di star seduto in taxi. Spostarsi su Trantor dev’essere orribile. Su Helicon possiamo andare da un posto all’altro con l’aereo, e in molto meno tempo di quello che abbiamo impiegato noi a percorrere duemila chilometri scarsi.»
«Abbiamo gli aviogetto anche qui.»
«Ma allora perché...?»
«Il viaggio in aerotaxi ho potuto organizzarlo conservando più o meno l’anonimato. Con un aviogetto sarebbe stato molto più difficile. E anche se questo posto è sicuro, preferisco che Demerzel non sappia di preciso dov’è. Del resto non abbiamo ancora finito, prenderemo l’Espressovia per l’ultimo tratto.»
Seldon conosceva il termine. «Una di quelle monorotaie aperte che si muovono su un campo elettromagnetico?»
«Sì.»
«Non le abbiamo, su Helicon. Non ne abbiamo bisogno. Ho preso un’Espressovia il mio primo giorno su Trantor, mi ha portato dall’aeroporto all’albergo. È stata una novità per me, ma se dovessi usarla sempre, credo che il rumore e la ressa diventerebbero insopportabili.»
Hummin sembrava divertito. «Si è perso?»
«No, c’erano le indicazioni necessarie. Il problema era salire e scendere, ma mi hanno aiutato. Ora mi rendo conto che tutti capivano che ero uno straniero dai miei vestiti. Comunque sembravano ansiosi di aiutarmi, senza dubbio perché doveva essere divertente guardarmi mentre esitavo e incespicavo.»
«Adesso che è un esperto di viaggi in Espressovia, non esiterà né incespicherà più» disse Hummin in tono abbastanza cordiale, anche se aveva piegato leggermente gli angoli della bocca. «Su, andiamo.»
Si incamminarono senza fretta lungo il passaggio, che era illuminato in maniera tale da dare l’impressione di una giornata di cielo coperto e che di tanto in tanto si rischiarava come se il sole avesse fatto capolino tra le nubi. Istintivamente Seldon alzò lo sguardo per vedere se fosse davvero così, ma lassù il “cielo” era di una luminosità diffusa.
Hummin notò il suo gesto. «Pare che questo cambiamento di luminosità si addica alla psiche umana. In certi giorni la strada sembra in pieno sole, mentre altre volte c’è più buio di adesso.»
«Ma niente pioggia o neve?»
«No, e neppure grandine o nevischio. Né forte umidità, né freddo intenso. Trantor ha i suoi vantaggi, Seldon, perfino adesso.»
C’erano persone che camminavano in entrambe le direzioni, parecchi giovani e insieme agli adulti alcuni bambini, nonostante quel che aveva detto Hummin sull’indice di natalità. Tutti avevano un’aria rispettabile e prospera. I due sessi erano rappresentati in pari percentuale e gli abiti erano nettamente più sobri rispetto al settore imperiale. L’abbigliamento di Seldon, scelto da Hummin, era perfetto: pochissimi portavano il cappello e per il matematico fu un vero sollievo togliersi il proprio e tenerlo lungo un fianco.
Non c’erano abissi ai due lati del passaggio: lì, come aveva predetto Hummin nel settore imperiale, si camminava apparentemente a livello del suolo. Non c’erano nemmeno veicoli e Seldon lo fece notare al compagno.
«Nel settore imperiale ce ne sono parecchi» disse Hummin «perché vengono usati dai funzionari. Negli altri settori i veicoli privati sono rari e hanno tunnel riservati. In realtà non sono indispensabili, dato che abbiamo l’Espressovia e i corridoi mobili per le distanze più brevi. Per gli spostamenti ancora più brevi abbiamo i passaggi e possiamo usare le gambe.»
Ogni tanto si sentivano dei sibili e cigolii attutiti, e a un certo punto Seldon vide, non molto lontano, lo scorrere interminabile delle vetture dell’Espressovia.
«Ecco, ci siamo» disse indicando con un gesto.
«Lo so, ma raggiungiamo una stazione di imbarco. Ci sono più vetture ed è più facile salire.»
Una volta sistematisi tranquillamente a bordo di una vettura, Seldon si rivolse a Hummin. «Quel che mi sorprende è il silenzio delle Espressovie. D’accordo, sono spinte da un campo elettromagnetico, ma mi sembrano ugualmente molto silenziose» commentò, ascoltando i rari cigolii metallici della carrozza che si muoveva tra quelle vicine.
«Sì, è una rete meravigliosa, ma non la vede nel periodo di massimo splendore. Quand’ero giovane era ancora più silenziosa e alcuni dicono che cinquant’anni fa non si sentiva il minimo rumore... anche se dobbiamo tener conto dell’idealizzazione dei ricordi nostalgici.»
«Perché non è più così, adesso?»
«Perché la manutenzione lascia a desiderare. Le ho parlato della fase di decadenza, no?»
Seldon corrugò la fronte. «Non credo che la gente se ne stia seduta a guardare e dica: “Siamo in declino, lasciamo che l’Espressovia si sfasci”.»
«Non è una cosa intenzionale. Le vetture vecchie vengono rinnovate, i magneti vengono sostituiti, dove è necessario si mette una toppa. Ma lo si fa in modo affrettato, senza molta attenzione, e lasciando trascorrere periodi più lunghi. I crediti non bastano.»
«Dove sono finiti?»
«In altre cose. Abbiamo avuto secoli di fermenti e disordini. La flotta è molto più grande e costosa rispetto a un tempo. Le forze armate sono pagate molto meglio, perché stiano tranquille. Le rivolte, i tumulti, i conflitti civili minori, hanno tutti il loro prezzo.»
«Ma con Cleon è tornata la calma. E la pace dura da cinquant’anni.»
«Sì, ma dei soldati ben pagati si irriterebbero se la paga venisse ridotta solo perché c’è la pace. Gli ammiragli si opporrebbero se le astronavi venissero disarmate e il loro grado diminuisse solo perché le esigenze militari sono minori. Così i crediti continuano ad andare, improduttivamente, alle forze armate, mentre aree vitali dell’apparato sociale vengono abbandonate al deterioramento. Ecco cos’è per me la decadenza. E lei che ne dice? Non pensa di inserire prima o poi questi parametri nella teoria psicostorica?»
Seldon si mosse a disagio, poi chiese: «Ma dove stiamo andando?».
«All’Università di Streeling.»
«Ah, ecco perché il nome del settore mi sembrava familiare. Ho sentito parlare dell’università.»
«Non mi sorprende. Trantor ha circa centomila istituti universitari, e tra i mille più importanti c’è appunto Streeling.»
«Starò là?»
«Per un po’. I campus universitari sono rifugi inviolabili, tutto sommato. Là sarà al sicuro.»
«Ma sarò bene accetto?»
«Perché no? Oggi è difficile trovare un buon matematico. Forse troveranno il modo di utilizzarla e forse anche lei potrà farsi aiutare, così non sarà un semplice nascondiglio.»
«Cioè, sarà un posto dove potrò sviluppare le mie teorie.»
«Me l’ha promesso» gli ricordò Hummin serio.
«Le ho promesso di provarci» disse Seldon. Era come promettere di cercare di costruire una fune con la sabbia, pensò.