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Il tempo sembrava deciso a tener duro sopra l’area all’aperto del palazzo imperiale, mantenendosi caldo e soleggiato.
Non accadeva spesso. Hari ricordava che una volta Dors gli aveva spiegato perché fosse stata scelta come sede quella zona così colpita da inverni gelidi e piogge frequenti.
«In realtà, non è stata scelta» gli aveva detto Dors. «Era una proprietà della famiglia moroviana all’epoca in cui esisteva solo il regno di Trantor. Quando il regno diventò un impero, erano numerosi i luoghi dove l’imperatore poteva scegliere di abitare: residenze estive e invernali, padiglioni di caccia, proprietà in riva al mare. E quando il pianeta fu lentamente ricoperto da cupole, l’imperatore che viveva qui trovò il posto di suo gradimento ed è per questo che lo lasciò scoperto. In seguito, il semplice fatto di essere l’unica area del pianeta priva di una cupola la rese speciale, un luogo unico, e questa particolarità esercitò il suo fascino sull’imperatore seguente, su quello successivo, e anche su quello che venne dopo. In questo modo nacque una tradizione.»
Come sempre quando udiva storie del genere, Seldon si poneva certe domande. Come se la sarebbe cavata la psicostoria in un caso simile? Sarebbe riuscita a prevedere che solo un’area sarebbe rimasta priva di cupola, pur non potendo specificare quale? Poteva spingersi fino a quel punto? Poteva prevedere che diverse zone sarebbero rimaste scoperte, o magari nessuna, e sbagliare? Come poteva prendere in considerazione i gusti personali di un imperatore che casualmente si trovava sul trono nel momento cruciale e prendeva una decisione per semplice capriccio? In quel modo caos e pazzia si aprivano un varco.
Cleon I si godeva palesemente il sole.
«Divento vecchio, Seldon» ammise. «Ma questo non è necessario che glielo dica. Abbiamo la stessa età, lei e io. Di sicuro è un segno dell’età che non provi l’impulso di giocare a tennis o di andare a pescare anche se hanno appena rifornito il lago, ma preferisco passeggiare con calma lungo i sentieri.»
Parlando mangiava nocciole, di una specie somigliante a quelli che sul mondo natale di Seldon sarebbero stati chiamati semi di zucca, ma erano più grandi e dal sapore meno delicato. Cleon le apriva delicatamente fra i denti, toglieva i piccoli gusci e si lanciava i gherigli in bocca.
A Seldon quel sapore non piaceva in modo particolare, ma, naturalmente, quando se ne vide offrire alcune dall’imperatore, le accettò e le mangiò.
L’imperatore aveva ormai parecchi gusci vuoti in una mano, e cercò distrattamente intorno un ricettacolo di qualche genere per alleggerirsi. Non ne vide nessuno ma notò un giardiniere immobile poco lontano, il corpo sull’attenti – come richiedeva la presenza dell’imperatore – e la testa rispettosamente chinata.
«Giardiniere!» disse Cleon.
L’altro si avvicinò rapido. «Sire!»
«Liberati di questi per me» disse Cleon versando i gusci nella sua mano.
«Sì, sire.»
«Ne ho qualcuno anch’io, Gruber» disse Seldon.
L’uomo allungò la mano verso di lui e disse quasi timidamente: «Sì, primo ministro».
Poi si allontanò di corsa e l’imperatore lo guardò incuriosito. «Conosce quell’uomo, Seldon?»
«Sì, sire. È un vecchio amico.»
«Quel giardiniere un vecchio amico? Chi è, un collega matematico che se la passa male?»
«No, sire. Forse ricorderete l’episodio. È stato quando...» si schiarì la voce cercando il modo più delicato per rammentare l’incidente «il sergente ha attentato alla mia vita, poco dopo che avevo ottenuto la carica grazie alla vostra generosità.»
«Il tentato assassinio.» Cleon levò gli occhi al cielo come se cercasse di trovarvi un’oncia di pazienza. «Non capisco perché tutti sono così spaventati da questa parola.»
«Forse» disse Seldon pacato, disprezzandosi leggermente per la facilità con cui aveva imparato a adulare «noi tutti siamo più turbati dalla possibilità che qualcosa di spiacevole possa accadere all’imperatore, di quanto lo siate voi stesso.»
Cleon sorrise ironicamente. «Suppongo che sia così. E cosa c’entra questo con Gruber? È così che si chiama?»
«Sì, Mandell Gruber. Sono certo che ricorderete come, quel giorno, un giardiniere sia accorso con un rastrello per difendermi dal sergente armato.»
«Ah, è stato lui?»
«Infatti, sire. Da allora lo considero un amico e lo incontro quasi tutte le volte che mi trovo nei giardini. Penso che mi sorvegli, come se ormai si sentisse obbligato a proteggermi. E, naturalmente, questo aumenta la mia simpatia per lui.»
«Non la biasimo. E visto che siamo in argomento, come sta la sua formidabile signora, la dottoressa Venabili? Non la vedo molto spesso.»
«È una storica, sire. Persa nel passato.»
«Non la spaventa? Io ne avrei paura. Mi hanno raccontato come ha trattato quel sergente. C’era quasi da sentirsi dispiaciuti per lui.»
«Si infuria soltanto per il mio bene, sire, ma di recente non ha più avuto occasione di farlo. Tutto è molto tranquillo.»
L’imperatore lanciò un’ultima occhiata al giardiniere che si stava dileguando dietro alcuni alberi. «Abbiamo mai ricompensato quell’uomo?»
«L’ho fatto io, sire. Ha una moglie e due figlie, e ho provveduto a far depositare a nome di ciascuna figlia una somma di denaro per l’istruzione dei loro eventuali figli.»
«Molto bene. Ma a lui servirà una promozione, immagino... È un bravo giardiniere?»
«Eccellente, sire.»
«Il giardiniere capo, Malcomber – mi pare che si chiami così –, è avanti negli anni e forse non è più all’altezza del suo incarico. Ormai dev’essere vicino agli ottanta. Crede che questo Gruber sarebbe in grado di prendere il suo posto?»
«Ne sono certo, sire, ma lui ama il lavoro che fa attualmente. Gli consente di restare all’aperto con ogni genere di tempo.»
«Bizzarra raccomandazione per un nuovo incarico. Sono sicuro che saprà abituarsi all’amministrazione, e io ho bisogno di qualcuno per i lavori di rinnovamento dei giardini. Mmh. Devo rifletterci. Il suo amico Gruber può essere l’uomo che fa al caso mio... Fra l’altro, Seldon, a cosa si riferisce dicendo che tutto è molto tranquillo?»
«Mi riferivo semplicemente, sire, al fatto che in seno alla corte imperiale non vi sono segni di discordie. L’inevitabile tendenza all’intrigo sembra essersi ridotta al livello minimo auspicabile.»
«Non direbbe così se l’imperatore fosse lei, Seldon, e se si trovasse costretto ad affrontare tutti quei funzionari e le loro interminabili lamentele. Come può sostenere che tutto è tranquillo quando ogni settimana sembrano giungermi rapporti di guasti e disservizi da tutto Trantor?»
«Simili incidenti sono inevitabili.»
«Però non ricordo che si verificassero con tale frequenza negli anni passati.»
«Forse perché non si verificavano, sire. Col passare del tempo le infrastrutture invecchiano. Per procedere nel modo migliore a riparazioni adeguate ci vorrebbe tempo e comporterebbe una fatica e una spesa enormi. E di questi tempi un aumento delle tasse non verrebbe visto con molto favore.»
«Quando mai è successo il contrario? Immagino che la gente sia terribilmente insoddisfatta per questi disservizi. È uno stato di cose che deve cessare, Seldon, e se ne deve occupare lei. Che cosa dice la sua psicostoria?»
«Dice quello che dice il buon senso: che tutto sta invecchiando.»
«Be’, questi discorsi mi rovinano la bella giornata. Lascio la faccenda nelle sue mani, Seldon.»
«Sì, sire» disse Seldon remissivo.
L’imperatore si allontanò e Seldon pensò che anche per lui quella bella giornata era ormai rovinata. Un crollo al centro dell’impero era l’alternativa che lui non voleva. Ma come poteva arrestarlo e trasferire la crisi nella periferia?
La psicostoria non lo diceva.