20

Gendibal era soddisfatto. La sua affermazione aveva sortito l’effetto sperato. Il primo oratore non se l’era aspettata ed era stato preso in contropiede. Adesso era Gendibal ad avere il coltello dalla parte del manico. E se poteva riguardo a ciò nutrire ancora il minimo dubbio, la successiva affermazione di Shandess glielo dissipò.

«Tutto ciò ha qualcosa a che vedere con le sue convinzioni a proposito del Piano Seldon?»

Sentendo di avere la situazione in pugno, Gendibal proseguì con un tono didattico che difficilmente avrebbe permesso al primo oratore di riprendersi. «Primo oratore, che sia stato Preem Palver a riportare il Piano alla normalità dopo l’episodio aberrante rappresentato dal Secolo delle deviazioni è considerato un articolo di fede. Studi il radiante primario e vedrà che le deviazioni scomparvero solo vent’anni dopo la morte di Palver e che dopo di allora non ce ne furono più. Il merito si potrebbe attribuire ai Primi oratori che succedettero a Palver, ma è un’ipotesi improbabile.»

«Improbabile? Certo, nessuno di noi è mai stato un Palver, ma... perché improbabile?»

«Mi permette di dimostrarglielo? Usando la matematica della psicostoria, sono in grado di provare senza possibilità di dubbio che le probabilità che le deviazioni scompaiano del tutto sono troppo infinitesime per essersi verificate in quest’ultimo secolo. Non è necessario che mi conceda di procedere a questa dimostrazione se non ha né il tempo né la voglia di assistervi. Richiede almeno mezz’ora di grande concentrazione. Posso sempre, in alternativa, chiedere che si riunisca al completo la Tavola degli oratori e procedere lì alla dimostrazione. Significherebbe però una perdita di tempo per me e una discussione inutile.»

«Sì, e magari io perderei anche la faccia. Mi provi le sue teorie adesso. Un piccolo avvertimento, però...» Shandess stava facendo uno sforzo eroico per riguadagnare il terreno perduto. «Se ciò che mi mostrerà si rivelerà una sciocchezza, non passerò sopra alla cosa.»

«Se si rivelerà una sciocchezza,» disse Gendibal con un flusso spontaneo di orgoglio che schiacciò l’altro «rassegnerò immediatamente le dimissioni.»

In realtà la dimostrazione richiese ben più di mezz’ora, perché il primo oratore mise in dubbio quasi con furia la validità della matematica di Gendibal.

Gendibal recuperò parte del tempo perduto grazie alla sua capacità di usare con destrezza il micro-radiante. Il congegno che poteva localizzare olograficamente qualsiasi porzione del vasto piano elaborato da Seldon e che non aveva bisogno né di pareti, né di consolle da scrivania, era entrato in uso solo un decennio prima e il primo oratore non aveva mai imparato a maneggiarlo bene. Gendibal lo sapeva. E Shandess si rendeva conto che l’altro lo sapeva.

Il giovane oratore fissò il congegno sopra il pollice destro e manipolò i comandi con le altre quattro dita, come se stesse suonando uno strumento musicale. (In effetti, proprio lui aveva scritto un breve saggio sulle analogie fra Micro-radianti e strumenti musicali.)

Le equazioni che elaborò con tranquilla sicurezza si mossero avanti e indietro sinuosamente, accompagnando il suo commento. Manovrato da Gendibal, il congegno fornì definizioni, enunciò assiomi, produsse grafici sia bidimensionali, sia tridimensionali (per non parlare delle proiezioni di relazioni multidimensionali).

Il commento del giovane era chiaro e acuto, e il primo oratore gettò la spugna. Ormai del tutto sconfitto, disse: «Non ricordo di aver mai visto prima un’analisi del genere. A chi si deve?».

«A me, primo oratore. Ho pubblicato i fondamenti matematici alla base di questo studio.»

«Complimenti, oratore Gendibal. Questo le darebbe diritto alla carica di primo oratore, nel caso io morissi o andassi in pensione.»

«A ciò non ho pensato affatto. Tuttavia, poiché è del tutto impossibile che mi creda, ritirerò quanto detto. Ci ho pensato e spero di diventare primo oratore, dal momento che chi le succederà dovrà per forza seguire una procedura che soltanto io comprendo chiaramente.»

«Sì, la falsa modestia può essere assai pericolosa. Di che procedura parla? Forse sono in grado di seguirla anch’io. Sono troppo vecchio per compiere atti creativi del genere di quello compiuto da lei, ma non sono così vecchio da non essere capace di seguire le sue istruzioni.»

Era una capitolazione completa, e Gendibal, istintivamente, si sentì ben disposto verso il collega più anziano, pur rendendosi conto che l’altro, con il suo comportamento, mirava proprio a ottenere da lui quella particolare disponibilità.

«Grazie, primo oratore. Sono lieto che dica così, perché avrò un gran bisogno del suo aiuto. Non posso sperare di influenzare la Tavola senza la sua guida illuminata. (Cortesia per cortesia.) Presumo dunque che abbia già capito dalla mia dimostrazione come sia impossibile che il Secolo delle deviazioni sia stato corretto dall’azione dei primi oratori e che le deviazioni da allora siano cessate completamente.»

«Sì, mi è chiaro. Se la sua matematica è corretta, il ritorno del Piano alla normalità e a un funzionamento perfetto quale quello attuale è spiegabile soltanto se si presume che si possono prevedere con un certo grado di sicurezza le reazioni di piccoli gruppi di persone o addirittura dei singoli individui.»

«Proprio così. Poiché la matematica della psicostoria non permette questo, le deviazioni non sarebbero dovute sparire, e meno che mai rimanere per tanto tempo assenti dal quadro. Capirà dunque che cosa intendessi quando ho affermato che la pecca del Piano Seldon è la sua mancanza di pecche.»

«Allora, o nel Piano Seldon sono presenti deviazioni, o c’è qualcosa di errato nella sua matematica. Poiché devo ammettere che da più di un secolo non si vedono deviazioni nel Piano, sono costretto a concludere che c’è effettivamente qualcosa di errato nella sua matematica. Salvo riconoscere che nei suoi calcoli non ho notato errori di sorta...»

«Sta escludendo una terza alternativa. Può essere benissimo che il Piano Seldon sia privo di deviazioni e che, tuttavia, la mia matematica, la quale denuncia come impossibile un fatto del genere, sia ineccepibile.»

«In che modo le due cose potrebbero essere compatibili, secondo lei?»

«Supponiamo che il Piano Seldon sia controllato attraverso un metodo psicostorico così avanzato da permettere di prevedere le reazioni di piccoli gruppi e perfino di singoli individui, un metodo che noi della Seconda Fondazione non conosciamo. In questo caso, e soltanto in questo caso, sarebbe matematicamente comprensibile l’assenza di deviazioni nel Piano.»

Per un po’ (un po’ relativo ai parametri della Seconda Fondazione) il primo oratore restò in silenzio. Poi disse: «Non conosco un metodo psicostorico così raffinato, e dal suo modo di fare deduco che non lo conosca nemmeno lei. Se né lei né io lo conosciamo, le probabilità che questa micro-psicostoria, se così posso chiamarla, sia stata messa a punto da un altro oratore o da un altro gruppo di oratori che sarebbero riusciti a tenerla nascosta al resto della Tavola sono infinitamente piccole. Non è d’accordo?».

«Sono d’accordo.»

«Allora, o la sua analisi è sbagliata, o la micro-psicostoria è una realtà, ma una realtà di cui si è impadronito un qualche gruppo estraneo alla Seconda Fondazione.»

«Esatto, primo oratore. La seconda alternativa dev’essere per forza quella giusta.»

«È in grado di dimostrare la verità di questa affermazione?»

«No, non in senso formale. Però rifletta... non c’è già stata una persona capace di influenzare il Piano Seldon grazie al controllo dei singoli individui?»

«Immagino che si riferisca al Mulo.»

«Sì, certo.»

«Il Mulo sapeva solo distruggere. Il problema, qui, è che il Piano Seldon funziona fin troppo bene, molto meglio di quanto gli consentirebbe la matematica. Ci vorrebbe un anti-Mulo, una persona capace, come il Mulo, di non tenere in nessun conto il Piano, ma decisa, con questo suo comportamento, a perfezionare le cose, anziché distruggerle.»

«Infatti, primo oratore. Lei ha coniato un’espressione assai efficace. Che cos’era il Mulo? Un mutante. Ma da dove veniva? Quali furono le sue origini? Nessuno lo sa. Non potrebbero esserci altri individui come lui?»

«No, sembra proprio di no. L’unica cosa che si sa bene del Mulo è che era sterile. Per questo fu soprannominato “Mulo”. O crede che quella della sterilità sia una leggenda?»

«Non penso a discendenti del Mulo, ma che il Mulo possa essere la pecora nera di un gruppo magari nutrito di persone dotate di poteri particolari. Queste persone per qualche motivo avrebbero interesse a non distruggere il Piano, ma a sostenerlo.»

«Perché mai dovrebbero sostenerlo?»

«Perché noi lo sosteniamo? Perché miriamo a fondare il Secondo impero, le cui sorti saranno decise da noi, o meglio dai nostri eredi morali. Se altre persone stanno occupandosi attivamente del Piano, o meglio di noi, è ovvio che non intendono lasciare a noi il compito di prendere decisioni. Vogliono prenderle loro, anche se non sappiamo a che scopo. Non dovremmo forse cercare di scoprire verso che tipo di Secondo impero cercano di spingerci?»

«Secondo lei come si potrebbe scoprirlo?»

«Perché il sindaco di Terminus ha esiliato Golan Trevize? Perché così ha permesso a una persona potenzialmente pericolosa di muoversi liberamente per la galassia. Non posso credere che l’abbia fatto per motivi umanitari. Nel corso della storia chi ha governato la Prima Fondazione ha sempre agito seguendo una politica realista, vale a dire senza tener conto della morale. Salvor Hardin, uno degli eroi della Prima Fondazione, di fatto prese decisioni che andavano contro la morale. No, credo che il sindaco sia stato costretto ad agire come ha agito da agenti degli anti-Mulo, tanto per usare il termine da voi coniato. Penso che Trevize sia stato reclutato da loro e che sia l’elemento di punta del piano pericoloso che è stato ordito contro di noi. Un piano di una pericolosità inaudita.»

«Per Seldon, forse ha ragione. Ma come faremo a convincere la Tavola?»

«Primo oratore, lei sottovaluta il suo carisma.»

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