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Quindor Shandess, venticinquesimo primo oratore, non si faceva grandi illusioni su se stesso.
Sapeva di non essere uno di quei primi oratori dinamici che avevano attraversato come comete la storia semimillenaria della Seconda Fondazione; d’altra parte non c’era bisogno che lo fosse. Si trovava a governare la Tavola in un periodo tranquillo per la galassia, un periodo di prosperità in cui non era tanto necessario il dinamismo, quanto piuttosto la capacità di conservare ciò che c’era. E lui era l’uomo adatto per un ruolo del genere. Il suo predecessore l’aveva scelto proprio per quel motivo.
«Lei non è un avventuriero, ma uno studioso» aveva detto il ventiquattresimo primo oratore. «Baderà che il Piano segua la sua strada, mentre un avventuriero potrebbe farlo deviare dal suo tracciato. Conservare! Questa dev’essere la parola chiave per la sua Tavola.»
Shandess si era sforzato di adempiere al suo compito, ma così facendo si era guadagnato la fama di persona passiva e, per molti, debole. Erano circolate voci su sue possibili dimissioni e c’era chi aveva brigato apertamente per destituirlo e nominare al suo posto un altro.
Shandess era sicuro che a tirare le fila dell’intrigo fosse stata la Delarmi. Era la personalità più forte della Tavola e perfino Gendibal, con tutto il fuoco e l’avventatezza della sua gioventù, era costretto a cedere davanti a lei, come stava facendo ora.
Ma per quanto passivo o addirittura debole Shandess fosse, aveva sempre, in qualità di primo oratore, un privilegio cui nessuno dei suoi predecessori aveva mai rinunciato e al quale, per Seldon, non avrebbe rinunciato nemmeno lui.
Si alzò per parlare e di colpo tutti si zittirono. Quando il primo oratore si alzava per parlare, nessuno poteva interromperlo. Non avrebbero osato farlo neppure la Delarmi o Gendibal.
«Oratori,» esordì «convengo che ci troviamo a dover fronteggiare una crisi pericolosa e che dobbiamo prendere misure drastiche. Dovrei essere io a partire, io ad affrontare il nemico. L’oratore Delarmi, con la delicatezza d’animo che la contraddistingue, mi esenta da un simile compito affermando che c’è bisogno di me qui. La verità però è che non c’è bisogno di me né qui, né là. Sto invecchiando e sono sempre più stanco. Da tempo c’è chi pensa che dovrei rassegnare le dimissioni e forse sarebbe veramente il caso che lo facessi. Quando avremo superato felicemente la crisi attuale, le rassegnerò sul serio.
«Naturalmente è mio privilegio nominare il mio successore. E intendo farlo ora. C’è un oratore che da tempo domina la Tavola, un oratore che, con la forza della sua personalità, ha spesso manifestato le doti di leader che a me a volte fanno difetto. Sapete tutti che sto parlando dell’oratore Delarmi.»
S’interruppe, poi aggiunse: «Solo lei, oratore Gendibal, dà segno di disapprovazione. Posso chiederle perché?». Si sedette, così che Gendibal avesse il diritto di rispondere.
«Non disapprovo, primo oratore» rispose il giovane a bassa voce. «Sta a lei scegliere il suo successore.»
«E lo farò, infatti. Quando tornerà, si spera dopo aver dato inizio al processo che risolverà la crisi, per me sarà giunto il momento di dimettermi. Al mio successore spetterà quindi il compito di portare avanti il processo da lei iniziato e di concluderlo. Ha qualcosa da obiettare?»
Gendibal rispose calmo: «Quando nominerà l’oratore Delarmi suo successore, spero che riterrà giusto consigliarle di...».
Shandess lo interruppe bruscamente. «Ho parlato dell’oratore Delarmi, ma non ho dichiarato che sarà il mio successore. Che mi dice, adesso?»
«Le porgo le mie scuse, primo oratore. Mi esprimerò diversamente. Nel caso in cui nominasse l’oratore Delarmi suo successore al mio ritorno dalla missione che mi è stata affidata, sarebbe meglio le consigliasse di...»
«Non nominerò mai l’oratore Delarmi mio successore, né ora, né in futuro» disse Shandess. «Che mi dice, adesso?» Il primo oratore non riuscì a non provare un brivido di soddisfazione per il colpo che aveva appena inferto alla Delarmi. Aveva sferrato il suo attacco nel modo più umiliante possibile.
«Allora, oratore Gendibal, che mi dice, adesso?»
«Che sono confuso.»
Shandess si alzò di nuovo. «L’oratore Delarmi ha dominato e influenzato autorevolmente la Tavola, ma questo non basta a conquistarsi il diritto alla carica di primo oratore. L’oratore Gendibal ha saputo vedere ciò che noi non eravamo riusciti a vedere. Ha affrontato tutti gli altri membri della Tavola uniti contro di lui, li ha costretti a ricredersi e li ha indotti ad approvare il suo punto di vista. Ho il sospetto che l’oratore Delarmi non abbia proposto disinteressatamente di affidare a lui il compito di inseguire Golan Trevize, tuttavia è senza dubbio a lui che spetta tale compito. So che ce la farà, me lo dice la mia intuizione, della quale mi fido. E quando tornerà, l’oratore Gendibal diventerà il ventiseiesimo primo oratore della Seconda Fondazione.»
Si sedette di colpo e tutti i membri della Tavola cominciarono a esprimere la loro opinione in un bailamme di suoni, tonalità, pensieri ed espressioni. Shandess non prestò attenzione a quella cacofonia e fissò con noncuranza un punto indefinito davanti a sé. Adesso che aveva compiuto quel passo si accorgeva di quanto fosse confortante scaricarsi di dosso il fardello delle responsabilità. Avrebbe dovuto decidersi prima; ma anche se avesse voluto, non avrebbe potuto farlo. Soltanto adesso, infatti, aveva trovato il suo successore naturale.
Fu allora che captò in qualche modo la presenza mentale della Delarmi. Alzò gli occhi a guardare la donna e si stupì di vederla calma e sorridente. Non c’era traccia di delusione o di disperazione in lei; evidentemente non si era data per vinta. Shandess si chiese se non avesse involontariamente fatto una mossa che le aveva arrecato qualche vantaggio. Ma che cos’altro poteva fare la Delarmi a quel punto?