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Dopo di che la conversazione languì e Seldon osservò le strutture del settore di Streeling che scorrevano lateralmente. Alcune erano piuttosto basse, altre sembravano sfiorare il “cielo”. Ampi passaggi trasversali interrompevano la progressione e si vedevano numerosi vicoli.
A un certo punto Seldon fu colpito da un pensiero: oltre a stagliarsi verso l’alto, gli edifici scendevano anche in profondità e forse erano più profondi che alti. Sì, doveva essere proprio così.
Ogni tanto si intravedevano macchie di verde sullo sfondo, lontano dall’Espressovia, e persino piccoli alberi.
Seldon osservò a lungo il paesaggio, poi si accorse che la luce si affievoliva. Si guardò intorno a occhi socchiusi e fissò Hummin, che indovinò la domanda.
«Il pomeriggio sta finendo» spiegò. «Scende la notte.»
Seldon inarcò le sopracciglia piegando gli angoli della bocca. «Impressionante. Mi pare di vedere l’intero pianeta che si oscura, per illuminarsi di nuovo dopo qualche ora.»
Hummin fece il solito sorrisetto controllato. «Non è proprio così, Seldon. Il pianeta non viene mai “spento” completamente, né “acceso”. L’ombra del crepuscolo scivola gradatamente, seguita dopo mezza giornata dal lento chiarore dell’alba. Il cambio di luminosità segue quasi alla perfezione il ciclo reale giorno-notte che c’è sopra le cupole, e alle quote maggiori la durata del giorno e della notte varia in base alle stagioni.»
Seldon scosse il capo. «Perché ingabbiare il pianeta per poi imitare i fenomeni che avvengono all’aperto?»
«Perché la gente preferisce così, immagino. Ai trantoriani piacciono i vantaggi di un ambiente chiuso, ma se possibile preferiscono dimenticare di trovarsi sottoterra. Conosce pochissimo la psicologia trantoriana, Seldon.»
Il matematico arrossì leggermente. Era solo un heliconiano e la sua ignoranza non si limitava a Trantor, perché sapeva molto poco di milioni di altri mondi. Come poteva sperare di trovare un’applicazione pratica della psicostoria?
Anche disponendo di un numero illimitato di collaboratori sarebbe stata un’impresa impossibile.
Gli venne in mente un quesito propostogli in gioventù: esiste un pezzo di platino relativamente piccolo, dotato di maniglie, che non possa essere sollevato con la sola forza muscolare da un numero illimitato di persone?
La risposta era sì. Un metro cubo di platino pesava 22.420 chilogrammi in condizioni di gravità standard. Supponendo che ogni persona fosse in grado di alzare da terra 120 chilogrammi, per sollevare il platino sarebbero bastate 188 persone. Ma era impossibile pigiare 188 persone intorno al metro cubo di platino, in modo tale che tutte potessero disporre di un appiglio. Al massimo si poteva impiegare una decina di persone. E non era possibile ricorrere a leve o ad altri congegni del genere. Bisognava usare solo la “forza muscolare”.
Allo stesso modo, forse era impossibile raccogliere un numero di persone sufficiente a occuparsi della mole di conoscenze necessarie per la psicostoria, anche se le informazioni fossero state immagazzinate in memorie di computer e non in cervelli umani. Come nel caso del platino, il numero illimitato di persone teoricamente impiegabili presentava dei limiti pratici.
«Sembra assorto, Seldon.»
«Sto meditando sulla mia ignoranza.»
«Una cosa utile, milioni di persone dovrebbero farlo. Ma è ora di scendere.»
Seldon sollevò lo sguardo. «Come fa a saperlo?»
«Adotto il suo stesso metodo, la prima volta che ha viaggiato in Espressovia su Trantor. Seguo le indicazioni.»
Seldon riuscì a leggerne una: UNIVERSITÀ di STREELING – 3 MINUTI.
«Scendiamo alla prossima stazione. Attento a dove mette i piedi.»
Seldon seguì Hummin e smontò, notando che adesso il cielo era color porpora scuro e che passaggi, corridoi e edifici si illuminavano, sprigionando un bagliore giallo.
Sembrava una sera heliconiana. Se lo avessero portato lì bendato e poi avessero tolto la benda, Seldon avrebbe avuto l’impressione di trovarsi nella zona centrale, particolarmente densa di bei fabbricati, di una delle maggiori città di Helicon.
«Secondo lei, Hummin, per quanto tempo rimarrò all’Università di Streeling?»
Calmo e tranquillo come sempre, Hummin rispose: «Difficile dirlo, Seldon. Forse per tutta la vita».
«Cosa?»
«Può darsi di no, ma da quando ha presentato la relazione sulla psicostoria la sua vita non le appartiene più. L’imperatore e Demerzel hanno capito subito la sua importanza e io con loro. Anche molti altri, direi. Quindi, non potrà più disporne da solo.»