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SELDON, HARI ... Di solito Hari Seldon viene associato unicamente alla psicostoria ed è visto come la personificazione della matematica e del cambiamento sociale. Senza dubbio Seldon stesso incoraggiò questa concezione, tanto che nelle sue opere ufficiali non fornisce alcun accenno sul modo in cui riuscì a risolvere i problemi psicostorici. Per quanto ne sappiamo, potrebbe aver carpito le sue grandi intuizioni dall’aria. Non parla dei vicoli ciechi in cui si è imbattuto, né delle strade sbagliate che può avere imboccato.

... Della sua vita privata, possiamo solo dire che è una pagina bianca. Per quanto riguarda i suoi genitori e fratelli, disponiamo di pochissimi dati. Sappiamo che il suo unico figlio, Raych Seldon, era adottivo ma ignoriamo come sia avvenuta l’adozione. Quanto a sua moglie, sappiamo solo che è esistita. È evidente che Seldon aspirava a essere una persona invisibile tranne in campo psicostorico. Sembra che considerasse la propria esistenza (o voleva che gli altri la considerassero) non alla stregua di una vita vissuta, ma di pura psicostoricizzazione.

ENCICLOPEDIA GALATTICA

Hummin restò impassibile, non mosse un muscolo ma continuò a guardare Seldon. E l’altro attese: adesso, pensò, toccava al suo amico parlare.

Hummin disse semplicemente: «Un robot? Io? Presumo si riferisca a un essere artificiale come l’oggetto che avete visto nel Sacratorium di Micogeno».

«Non proprio.»

«Non un essere di metallo brunito? Non un simulacro senza vita?» Nel tono di Hummin non c’era traccia di ironia.

«No, un organismo artificiale non deve essere per forza di metallo. Io parlo di un robot indistinguibile da un essere umano, almeno nell’aspetto esteriore.»

«Se è indistinguibile, Hari, come fa a stabilire in che cosa differisce?»

«Non basandomi sull’aspetto.»

«Si spieghi.»

«Come le ho detto, durante la mia fuga per sottrarmi a Demerzel, cioè a lei, ho sentito parlare di due antichi mondi: Aurora e la Terra. Entrambi venivano presentati come il primo o l’unico pianeta e in ambedue i casi si parlava di robot, ma con una differenza.»

Seldon fissava pensieroso l’uomo di fronte a sé. Chissà se avrebbe ammesso che era qualcosa di inferiore a un uomo... o di superiore?

«Nel caso di Aurora» continuò «si parlava di un robot come di un rinnegato, un traditore, qualcuno che aveva sconfessato la causa. Nel caso della Terra, il robot veniva dipinto come un eroe e un salvatore. Era troppo azzardato supporre che si trattasse dello stesso individuo?»

«Me lo dica lei» mormorò Hummin.

«Ecco cos’ho pensato. Aurora e la Terra erano due mondi diversi, coesistenti nel tempo. Non so quale dei due abbia preceduto l’altro. Dall’arroganza e dal senso di superiorità dei micogenesi si potrebbe dedurre che Aurora fosse il mondo d’origine e che i micogenesi disprezzassero per questo i terrestri loro discendenti, come una sorta di stirpe degenere.

«Tuttavia Mamma Rittah, che mi ha parlato della Terra, era convinta che fosse quest’ultima il mondo d’origine dell’umanità. E considerando la posizione isolata e trascurabile dei micogenesi in una galassia di trilioni di individui che non condividono le loro strane usanze, può darsi benissimo che la Terra fosse il mondo d’origine e Aurora il ramo aberrante. Non sono in grado di stabilirlo, ma le dico tutto questo perché comprenda le mie conclusioni.»

Hummin annuì. «Certo. Continui pure.»

«I mondi erano nemici, Mamma Rittah è stata chiara su questo punto. Confrontando i micogenesi che rappresentano Aurora e i dahliti che rappresentano la Terra, penso che Aurora, primo o secondo non ha importanza, fosse comunque il mondo più avanzato, quello in grado di produrre i robot più perfetti ed esternamente indistinguibili dagli esseri umani. Ergo, quel robot è stato progettato e costruito su Aurora. Ma era un rinnegato, così ha abbandonato il pianeta; per i terrestri era un eroe, quindi deve essersi unito alla Terra. Perché l’abbia fatto, quali fossero i suoi motivi, non sono in grado di dirlo.»

Hummin intervenne: «Ne parla come se fosse una persona anziché una macchina».

«Diciamo che, con lei di fronte a me, mi riesce difficile usare il pronome neutro. Secondo Mamma Rittah il robot-eroe esisteva ancora e sarebbe tornato quando fosse stato necessario il suo aiuto. L’idea di un automa immortale non mi è sembrata impossibile, o almeno l’idea di un automa che dura finché si provvede alla sostituzione delle parti usurate.»

«Anche il cervello?»

«Certo. Non so nulla di robot, ma immagino che il cervello vecchio si possa riversare su uno nuovo; e Mamma Rittah ha accennato a strani poteri mentali. Ho pensato: “Deve essere così. Sarò anche un ingenuo, ma non sono tanto romantico da credere che un solo robot, cambiando fazione, possa alterare il corso della storia. Un robot non può essere stato l’elemento decisivo della vittoria della Terra e della sconfitta di Aurora. A meno che non possedesse qualche strana particolarità”.»

«Hari, si rende conto che sono leggende e che forse sono state distorte per secoli, anzi millenni, modificandosi al punto da stendere un velo soprannaturale su avvenimenti del tutto normali? Un robot che, oltre ad avere un aspetto umano, vive in eterno e ha poteri mentali... Ci crede davvero? Non starà cominciando a prestar fede all’esistenza di una sfera sovrumana?»

«So benissimo cosa sono le leggende e non mi lascio ingannare dalle favole. Tuttavia, quando sono avvalorate dagli avvenimenti cui ho assistito o di cui sono stato protagonista di persona...»

«Per esempio?»

«Appena l’ho incontrata mi sono fidato di lei. Mi ha aiutato contro i due teppisti anche se non era strettamente necessario, e in questo modo si è conquistato la mia simpatia: allora non sapevo che fossero pagati da lei ed eseguissero i suoi ordini. Ma lasciamo perdere i dettagli.»

«D’accordo.» Nella voce di Hummin si coglieva una sfumatura divertita.

«Mi sono fidato di lei. Mi sono lasciato convincere facilmente a non tornare su Helicon e a vagare senza meta su Trantor. Ho creduto a tutto quello che mi ha detto senza discutere, mi sono messo nelle sue mani. Ripensandoci ora, mi rendo conto che quello non ero io. Non sono un tipo che si lascia influenzare tanto facilmente, eppure è successo senza che giudicassi strano un comportamento così insolito per me.»

«Lei si conosce meglio di chiunque altro, Hari.»

«Non si tratta solo di me. Come mai Dors Venabili, una bella donna con una carriera a cui pensare, ha abbandonato il lavoro per unirsi alla mia fuga? Perché ha messo a repentaglio la sua vita per salvarmi, dedicandosi alla mia protezione come se fosse un dovere supremo, da eseguire con devozione assoluta? Soltanto perché lei glielo ha chiesto?»

«Gliel’ho chiesto, in effetti.»

«Dors non sembra il tipo disposto a cambiare in modo radicale la propria esistenza solo perché qualcuno glielo domanda. E non potevo credere che si fosse innamorata di me a prima vista. Mi piacerebbe che fosse così, ma Dors sembra molto padrona dei suoi sentimenti, mentre io, parlando con franchezza, non lo sono altrettanto nei suoi confronti.»

«È una donna meravigliosa, la capisco» osservò Hummin.

Seldon proseguì: «Inoltre, come mai Caposole Quattordici, un mostro di arroganza, capo di un popolo altezzoso e intransigente, ha accettato di accogliere dei tribali come Dors e me, e di trattarci umanamente... almeno nei limiti consentiti dal modo di vivere micogenese? E quando abbiamo violato ogni norma, commesso tutti i sacrilegi possibili, com’è riuscito a convincerlo a lasciarci andare?

«Mi piacerebbe sapere come ha convinto i Tisalver, pieni di meschini pregiudizi, a tenerci in casa loro. Lei è un individuo che si trova a proprio agio dappertutto, è amico di tutti e influenza le persone indipendentemente dalle loro particolarità individuali: in che modo? Come riesce a manipolare Cleon? Ammettendo pure che sia un tipo malleabile e cedevole, come ha manipolato suo padre, che a detta di tutti era un tiranno duro e lunatico?

«E soprattutto, come mai Mannix IV di Wye ha impiegato anni per allestire un esercito senza pari, un’armata efficientissima e addestrata alla perfezione, per vederla disgregarsi in un attimo quando la figlia ha cercato di utilizzarla? Come ha convinto quegli uomini a rinnegare in blocco i loro capi?».

«Forse significa semplicemente che sono una persona accorta abituata ad avere a che vedere con individui di ogni tipo, che la mia posizione mi ha permesso di fare dei favori a figure importanti e mi permetterà di farne altri in futuro. Non basta, come spiegazione? Nessuna delle cose che ho fatto richiede doti soprannaturali, mi pare.»

«Nessuna? E la neutralizzazione dell’esercito di Wye?»

«Soldati che non volevano servire una donna.»

«Senza dubbio sapevano che quando Mannix avesse lasciato la carica, o fosse morto, Rashelle sarebbe diventata il nuovo sindaco, eppure fino a quando lei non l’ha deciso, non hanno dato segni di malcontento. Una volta Dors l’ha descritta come un uomo estremamente persuasivo, e lo è. Più persuasivo di qualsiasi essere umano. Ebbene, Hummin? Lei non è un robot immortale dagli strani poteri mentali?»

«Cosa si aspetta, che ammetta di essere un automa? Che ho soltanto un aspetto umano? Che sono immortale e ho eccezionali poteri mentali?»

Seldon si avvicinò a Hummin. «Voglio che mi dica la verità, e secondo me quello cui ha appena accennato lo è. Lei è il robot di cui Mamma Rittah mi ha parlato. Da-Nee, l’amico di Ba-Lee. Lo ammetta, non ha scelta.»

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