Il salvataggio di Bulgarelli
Edmondo Fabbri (1921-1995)
Allenatore dal 1969 al 1972
Giocava ancora nell’Imolese, la squadra della sua città (anche se era nato a Castel Bolognese), quando Hermann Felsner gli offrì la possibilità di vestire rossoblù per un pomeriggio, un’amichevole che legò il suo destino al calcio, e forse anche al Bologna. Ultimo di cinque figli, Fabbri passò 53 dei suoi 74 anni all’interno del calcio. Da giocatore era un’ala rapida. Solo squadre del Nord nella sua carriera a cavallo della Seconda guerra mondiale: Forlì, Atalanta, Inter, Sampdoria, Brescia, Parma e Mantova. Proprio da qui ricominciò in veste di allenatore dei miracoli, portando la squadra biancorossa dai dilettanti alla serie A in appena quattro anni. L’impresa gli valse la nomina a commissario tecnico della Nazionale: nel 1962 c’era da ricostruire sulle macerie del fallimento ai Mondiali del 1962 del Cile, dove l’Italia non era riuscita a superare il primo turno preliminare. Con Bulgarelli e Rivera formò il cervello di una squadra incardinata soprattutto sui giocatori del Bologna, da Tumburus a Fogli, da Perani a Janich, scelta che risultò fatale, a loro in primis, quando il tracollo ai Mondiali d’Inghilterra del 1966 ad opera della Corea del Nord e di Pak Doo-ik rese necessaria la tabula rasa. Fu Orfeo Pianelli, presidente del Torino, a dare a Fabbri, “quello della Corea”, la possibilità di riscattarsi. Con i granata l’allenatore imolese vinse la Coppa Italia del 1968, replicando l’impresa due anni dopo a Bologna. A volerlo in rossoblù era stato il presidente Venturi, con cui Fabbri ebbe sempre un rapporto tumultuoso: un giorno dovette rientrare d’urgenza dalla Romania per convincere il presidente (e ci riuscì) a non cedere Bulgarelli al Milan. In rossoblù resistette due anni e mezzo, vincendo poi anche la Coppa Italo-Inglese, ultimo trofeo internazionale del Bologna prima dell’Intertoto del 1998. Nella sua avventura rossoblù pagò colpe non sue, come l’infortunio a Franco Liguori, il centrocampista potenzialmente più talentuoso di quella generazione, stroncato da un fallo micidiale di Romeo Benetti. Fatale la stagione 1971-72, che non riuscì a concludere a causa di un avvio vacillante, con otto sconfitte in diciotto partite. Venne sostituito dalla coppia Pugliese-Cervellati, ma con il cuore rimase sempre vicino al Bologna. Lo prova il fatto che tornò come osservatore e consulente dal 1987 al 1992, quando nel caos societario di quei mesi fu liquidato senza troppi preamboli. Tre anni dopo era già morto.