Il pastorino
Ivan Tage Jensen (1922-2009)
Al Bologna dal 1949 al 1956; 183 presenze ufficiali.
Esordio in campionato: 4-12-1949, Bologna-Venezia 6-1
In Danimarca lo chiamavano “il Professore”, non per il modo cattedratico di interpretare il calcio, ma proprio perché Ivan Tage Jensen, nato a Copenaghen il 22 dicembre 1922, era effettivamente un insegnante. E tale sarebbe rimasto tutta la vita, arrivando a scrivere numerosi libri sul calcio una volta ritiratosi dalle scene agonistiche. Il suo arrivo a Bologna, nel 1949, coincise con il traumatico passaggio di gioco dal Metodo al Sistema. Cosa cambiava? Il Metodo, i cui padri sono comunemente identificati nel commissario tecnico dell’Italia Vittorio Pozzo e nel suo amico e rivale Hugo Meisl, per venticinque anni allenatore della nazionale austriaca, portava a un gioco meno fisico, caratterizzato spesso da lanci lunghi che partivano dai difensori o dal centromediano e che giungevano ai centrocampisti avanzati o alle ali. Queste ultime poi servivano l’attaccante che finalizzava in rete. Le squadre “sistemiste”, invece, si facevano ammirare per l’eleganza della manovra, che somigliava, come nel calcio moderno del Barcellona, a una fitta rete di ragnatele. Fu la stagione del Grande Torino, nella seconda metà degli anni Quaranta, a sdoganare definitivamente il Sistema. Il Bologna, che sul Metodo aveva costruito tutte le sue grandi vittorie degli anni Trenta (“lo squadrone che tremare il mondo fa”), fu invece l’ultima formazione italiana a convertirsi al nuovo dettato. Il punto di non ritorno si verificò all’inizio del campionato 1949-50, quando a Tony Cargnelli fu affidata la dolorosa conversione. Come primo effetto, si ebbe la roboante sconfitta casalinga per 2-6 inflitta dall’Atalanta. Per cercare di attutire l’impatto con le nuove disposizioni in campo, nell’estate 1949 il Bologna aveva acquistato dall’Akademisk Boldklub di Gladsaxe, vicino Copenaghen, il non più giovanissimo Ivan Tage Jensen, di professione professore. In quella squadra, tra l’altro, aveva militato persino Niels Bohr, futuro premio Nobel per la Fisica. Già svezzato al Sistema, Jensen fu collocato in mezzo al campo al fianco di Franco Marchi per cercare di abituare i nuovi compagni alla rivoluzione tattica. Da quel momento, infatti, ai mediani sarebbe stato demandato il compito di impostare la manovra con tutti i crismi che esigiamo oggi da un regista. In quell’anno disgraziato il Bologna si salvò per un soffio, arrivando appena tre punti sopra il Bari, retrocesso in serie B. Jensen, che era mediano della Nazionale danese, era dotato di grande carica agonistica, dinamismo e continuità, un vero stantuffo, generoso e corretto, al quale l’anno seguente si decise di affiancare il connazionale Axel Pilmark. I due formarono la cosiddetta coppia di “Pastorini”, così chiamati perché anziché la fantasia sudamericana dei Sansone e dei Fedullo, evocavano la meticolosità e l’applicazione dei guardiani del gregge. Non spettacolari a vedersi, ma senza dubbio efficaci e professionali. I prototipi dei giocatori del Nord che avrebbero fatto spesso la fortuna di molti club italiani. Jensen, che a differenza del gemello Pilmark non era più nel fiore degli anni, resistette sei stagioni ad alto livello. Nel 1955-56 dette segno di un vistoso calo di rendimento. Decise così, con grande senso di responsabilità, di abbandonare le scene. Se ne tornò in Danimarca a insegnare nella sua vecchia scuola media. Il Bologna lo sostituì con Antoine Bonifaci, il primo calciatore francese della sua storia. Non abbastanza grande per non far rimpiangere il professore danese.