Freddo assassino
Enéas De Camargo (1954-1988)
Al Bologna nel 1980-81; 23 presenze ufficiali.
Esordio in campionato: 14-9-1980, Bologna-Ascoli 1-0
Nel 1980 l’Italia del calcio fu travolta dallo scandalo delle scommesse. Un terremoto politico devastante: Lazio e Milan furono retrocesse in serie B, altre tre squadre (Avellino, Bologna e Perugia) subirono penalizzazioni consistenti, diciotto giocatori di serie A vennero radiati o squalificati da 3 mesi a 6 anni (compresi i rossoblù Petrini, Savoldi e Colomba). Proprio in quell’estate surreale, l’Italia ospitò l’edizione più disertata dei campionati europei. Il popolo del calcio aveva perso fiducia nel suo divertimento nazionale. Occorreva rapidamente una svolta per ridare linfa a uno sport precipitato in una crisi morale e tecnica senza precedenti. I vertici federali convennero su un punto: se gli italiani non erano riusciti a tenere alto il livello del calcio, bisognava tornare a rivolgersi al mercato straniero. Dal 1966, infatti, l’Italia aveva chiuso le sue frontiere. Quel radicale protezionismo (paragonabile solo al periodo fascista, quando però gli oriundi erano i benvenuti) era stato introdotto per cercare di ridare nerbo ai calciatori italiani, vittime, secondo la vulgata dell’epoca, della concorrenza straniera che avrebbe impedito ai giovani talenti di emergere. La decisione riguardò ovviamente i nuovi arrivati e “salvò” solo gli stranieri ingaggiati prima del 1966. In ogni caso, per quattordici lunghissimi anni il calcio italiano non conobbe alcun volto nuovo da fuori confine. Ma la crisi del 1980 fece capire che proseguendo con questo assurdo pregiudizio si sarebbe perso ogni contatto con la realtà, con il solo risultato di favorire la competitività di altri campionati. Per riguadagnare se non la fiducia, almeno la presenza di un pubblico ancora frastornato dagli scandali, si decise di riaprire le frontiere. E immediatamente partì la corsa all’accaparramento dei migliori. Tra le 16 squadre di serie A, solo cinque decisero di non ricorrere agli stranieri (Ascoli, Brescia, Cagliari, Catanzaro e Como). Tutte le altre dodici spesero somme enormi per mostrare di saper cavalcare la nuova tendenza. Ai nastri di partenza del nuovo torneo si presentarono il brasiliano Juary dell’Avellino, l’argentino Bertoni della Fiorentina, l’irlandese Brady della Juventus, il tedesco (e futuro rossoblù) Neumann dell’Udinese, l’olandese Krol del Napoli, il campione brasiliano Falcao della Roma, l’austriaco Prohaska dell’Inter. Il Bologna del presidente Tommaso Fabbretti non volle essere da meno e si rivolse al ventiseienne brasiliano Enéas de Camargo, un centravanti di San Paolo più votato alla rifinitura che alla finalizzazione, da collocare come seconda punta al fianco di Salvatore Garritano. Nella sua precedente vita calcistica, Enéas aveva giocato solo nel Portuguesa. Fino ad allora, non aveva mai messo piede in Europa, nemmeno per andarci in vacanza. Il primo impatto fece ben sperare: l’abilità nel dribbling e la capacità di creare varchi per i compagni confermarono ciò che s’era detto di lui. Ma nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo con l’insorgere dei primi freddi. Enéas, infatti, non aveva mai vissuto, né tantomeno giocato, a una temperatura sotto i quindici gradi. Lo zero termico gli era sconosciuto tanto quanto la neve. A un compagno chiese persino cosa fosse quella strana farina che scendeva dal cielo. E così, mentre il Bologna di Gigi Radice faticava per recuperare i cinque punti di penalizzazione in classifica, agli inizi di novembre Enéas cadde vittima del primo infortunio muscolare di stagione. Quando fu chiaro che oltre alla nostalgia di casa il problema principale era il freddo, non si trovò altro modo che infagottarlo in un improbabile assortimento di guanti, calzamaglia e berretto, con il risultato di rallentare drasticamente i suoi movimenti. Fu un inverno tragicomico: più il Bologna guadagnava terreno, rendendo ininfluente gli effetti dell’handicap di classifica, più Enéas regrediva nelle prestazioni. Quando per scherzo fu vestito da Babbo Natale, il suo sorriso imbarazzato ma gentile certificò che Bologna non era la piazza in cui avrebbe potuto esprimere il suo calcio. Chiuse il suo primo e unico anno in rossoblù con tre gol in venti apparizioni. A fine stagione fu ceduto all’Udinese in cambio di Neumann. Di male in peggio. L’ancor più rigido clima friulano, unito ai malumori della moglie che non vedeva l’ora di tornarsene in Brasile, convinsero Enéas a fare le valigie in anticipo. Coi bianconeri non era sceso in campo nemmeno una volta. Il ritorno in patria lo resuscitò: spese tre anni proficui al Palmeiras, tornando a segnare quasi agli stessi ritmi con cui s’era fatto conoscere al Portuguesa (e che gli erano valsi la chiamata in Nazionale). Il destino però volle accanirsi con lui un’ultima volta: il 22 agosto 1988, a meno di un anno dalla sua ultima partita, mentre rientrava dalla casa del fratello, un colpo di sonno fece schiantare la sua auto contro un camion che percorreva la strada in senso opposto, sul ponte Cruzeiro do Sul di San Paolo. Lottò per sopravvivere quattro mesi e cinque giorni. Poi, alle tre del mattino del 27 dicembre 1988, smise di combattere consegnandosi per sempre al grande freddo.