Salvezza a chiamata
Stefano Pioli (1965-)
Allenatore dal 2011 al 2014
Con Francesco Guidolin, Stefano Pioli è stato l’unico allenatore degli anni Duemila ad aver portato il Bologna sopra i cinquanta punti. Facile, si dirà, quando nell’attacco del 2011-12 c’erano a disposizione Di Vaio, Ramírez, Diamanti e la linea mediana sembrava una porta infernale con due cerberi come Mudingayi e Perez, per non tacere della difesa, comandata da Portanova. Ma di facile in quell’impresa non c’era nulla, considerate le premesse: Bologna ultimo in classifica con un punto in cinque partite, spogliatoio in subbuglio e urlacci da e per Pierpaolo Bisoli, che di quel gruppo forse non aveva ancora trovato una forma, pur capendo subito che nella preparazione estiva si giocava la sua sopravvivenza. E infatti la squadra seppe pedalare forte fino all’ultimo, resistendo anche alla tentazione di mollare a salvezza acquisita. Pioli fu chiamato a fare ordine in un ambiente a rischio secessione, pieno di pericolosi dualismi: il direttore sportivo Bagni e il direttore generale Zanzi, il presidente Guaraldi e il suo vice Setti, gli amici-nemici Di Vaio-Portanova. A Pioli, che nel 2001 da allenatore degli Allievi rossoblù vinse uno storico scudetto, la telefonata decisiva arrivò mentre stava guardando una partita dei dilettanti allenati dal fratello Leonardo. Arrivò il giorno dopo, senza promettere nulla. La situazione non lo consentiva. Fu subito buona la prima di Novara, anche grazie a una mano del destino: Diamanti si fece male quasi subito, entrò Ramirez e pescò il gol nel sette. Da lì in avanti, fu tutto un altro Bologna, pericoloso per ogni avversario, anche per l’Inter, che a San Siro cadde 3-0 sotto i colpi di Di Vaio e Acquafresca. Pochissimi i gol subiti, 43, quarta difesa del campionato, un mezzo miracolo, di sicuro mai più ripetuto. Ci si illuse che tutto potesse solo migliorare, da lì in avanti. Poi irruppe la realtà: Ramirez ceduto al Southampton per far fronte ai diktat di cassa, poi il divorzio tra Setti e Guaraldi (che all’ex socio dovette pagare un Patek Philippe da 50.000 euro per aver perso la scommessa sui 50 punti del Bologna), i guai del calcioscommesse che costarono tre mesi di squalifica a Portanova. Dopo il campionato grigiastro del 2012-13 (44 punti), i nodi vennero al pettine. Un girone d’andata appena sopra il filo della sopravvivenza costò a Pioli l’esonero già nei primi giorni del 2014. Anche qui, come avvenne all’inizio dell’avventura, tutto fu risolto con una semplice telefonata: Guaraldi lo avvisò del licenziamento direttamente da Cancún, in Messico, dove si trovava in vacanza. Mossa avventata, forse non inevitabile, visto che i rossoblù erano ancora un punto sopra la terzultima. A Pioli venne imputato di aver perso il polso della situazione: c’era stato anche un ammutinamento, poco prima di Natale, quando la squadra si rifiutò di andare in ritiro. Ma la curva, schierata sin dall’inizio contro la proprietà restò sempre dalla sua parte. Da avversario, Pioli s’è presentato contro i rossoblù nove volte con quattro squadre diverse (Lazio, Inter, Fiorentina e Milan). E non è mai stato sconfitto.