Il capitano del 64

Mirko Pavinato (1934-)

Al Bologna dal 1956 al 1966; 297 presenze ufficiali.

Esordio in campionato: 16-9-1956, Torino-Bologna 1-1

Fu il capitano nell’anno “santo” dell’ultimo scudetto e questo basterebbe a consacrarlo per sempre tra i grandi. Ma Mirko Pavinato non fu soltanto una fascia legata al braccio. Egli fu il braccio stesso di quegli anni irripetibili, un figlio della provincia che scalò le gerarchie del potere sportivo e arrivò, per puro merito, più in alto di tutti con la sola forza del lavoro e della volontà. Vicentino taciturno, crebbe nel Lanerossi Vicenza e rischiò di terminare precocemente la sua carriera per colpa di una brutta pallonata in un occhio rimediata durante la finale del Torneo di Viareggio del 1954 contro il Milan. Per far capire di che pasta fosse fatto, nonostante il dolore e la momentanea cecità da un occhio, Pavinato si mise all’ala destra, non si perse d’animo e realizzò addirittura il terzo gol con cui i “Lanieri” vinsero la Coppa. Nel 1956 Renato Dall’Ara decise di fare una piccola follia, al termine di annate turbolente, che avevano animato pesanti contestazioni del pubblico: con trenta milioni e il cartellino di Dell’Innocenti comprò il ventiduenne Pavinato. Sulle prime quella mossa venne criticata duramente (con la stessa cifra si sarebbe potuto acquistare un grande attaccante), ma negli anni l’investimento diventò quantomai redditizio, oltreché decisivo per la conquista dello scudetto del 1964. Solo due anni prima, per rendere l’idea, l’Inter di Moratti avanzò una proposta da 300 milioni, dieci volte il valore iniziale. E Dall’Ara li rifiutò. Quando Fulvio Bernardini si ritrovò Pavinato nell’organico del 1961 non poté chiedere di meglio. Aveva conosciuto il terzino rossoblù quando allenava a Vicenza, ma all’epoca era ancora troppo giovane per la prima squadra. Probabile che proprio Bernardini sia stato uno dei principali artefici del mancato passaggio di Pavinato all’Inter. Sicuro, invece, che dopo l’addio di Bernardini nel 1965, anche la permanenza di Pavinato fu messa in discussione. E infatti nel 1966, dopo un’ultima stagione avara di soddisfazioni, fu ceduto al Mantova dove giocò altre 54 partite nel ruolo di libero, non riuscendo però a evitare la retrocessione in serie B nel 1968, unica macchia di una carriera esemplare che nel 2018 gli è valsa la nomina a Cavaliere della Repubblica. Non segnò mai in nessuna delle 264 partite in campionato, né nelle 19 gare europee, compresa la drammatica partita del Camp Nou di Barcellona contro l’Anderlecht del 1964, risolta con il lancio di cinque pesetas: c’era proprio Pavinato, in qualità di capitano, ad assistere al sorteggio per stabilire chi dovesse passare il turno dopo lo 0-0 sul campo. Al primo tentativo la moneta s’incagliò tra i fili d’erba. Al secondo, vinsero i belgi. Pavinato restò immortalato in una celebre foto che lo ritrasse sbigottito, un attimo prima di scoppiare nella disperazione più schietta. Dopo una breve esperienza in panchina alla guida del San Marino, si diede all’imprenditoria con discreto successo: tra le sue attività, ci fu anche quella di coltivatore di funghi. Sua figlia Sofia, “la figlia del capitano”, ha sposato il calciatore rossoblù Francesco Gazzaneo che nel 1985 segnò un gol decisivo per evitare la retrocessione in serie C. Il nome di Mirko Pavinato è rimasto sempre orgogliosamente sull’elenco telefonico di Bologna.