Sangue blu
Mario Della Valle (1896-n.d.)
Al Bologna dal 1913 al 1922; 45 presenze ufficiali.
Esordio in campionato: 19-10-1913, Hellas Verona-Bologna 8-2
Iscritto al registro della nobiltà italiana, Mario era il secondo dei tre fratelli Della Valle che vestirono i colori rossoblù nell’epoca di passaggio dall’eroico dilettantismo ai primi passi del calcio professionistico. Dopo che il fratello maggiore Guido, tra i soci fondatori del club, era morto nel 1915 combattendo nella Grande Guerra, toccò a Mario raccoglierne l’eredità, in attesa che il piccolo Giuseppe, classe 1899, diventasse abbastanza maturo da poter ricalcare i loro passi. A diciassette anni Mario Della Valle era già nei ranghi della prima squadra, segnalandosi per il tocco raffinato e lo spunto in velocità. Furono gli anni successivi alla Guerra a rivelare appieno il suo talento, anche in fase realizzativa, con 22 gol nei campionati 1919-20 e 1920-21, giocati assieme al fratello Giuseppe. Tra i due, però, era chiaro chi fosse destinato a restare a lungo nella formidabile squadra allenata da Felsner. Per Mario, che studiava da medico, era diventato impossibile conciliare studio e sport. «Talvolta», ricorderà negli anni a venire, «si lasciava a desiderare: e il pubblico non mancava di beccare; e siccome la stampa di quei tempi non aveva spazio per entrare nei particolari, non specificava per esempio che il cattivo rendimento poteva dipendere da una nottata in bianco dovuta ad esami imminenti; la gente rimaneva perplessa mentre la realtà, se conosciuta, avrebbe giustificato in pieno la prova scadente». Lasciò il calcio nel pieno della maturità, a ventisei anni non compiuti, per dedicarsi completamente all’attività di medico a Vergato, sulla montagna bolognese. Un rimpianto lo perseguitò a lungo: nel 1921, durante la finale scudetto con la Pro Vercelli giocata sul neutro di Livorno, Della Valle fallì un gol a un metro dal portiere Cavanna. Era la famosa partita del “golden gol”. Chi avesse segnato per primo, in quegli interminabili tempi supplementari, avrebbe conquistato il titolo. L’errore fu fatale: pochi minuti dopo toccò al piemontese Rampini risolvere l’incontro. Forse anche il rimorso per quell’errore spinse il talentuoso Mario a lasciare la ribalta al fratello Giuseppe.