Il cacciatore di talenti
Carmine Longo (1945-2015)
Direttore sportivo nel 2010-11
Due lauree, una in Lettere e l’altra in Scienze Politiche. Cravatte di Hermès. Citazioni latine. Carmine Longo, nato a Salerno nel 1945 in una famiglia ben inserita nel mondo politico, era una pecora nera dell’ingranaggio trita-valori del calcio moderno. Non a caso i suoi modelli erano i grandi presidenti degli anni Sessanta, Renato Dall’Ara in testa. A 17 anni aveva cominciato la sua gavetta come segretario di una piccola società di Prima Categoria. Il calcio era un amore folle e istintivo, difficile da immaginare su un uomo di lettere e di letture, da tutti chiamato “il Professore”. Di questo sport amava soprattutto i giocatori tecnici, i numeri 10. Al Cagliari, dove approdò nel 1987 dopo un lungo apprendistato a Perugia, riuscì a portare Enzo Francescoli e Daniel Fonseca, al termine di un’esaltante cavalcata dalla C alla A, fino alla qualificazione in Coppa Uefa. Nel 2010, ormai avviato alla pensione, accettò di tornare in pista per seguire l’imprenditore sardo Sergio Porcedda a Bologna. Gli fu affidata la rifondazione totale della squadra, in un momento storico in cui l’organico era quasi azzerato. In un’estate riuscì a portare 18 giocatori spendendo poco più di venti milioni di euro, ma solo sulla carta, perché quella società aveva i piedi d’argilla e non seppe resistere alla prima tornata di stipendi. Rimasto solo dopo l’addio di Porcedda, a Longo fu riconosciuta la paternità di quel gruppo. E così nei mesi più difficili, mentre Giovanni Consorte e un gruppo di imprenditori locali capitanati da Massimo Zanetti salvavano i bilanci per evitare il tribunale fallimentare, Longo si trasformò da direttore sportivo a uomo-spogliatoio, diventando l’imprescindibile stampella del tecnico Alberto Malesani. Il 29 aprile 2011, nominato il quarto presidente di quella turbolenta stagione, Longo dettò alle agenzie la sua disponibilità a farsi da parte. Lo presero alla lettera, considerandolo uno dei responsabili di quell’annata sul filo della sopravvivenza. Eppure, fu proprio grazie ad alcune sue intuizioni di mercato, soprattutto quella che portò in rossoblù il talento uruguaiano Gastón Ramírez, se il Bologna riuscirà a salvare i bilanci degli anni successivi. Malato da tempo di cuore, spese gli ultimi anni nel suo buen retiro di Castellabate, vicino alla sua Salerno. Nel 2012 fu vittima di un’ischemia cerebrale, da cui si riprese. Nel 2015 il colpo definitivo, alla Vigilia di Natale.