Il presidente dello stadio

Cesare Medica (n.d.)

Presidente dal 1919 al 1921

Il cinema di via Monte Grappa che porta il suo nome non solo ha resistito più di un secolo, ma è ancora il più grande dell’Emilia-Romagna. Col suo Cinema-teatro Medica, il genovese Cesare Medica era destinato a lasciare un segno profondo nel mondo dello spettacolo bolognese. Poltroncine di velluto o gradinate di stadio, il senso della sua missione era chiaro: divertire il pubblico e farlo sentire a casa. Quando accettò l’onere di guidare il sodalizio rossoblù era appena finita la Prima guerra mondiale, un periodo tragico per tutti, ma in particolare per il Bologna, che in trincea aveva visto soccombere la leva migliore dei suoi giocatori, i suoi laboriosi collaboratori e alcuni soci. Il campo dello Sterlino, poi, era stato abbandonato all’incuria e stava diventando un facile pretesto in mano agli speculatori edilizi. Fu Cesare Medica, forte della sua posizione di imprenditore nel ramo degli spettacoli e del caffè, a convincere i nuovi soci a tentare di percorrere una strada inedita, certamente rischiosa, ma fondamentale per il destino e le ambizioni del club.

Il 15 marzo 1920 il neopresidente annunciò l’intenzione di acquistare il terreno su cui sorgeva il campo dello Sterlino, «condizione assolutamente indispensabile», spiegò quel giorno, profeticamente, «perché il Bologna possa perseguire lo scopo di sua costituzione, perché un terreno in affitto non permette con tranquillità il compimento su di esso di tutti i lavori necessari». In sostanza, il Bologna non poteva più permettersi di pensare in grande con la minaccia ricorrente di essere sfrattato da un momento all’altro. La sua proposta non cadde nel vuoto, perché già nel settembre del 1919 al Caffè Nazionale, proprio sotto le Due Torri, Medica aveva indetto la prima riunione della società anonima cooperativa Bologna Football Club, una forma di azionariato popolare ante litteram con venticinque soci che versarono 10 lire ciascuno per riavviare le attività di base. L’iniziativa non fu accettata dalla Federcalcio, che sospettava fini di lucro in quello che doveva restare, per i canoni dell’epoca, un sodalizio dilettantesco. Però quell’episodio aveva ricreato una coscienza collettiva, che Medica seppe riformulare e declinare sul nuovo obiettivo. Nacque così la Bologna Sportiva, una società parallela di raccolta capitali che anticipò di novant’anni l’azionariato popolare di Giovanni Consorte dopo la fuga di Sergio Porcedda nel 2010. Fu un’operazione di fund-raising senza precedenti. E si rivelò decisiva per l’acquisto in pianta stabile del primo campo sportivo in dotazione al Bologna. Con 70.803 lire, quanto fu corrisposto al proprietario, il principe Astorre Hercolani, Medica salvò lo Sterlino e vi avviò i primi lavori di modernizzazione, ovvero la tribuna coperta in cemento armato, la terrazza sopraelevata, gli spogliatoi, il magazzino e pure l’abitazione di un custode fisso. Di colpo, il Bologna si ritrovò uno degli stadi più all’avanguardia d’Italia. Tutto si risolse nei mesi in cui ancora si piangevano i morti da febbre spagnola, 750.000 in tutta Italia tra cause dirette e indirette. Nessuno avrebbe potuto scommettere su un rilancio così rapido, dopo quattro anni interi senza calcio. Ma Medica non si limitò a questa impresa finanziaria e immobiliare. Fatto lo stadio, occorreva ricostruire una squadra competitiva in grado di riempire le gradinate di pubblico appassionato. Medica era abituato a guardare lontano. Se il Bologna voleva davvero crescere, come squadra e come mentalità, occorreva un punto di vista straniero, un metodo capace di sintetizzare le più avanzate conquiste del calcio europeo, sia sul fronte inglese, sia sul versante danubiano. L’uomo del destino si chiamava Hermann Felsner, rintracciato con un annuncio a pagamento uscito su un giornale viennese e contattato personalmente da Arrigo Gradi, l’ex primo capitano del Bologna. Ma il futuro allenatore degli anni Venti, e poi dei tardi anni Trenta, fino al 1941, il trionfatore di quattro dei sette scudetti rossoblù, non avrebbe mai accettato se non si fosse trovato in una società ambiziosa, per quanto non ancora organizzata tecnicamente con gli standard professionistici. Di tutto questo, Medica ebbe una responsabilità riconosciuta e certificata. Ma il 30 aprile 1921, diventando impossibile la sovrapposizione tra calcio e imprese di famiglia, il più importante presidente dei primi venticinque anni di vita rossoblù rassegnò le dimissioni. Gli succedette Angelo Sbarberi, uno dei dirigenti che avevano accompagnato il Bologna nei primi passi del nuovo stadio Sterlino (sua moglie era stata persino incaricata di rompere la bottiglia sul palo alla cerimonia inaugurale del 1913). Da lì in avanti il Bologna, come una moderna impresa sportiva, entrava ufficialmente nel novero delle principali squadre italiane.