Vacanza premio

Francisco Occhiuzzi (1909-1960)

Al Bologna dal 1932 al 1934; 54 presenze ufficiali.

Esordio in campionato: 18-9-1932, Padova-Bologna 0-0

A conti fatti, l’esperienza rossoblù del “Fray Mocho” Francisco Occhiuzzi costò la bellezza di cento dollari a partita, senza neppure tener conto dell’ingaggio e delle spese per portarlo in Italia. Per strapparlo al Montevideo Wanderers il Bologna fu disposto a pagare 5.500 dollari, una cifra enorme, nel 1932, ma giustificata dalla fama di cui godeva questo centromediano dai piedi buoni, già inserito nel giro della nazionale Celeste. Il suo era un raro ma non inedito caso di oriundo al contrario: nato a Cetraro, in provincia di Cosenza, Occhiuzzi aveva raggiunto la famiglia nella capitale uruguaiana, segnalandosi fin da subito come uno dei migliori difensori del Cerro di Montevideo. A 19 anni aveva già vestito la maglia della nazionale e a 23 aveva festeggiato il titolo nazionale con i Wanderers. I suoi esordi rossoblù erano stati incoraggianti, ma il 19 febbraio 1933, alla prima giornata del girone di ritorno, il destino mise sulla sua strada il giocatore del Padova Gino Callegari. Il durissimo scontro di gioco che ne seguì al povero Occhiuzzi fece saltare in un attimo tibia e perone e al Bologna le residue speranze di agganciare la Juventus, distante solo un paio di punti. Curato a dovere, fu rispedito in campo nella stagione 1933-34, chiusa con 34 presenze. Ma quando il peggio sembrava ormai alle spalle, con un colpo di teatro da vero sudamericano Occhiuzzi cambiò completamente atteggiamento. Accadde all’inizio del nuovo anno sportivo: nell’estate 1934 giocò regolarmente due partite di Coppa dell’Europa Centrale, dando segni palesi di un crollo fisico che s’accompagnava con ogni probabilità anche a un disagio nervoso. Giustificato da una condizione atletica insoddisfacente, che l’avrebbe comunque tenuto lontano dal campo, ottenne da Renato Dall’ara un permesso per tornare a Montevideo. La versione ufficiale parlava di generiche “faccende familiari”. Nessuno ebbe il coraggio di approfondire, ma di Occhiuzzi non si saprà nulla fino al momento della morte, avvenuta precocemente a 51 anni nel 1960, sei anni dopo la morte, altrettanto prematura, del suo “carnefice” Callegari. Così la fulminea carriera rossoblù di Occhiuzzi fece scontenti tutti: lui per primo, che sacrificò due ossa per la causa e non di meno il Bologna, che pensava di aver trovato il centromediano del futuro. Per Renato Dall’Ara, poi, fu quasi uno smacco personale aver concesso una vacanza premio a un calciatore che, imbarcandosi sul transatlantico per Montevideo, forse sapeva già di non voler comprare il biglietto del ritorno. Qualcosa di simile architettò due anni più tardi anche il connazionale Francisco Fedullo, allontanatosi da Bologna con il pretesto di far visita al padre moribondo. Anche in questo caso, nessuno seppe mai se dall’altra parte del mondo ci fosse veramente un vegliardo in fin di vita. Ma Dall’Ara, che aveva cominciato a capire il temperamento ondivago dei suoi uruguaiani, riuscì almeno in quel caso a riportare indietro il suo figliol prodigo. Occhiuzzi gli aveva insegnato a nutrire una sana ma indispensabile diffidenza.