Giulio il modesto
Gyula Lelovics (1897-1968)
Viceallenatore nel 1930-31, allenatore nel 1931-32, nel 1947-48 e nel 1952
Nel minuscolo villaggio ungherese di Vashosszúfalu, 350 anime o poco più, venne alla luce nel 1897, regnante Francesco Giuseppe, Gyula Lelovics (o Lelovich), in realtà Lelowichnack, ma fatalmente storpiato dagli ufficiali della dogana italiana. Dopo una buona carriera da calciatore sentì il desiderio di allenare. Cosa lo spinse in Italia non è noto. Ma è certo il suo primo approdo, il Bologna in cui allenava l’ex connazionale (prima che l’Impero austroungarico si disgregasse in mille frammenti impazziti) Hermann Felsner. Da questi il giovane Lelovics fu assunto come collaboratore tecnico. Tra i due si parlava tedesco, ma Lelovics imparò in fretta anche l’italiano. Cosa che si rivelò utilissima, perché nel 1931, a sorpresa, Felsner lasciò il Bologna dopo undici anni consecutivi per sposare il progetto Fiorentina. Un fulmine a ciel sereno. A chi affidare la panchina? Cercare un altro allenatore d’area danubiana del livello di Felsner (che per inciso aveva già vinto due scudetti) non era una faccenda semplice. Così si decise di puntare sulle risorse interne. Lelovics concluse il campionato 1930-31 e avviò i lavori di quello successivo, terminato al secondo posto, con annessa qualificazione alla Coppa dell’Europa Centrale, la Champions League ante litteram della Mitteleuropa. In quell’edizione il Bologna fece al meglio il suo dovere: vinse nettamente in casa con lo Sparta Praga e il First Vienna, concedendosi così il lusso di perdere, con minor scarto, le gare in trasferta. Per la finale, si doveva aspettare solo il nome del vincitore della sfida tra Juventus e Slavia Praga. Attesa inutile, perché entrambe le squadre furono clamorosamente estromesse dal torneo: i cecoslovacchi avevano infatti boicottato la partita lasciando segnare platealmente la Juventus per due volte. In quell’occasione ci furono anche pesanti scontri tra tifoserie, tanto per sfatare il mito dei tempi belli di questo sport. Il comitato organizzatore ritenne così necessaria la doppia squalifica, rifiutando il gesto di cavalleria del Bologna che aveva proposto di risolvere la contesa in una finale a tre. Lelovics divenne così l’allenatore del primo titolo europeo del Bologna nonché di una squadra italiana. E il primo (e probabilmente ultimo) ad averlo vinto senza giocare la finale. Dal tetto d’Europa poteva solo scendere. Ma perché ciò avvenne in maniera così repentina resta uno dei misteri dello sport italiano. Lasciato il Bologna a fine stagione, si accasò a Livorno in serie B, conquistando subito la promozione. Ma anziché godersi i frutti del suo successo, nel 1934 decise di scendere addirittura in serie C al Siracusa, dove non arrivò nemmeno a chiudere il campionato per i problemi finanziari del club. Lelovics, forse a malincuore, dovette tornare in serie A, sempre in Sicilia, ma stavolta a Palermo, dove si fece esonerare nel giro di nove giornate. Un altro segno inequivocabile della sua allergia ai grandi palcoscenici. Eccolo allora di nuovo in terza serie, a Piombino, ultimo saliscendi prima di un’altra tappa a Livorno, stavolta nel massimo campionato, con annesso nuovo esonero. L’odissea dell’inquieto eppur mite Lelovics, un uomo che amava indossare pantaloni a vita alta con le pinces, si concluse nel 1939, esattamente al punto di partenza: stessa piazza, Bologna, e stesso incarico, vice di Hermann Felsner, proprio come alla prima avventura italiana. Felsner gli restituì poi il favore (o il dispetto?) quando nel 1947, da direttore tecnico, volle Lelovics come allenatore in prima linea al posto di Jószef Viola, confermandolo poi per l’anno successivo, chiuso con un deludente ottavo posto a pari merito con la Pro Patria. Era finita? Non ancora. Nel 1952, completando un arco più che ventennale, Lelovics si immolò per l’ultima volta, cercando di non far naufragare una barca che non erano riusciti a governare né Crawford, né Sansone, né Galluzzi. Toccò all’intramontabile Gyula, diventato per tutti “Giulio”, far tornare a galla il Bologna: i due pareggi e le due vittorie nelle ultime quattro giornate si rivelarono decisivi per non retrocedere. Fu l’ultimo atto d’amore di Lelovics, prima di sparire definitivamente nel calcio di periferia.