L’assegno in bianco
Giuseppe Signori (1968-)
Al Bologna dal 1998 al 2004; 178 presenze ufficiali.
Esordio in campionato: 12-9-1998, Milan-Bologna 3-0
Il rilancio di Roberto Baggio nella stagione 1997-98 convinse Giuseppe Gazzoni Frascara a ripetere l’esperimento. L’estate 1998, oltre alla delusione dell’immeritata eliminazione dell’Italia ai quarti dei Mondiali, presentava un altro campione finito in un vicolo in cieco. Si trattava di Giuseppe Signori, reduce da una fallimentare esperienza alla Sampdoria dopo i cinque anni esaltanti della Lazio. Il nuovo acquisto si presentò a ritiro già cominciato, vistosamente fuori forma. Carlo Mazzone, che aveva sostituito in panchina Renzo Ulivieri, gli pose subito l’aut aut: «O dimagrisci, o addio». All’epoca Signori pesava dodici chili più del suo peso ideale. Per rimetterlo in condizioni di giocare, lo staff medico stabilì una dieta draconiana: zucchero vietato, dolci aboliti, niente pizza e zero carboidrati a cena. In due mesi era tornato come prima. Intanto la squadra aveva preso una fisionomia sempre più precisa: Antonioli era tornato padrone dei pali dopo un’annata piena di infortuni; gli esperti Paramatti, Bia, Mangone e Tarantino erano i guardiani in difesa; Ingesson e Marocchi formavano una diga impenetrabile a centrocampo; Binotto e Fontolan fungevano da martellanti stantuffi laterali; e in attacco Andersson e Signori, così diversi per fisico e attitudini, si completavano a vicenda. Il 1998-99 fu in tutti i sensi un anno record: dal 18 luglio 1998, prima partita di Intertoto, al 30 maggio 1999, spareggio con l’Inter per l’accesso alla Coppa Uefa, il Bologna si ritrovò a giocare sessanta partite, una maratona estenuante, che culminò con due semifinali, quella di Coppa Uefa e di Coppa Italia, ma che logorò i rapporti tra Mazzone e Gazzoni. Già ai primi di maggio del 1999, sfumati i sogni di gloria, l’allenatore accusò il presidente di poca gratitudine, scatenando a catena la reazione della curva contro la proprietà. Per tutta risposta, Gazzoni presentò le sue dimissioni da presidente, salvo ritirarle dopo poco sotto la spinta della squadra, di cui Signori aveva preso ormai la leadership. Il rapporto tra l’attaccante e il presidente restò saldo fino all’estate 2003, quando ai primi di giugno Gazzoni annunciò che avrebbe rinunciato a Signori a causa dell’ingaggio sproporzionato in rapporto all’età. La rivolta dei tifosi, già scottati dal precoce addio di Baggio e dalla cessione di Julio Ricardo Cruz, indusse i protagonisti della vicenda a prendere tempo. Signori fece la prima mossa: ospitato in diretta tv su Rete Sette, si presentò firmando simbolicamente un assegno in bianco. A Gazzoni non rimase che completare con la cifra che riteneva congrua. Fu l’apoteosi del giocatore, sempre più guida morale del gruppo, in un ciclo sportivo che andava inesorabilmente esaurendosi. L’ultima stagione fu il canto del cigno: 6 reti in 23 partite, la metà dell’anno precedente. In totale, la rinascita di Signori portò al Bologna 67 gol in 143 partite di campionato, e altre 14 reti in 22 presenze in Europa. L’anno successivo la scelta dell’attaccante trentaseienne, per nulla intenzionato a ritirarsi, cadde sui greci dell’Iraklis, ma l’avventura fu liquidata in appena cinque apparizioni per la crisi economica del club. A quel punto tutto poteva essere apparecchiato di nuovo per un altro clamoroso ritorno di fiamma con il Bologna, che intanto era retrocesso in serie B. L’addio di Gazzoni e l’incertezza societaria indussero Signori a scegliere l’Ungheria come ultimo palcoscenico di una carriera esaltante, che solo per un soffio non l’aveva portato a raggiungere il sogno, più volte confessato, di toccare i 200 gol in serie A. Si fermò a 189, con il rimpianto, forse, di non averci provato un po’ di più.