Il Baggio dell’Egeo

Theodoros Zagorakis (1971-)

Al Bologna nel 2004-05; 34 presenze ufficiali.

Esordio in campionato: 12-9-2004, Cagliari-Bologna 1-0

Nella folle estate del 2004, quella che fece coincidere la vittoria della Grecia agli Europei e alle Olimpiadi ad Atene, il mondo guardò alla penisola ellenica come un’inaspettata nuova culla del calcio. Ma ben pochi tra i carneadi guidati dal sessantaseienne tedesco Otto Rehhagel avevano già avuto esperienze significative fuori dai confini nazionali. Tra questi c’era pure il capitano di quella Nazionale, il trentatreenne centrocampista Theodoros Zagorakis, che ad eccezione di due anni al Leicester, in Inghilterra, non aveva mai lasciato il suo paese. Allo stesso modo, il Bologna non s’era mai sognato in 95 anni di storia di avvicinarsi a un calciatore greco. Un matrimonio inedito, consumato sulle ali dell’entusiasmo, tra l’ebbrezza di un paese che non voleva più svegliarsi dal suo sogno (della crisi economica non si avvertivano ancora i presagi) e una squadra ignara del dramma sportivo cui stava per andare incontro a tutta velocità. L’annuncio dell’acquisto di Zagorakis, che s’era liberato a poco prezzo dall’Aek Atene in crisi finanziaria, fu salutato come un’improvvisa inversione di tendenza dopo mesi di chiari di luna. L’intenzione della società guidata dal reggente Renato Cipollini e dal proprietario Giuseppe Gazzoni era quella di far dimenticare il fresco addio di Giuseppe Signori, restituendo al pubblico un giocatore di prima fascia e scrollandosi di dosso l’accusa di attendismo esasperato. La curva voleva un campione? Zagorakis, medaglia d’oro agli Europei del Portogallo, un campione senza dubbio lo era, almeno in Grecia, dove deteneva il record assoluto di presenze nella Nazionale di cui era anche capitano. La Uefa, oltretutto, lo aveva eletto “miglior centrocampista dell’Europeo”, titolo altisonante e, con il senno del poi, vagamente fuorviante, ma che servì tuttavia ad alimentare i sogni di mezza estate dei bolognesi. «Parlerò sul campo, dando tutto ciò che posso: cercherò di risultare determinante, come ho sempre fatto», si presentò alla sua nuova platea, dopo aver firmato un contratto di due anni a 800.000 euro a stagione, meno di quanto aveva offerto il neopromosso Levante in Spagna, scartato dall’ambizioso Zagorakis perché, parole sue, non voleva sudarsi la salvezza. Quando gli spiegarono che erano gli stessi obiettivi del Bologna, corresse il tiro: «Nella mia carriera ho sempre giocato per puntare al massimo. Se il massimo al Bologna vuol dire salvezza, non avrò problemi ad accettare questo traguardo». Mazzone sembrava stravedere per lui dal primo momento: «Theo mi ha colpito per l’entusiasmo e le forti motivazioni. Si vede che è felice di essere con noi e di avere scelto il Bologna». Sarà stata pure un’euforia contagiosa, la sua, ma di sicuro non se ne accorsero i compagni, che con il nuovo arrivato faticavano persino a comunicare. Dopo qualche settimana, Mazzone dovette ammettere urbi et orbi che Zagorakis «ha fatto fatica a inserirsi nel calcio italiano, anche se c’è stato un periodo in cui gli ho chiesto un sacrificio tattico in assenza di Nervo e lui è stato bravissimo a adattarsi». Quel che il Bologna non aveva considerato era una somma di fattori potenzialmente letali: in primis l’età, che non consentiva prestazioni esplosive; in secondo luogo il senso fisiologico di sazietà sportiva che segue una grande vittoria come fu quella degli Europei; terzo aspetto, le enormi aspettative che s’erano accumulate in poco tempo su di lui, un calciatore passato dallo status di sconosciuto al rango di stella internazionale. Anche i più ottimisti dovettero pentirsi o ricredersi. In campo il greco appariva solo poco più che diligente, limitandosi a giocate di prammatica, ben lontano dalle prestazioni strabilianti dell’estate portoghese. I suoi ritmi compassati ma rassicuranti contribuirono a ritardare la percezione del pericolo cui andava incontro il Bologna, anche perché dopo un inizio di campionato disastroso (13 punti in 15 partite), cominciò una serie di sei vittorie e sette pareggi che issò i rossoblù dal diciassettesimo al settimo posto, in piena lotta per un piazzamento in Europa. La volontà del divo Theodoros sembrava essersi realizzata. Ma quell’edizione del campionato 2004-05, la prima serie A a 20 squadre, aveva in serbo altre e più amare sorprese. Dalla trentesima giornata in poi, il Bologna staccò le mani dai manubri e smise di pedalare. Persi i contatti con l’alta classifica, rimase solo l’obiettivo salvezza, che si riteneva ormai pura formalità. Ma rimandando giornata dopo giornata l’appuntamento con l’aritmetica, si arrivò all’ipotesi più temuta: dover vincere a tutti i costi contro la Sampdoria all’ultima di campionato. Il pareggio a reti bianche fu un presagio funesto di quello che attendeva i rossoblù, inchiodati a quota 42 punti e costretti, in un gioco perverso di regolamenti e sospetti sulla validità di alcune partite, a disputare la permanenza in serie A in un doppio spareggio di andata e ritorno con il Parma. C’era anche Thedoros Zagorakis, silenzioso e serafico testimone di una disfatta sportiva con pochi precedenti, ad accompagnare il Bologna in serie B. La sua uscita dal campo al minuto 83 di Bologna-Parma, con i gialloblù ormai sicuri della vittoria, fu l’epilogo inglorioso della sua avventura italiana. Col Bologna retrocesso, il greco rescinderà il contratto per tentare un’ultima sortita in patria con la maglia del Paok Salonicco, squadra di cui diventerà anche presidente. Nel 2014 apparve pure in politica, annunciando la sua candidatura alle elezioni al Parlamento europeo, presentato nelle liste del primo ministro Antonis Samaras. E a Strasburgo, a sorpresa, ci arriverà veramente, conquistando per la seconda volta l’Europa.