27.000 Abbonati

Roberto Baggio (1967-)

Al Bologna nel 1997-98; 33 presenze ufficiali.

Esordio in campionato: 31-08-1997, Atalanta-Bologna 4-2

Quando arrivò a Bologna per cinque miliardi di lire, Roberto Baggio aveva scollinato la trentina. Il suo passato di infortuni, delusioni, trionfi e nuove cadute – senza dimenticare il rigore fallito a Pasadena nella finale Mondiale – sembrava promettergli un futuro sportivo di pochi anni. Non sapeva che proprio grazie al Bologna avrebbe ripreso a marciare meglio di prima per altre sette stagioni. L’idea di puntare sul Pallone d’Oro era venuta a Giuseppe Gazzoni Frascara, che solo quattro anni prima aveva raccolto il Bologna dalla serie C. Un passo più lungo della gamba, forse, ma necessario per misurare le ambizioni della squadra e della piazza. Baggio divenne una prova di maturità offerta dal destino. Dal Milan arrivava un giocatore ostracizzato e mal sopportato sia da Sacchi sia da Capello. Al Bologna avrebbe trovato un nemico ancora più duro in Renzo Ulivieri, il tecnico che, saputo dell’arrivo del campione, si spinse a esclamare “Con Baggio si va in B”. Era una boutade, ma in cuor suo ci credeva veramente. Più che Baggio, temeva gli effetti collaterali del Baggismo, l’inebriamento collettivo, la perdita di equilibrio democratico dentro lo spogliatoio. Timori infondati, alla luce dei risultati di quella stagione, che con un ottavo posto finale mise le basi per l’approdo alla Coppa Uefa dell’anno successivo. Certo rimase deluso chi si aspettava una partenza fulminante: alla sesta giornata il Bologna era ancora fermo a tre punti, un bottino magrissimo, frutto di altrettanti pareggi a reti bianche. Il giorno dei morti fu quello della rinascita: il 2 novembre Baggio ribaltò il gol iniziale del Napoli e con una tripletta trascinò il Bologna alla vittoria per 5-1, la prima di altri esaltanti successi, come quello di San Siro sull’Inter, la rimonta da 2-0 a 3-2 a casa della Sampdoria, il 3-0 sul Milan e il 2-1 sulla Lazio all’ultima giornata, che valse l’aggancio alla qualificazione Intertoto. Segnò e subì tanto il Bologna di e con Roberto Baggio. Ma soprattutto divertì. Ne beneficiarono i 27.336 abbonati di quell’anno, il record, per distacco, di tutta la storia del Bologna. Gioirono soprattutto le casse del club, che solo dalla biglietteria (sponsorizzazioni escluse) videro entrare più di 14 miliardi di lire. Un anno così frenetico e irripetibile non poteva evitare colpi di teatro clamorosi, come la fuga di Baggio dal centro tecnico, una volta appreso da Ulivieri che non sarebbe stato schierato per la gara interna con la Juventus, la sua ex squadra. La città si divise in due partiti, mentre di quella lite si cominciò a parlare addirittura in America. «In quei giorni», ricordò Gazzoni, «gli Stati Uniti bombardarono Belgrado; la Cnn mandò a Bologna due inviati che mi cercarono: ero convinto che volessero fare un servizio sul nostro territorio così vicino alla guerra e invece mi dissero che volevano trattare del diverbio Baggio-Ulivieri». Occorse la mediazione del presidente per non far esplodere lo spogliatoio. La frase salomonica che chiuse la vicenda fu dettata ai giornali: «Ha ragione Ulivieri ma sto dalla parte di Baggio». Che tornò in campo la settimana dopo con la Lazio, subentrando a Kolyvanov. Gli rimanevano da segnare altri 12 dei 22 gol con cui chiuse la sua miglior stagione italiana, almeno dal punto di vista realizzativo. In estate, come uscendo da un’ipnosi collettiva, Gazzoni annunciò la sua cessione all’Inter, per la stessa cifra che aveva pagato un anno prima al Milan. Il 17 gennaio 1999, un anno esatto dopo la lite con Ulivieri, Baggio tornò a Bologna con la maglia dell’Inter. Non si era scordato dei 22 gol, della convocazione ai Mondiali 1998, dei 27.000 abbonati. A sorpresa, il giorno prima della partita i bolognesi si ritrovarono a leggere una pagina identica su tutti i principali giornali della città: «Per me Bologna rimarrà sempre quel magico posto che mi ha restituito la serenità e l’entusiasmo non tanto per giocare a calcio, ma per dare sempre e comunque il meglio. Non dimenticherò mai che se oggi gioco in una squadra che lotta per la Champions e per lo scudetto, e che a 31 anni mi sta dando la possibilità di vincere ciò che non ho ancora vinto, lo devo in gran parte a una squadra, a una città, a dei tifosi, a un Presidente, a una società il cui cuore è tutto rosso blu. E so anche che una parte del mio cuore avrà sempre quei colori». Firmato: Roberto Baggio.