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Belle si chinò sulla lettera che stava cercando di scrivere a Elvira, o Emily, come si chiamava adesso. Con troppe domande senza risposta a offuscarle la mente, aveva già fatto cinque tentativi infruttuosi. Emily l’avrebbe voluta conoscere? Le avrebbe fatto piacere sapere che l’aveva ritrovata e poi contattata in quel modo? O sarebbe stata ancora troppo scioccata dalla rivelazione sulle sue origini da non essere in grado di prendere in considerazione altre sorprese? Faticando a trovare le parole adatte, Belle aveva già appallottolato ogni tentativo di stesura prima di gettarlo via. Cosa scrivere a una sorella perduta da tempo che non sapeva ancora nulla della sua esistenza?

Accartocciò l’ennesimo foglio e lo scagliò via con forza in preda all’esasperazione. Oliver, entrando nella stanza, lo prese al volo. «Wow», disse, «siamo arrivati a questo punto?». Poi la raggiunse e le diede un bacio sopra la testa. «È così complicato?»

«È terribile», si lamentò lei, alzando lo sguardo. «Ogni frase che scrivo mi sembra raffazzonata. Tu fai il giornalista. Dimmi cosa scrivere».

«Lo sai che non posso, ma ti consiglio di farla semplice e di andare dritta al dunque».

«Più facile a dirsi che a farsi, eh?»

«Attieniti semplicemente ai fatti. Evita troppe spiegazioni. Dalle la possibilità di reagire come meglio crede».

«E se non mi volesse conoscere?».

Oliver inarcò le sopracciglia. «Scusa, amore mio, ma è un rischio che devi correre».

«Dovrei farle le mie condoglianze per la morte della donna che è diventata sua madre?».

Lui fece spallucce. «Decidi tu».

Belle chinò un attimo il capo, poi alzò di nuovo gli occhi. «Sei proprio sicuro di non volerla scrivere al posto mio?».

Oliver rise. «Abbastanza».

Quando uscì dalla stanza, Belle riprese la penna, tirò fuori un foglio intonso di carta intestata e ricominciò da capo. Stavolta le parole cominciarono a fluire.

 

Cara Emily,

non mi conosci, ma mi chiamo Annabelle Hatton e sono tua sorella minore, nata quando i nostri genitori hanno lasciato la Birmania. Tua “cugina”, Gloria de Clemente, mi ha detto che di recente hai appreso la verità su quanto successo quando sei nata, nelle tue prime settimane di vita. Immagino che scoprirlo in quel modo debba essere stato devastante.

Cambiando discorso, mi spiace molto per il lutto che hai dovuto affrontare. Purtroppo anche mia mamma, Diana (la tua madre biologica), è morta alcuni anni fa, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere che sei ancora viva. Ho scoperto cosa ti era successo solo quando è venuto a mancare mio (nostro) padre, e mi ha stupita trovare i ritagli di giornale che parlavano della tua scomparsa. La notizia era stata messa a tacere per così tanto tempo, e io non sapevo nemmeno di aver mai avuto una sorella.

Per quanto mi riguarda, sono venuta in Birmania e ho accettato un lavoro come cantante all’hotel Strand, ma ho passato tanti mesi a cercare di capire cosa ti fosse capitato. Ho sempre desiderato una sorella e sono così emozionata all’idea di averti finalmente trovata. Naturalmente, forse tu non sei dello stesso avviso, e lo capirei.

Ora come ora vivo a Rangoon e ho deciso di restare qui, almeno per il momento, specialmente perché mi sto divertendo un sacco a ristrutturare la casa in cui sei nata. Se per te non fosse troppo doloroso, mi piacerebbe avere tue notizie e sapere com’è la tua vita. Se fossi interessata a incontrarmi, qua ci sono molte stanze libere e saresti più che la benvenuta a trattenerti da me. Ciononostante, accetterei la tua decisione se invece preferissi evitare. So che scoprire in questo modo di avere una sorella dev’essere abbastanza sconvolgente.

Tra quattro mesi mi sposerò con Oliver, un giornalista americano. È un uomo fantastico. Ci sono talmente tante cose che vorrei dirti o chiederti, ma non mi dilungherò in questa lettera, alla quale spero davvero tanto che tu risponda.

Con i miei auguri più sinceri,

Belle

 

Sapeva che per evitare un’amara delusione avrebbe dovuto mettere un freno alla speranza e alla trepidazione, ma non riusciva a smettere di sorridere. Quando chiuse la busta da spedire per posta aerea e prese il tram per andare in città, la sua esuberanza innata iniziò a traboccare. Di certo sua sorella l’avrebbe voluta conoscere, no?