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Diana, Minster Lovell, 1923
Il dottor Gilbert mi osserva con aria benevola dal divano su cui è seduto, appoggiato a uno dei miei cuscini di piume. «Mi pare di aver capito che ha vissuto a Mandalay prima di trasferirsi a Rangoon, dico bene?».
Annuisco.
Mi interroga, mi domanda se c’è niente che mi andrebbe di dire in proposito. Me la prendo comoda prima di rispondere e, mentre rifletto, rabbrividisco al ricordo della furia irrazionale di mio marito, del suo viso infiammato dalla rabbia. Gli racconto che Douglas era molto arrabbiato con me, anche se è dire poco.
Fu una sciocchezza, ma volevo un figlio con tutta me stessa e non sembravo in grado di concepire. Quando andai da lei, il sole rosso e cocente aveva lasciato il posto a una tipica serata afosa di Mandalay. La donna, vestita di raso e seta e con un trucco molto pesante, danzò per me e per le altre donne, quasi in trance. Bevve una birra, e ciascuna di noi appuntò delle banconote sulle maniche del suo costume scintillante. A quanto pareva, gli spiriti adoravano fare baldoria. Una volta finito lo spettacolo, disse che gli spiriti avevano parlato, anche se non ci rivelò cosa le avessero detto. Spiego al dottore che la gente del posto amava i medium. Che credevano ciecamente al fatto che un Nat Gadaw, perché era così che li chiamavano, potesse mettersi in contatto con gli spiriti, e pensavano che questi avessero il potere di far avverare i desideri.
Douglas fu inamovibile. È un uomo molto razionale e rimase sconcertato quando scoprì che avevo ceduto a una delle loro superstizioni oscurantiste.
«E ha funzionato? L’intervento della spiritista?», mi domanda il dottor Gilbert.
Confermo con un cenno del capo. Invece di darmi per vinta, avevo preso in mano la situazione. Dopo mi ero sentita diversa. Speranzosa. Arrivò un nuovo giorno, il sole splendeva, e poco tempo dopo rimasi incinta di Elvira.
«E suo marito la perdonò?»
«A parte un’altra occasione, non ne parlammo più».
«Ed è una cosa che la turba ancora?».
Cala un lungo attimo di inquietante silenzio.
«L’unica volta che ne riparlammo, Douglas diede la colpa alla Nat Gadaw per le voci che avevo cominciato a sentire».
Mi è difficile aggiungere altro.
«Un uomo razionale, ha detto?». Il dottor Gilbert mi sorride, oh, così dolcemente.
«Sì. Strano, vero? Disse che me l’ero andata a cercare dilettandomi con pratiche tanto superstiziose e pericolose».