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Sabato sera Belle conobbe Edward, il fratello di Gloria, il quale, a prima vista, le sembrò un uomo affabile. Quando Gloria fece le presentazioni, durante l’intervallo, l’uomo osservò Belle con gli occhi scuri che gli brillavano, poi le porse la mano. Anche se non era alto – i loro occhi erano allo stesso livello – lei si ritrovò a provare una certa agitazione. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, ma in lui c’era qualcosa di già visto prima, qualcosa di un tantino all’antica che le ricordava uno dei più avvenenti amici di suo padre. Abituato a una vita privilegiata, Edward possedeva la presenza e la sicurezza che ne derivavano, e in più, immaginava Belle, l’innata convinzione che tutto gli fosse dovuto. I capelli scuri che si stavano ingrigendo alle tempie, un tratto che gli conferiva un aspetto distinto, qualcosa nei lineamenti del viso e il color nocciola degli occhi le facevano venire in mente una volpe affascinante. Doveva avere una cinquantina d’anni, pensò. Avendo assimilato tutti quei dettagli nel giro di un solo istante, si chiese cosa stesse notando lui in lei e sollevò una mano per lisciare i capelli ribelli.

«Bene, bene», disse lui, «finalmente ho l’onore di incontrare l’ultima pupilla di mia sorella. Incantato».

Belle avvertì il calore che le si diffondeva dal torace alle guance. Oltre alle lentiggini, quello era il principale inconveniente dovuto alla sua carnagione. «Piacere di conoscerla», rispose, poi si sventolò una mano davanti al viso. «Cielo, fa caldo, vero?»

«Potremmo provare a uscire in giardino. O magari avvicinarci al ventilatore, malgrado sia accanto al bar e notevolmente più rumoroso».

Lei annuì. «Ho soltanto mezz’ora prima del prossimo intermezzo».

«Congratulazioni per la sua esibizione. Semplicemente splendida. Ha il mondo ai suoi piedi, mia cara».

«Cosa ti avevo detto?», intervenne Gloria.

Belle le rivolse un sorriso impacciato.

Nell’accompagnare Edward che andava a ordinare da bere, whisky per Gloria e limonata per Belle, le due donne si fermarono sotto il ventilatore a soffitto. Tuttavia il brusio nella sala gremita, che riecheggiava di risate e voci alte, raggiungeva l’apice attorno al bar.

«Ripensandoci», gridò Gloria all’orecchio di Belle, «andiamo fuori. Qua dentro non si riesce neanche a parlare».

«Tuo fratello?»

«Ci troverà. E comunque, volevo scambiare due parole».

«Oh?».

Mentre uscivano, Gloria si voltò verso Belle. «Ho parlato con Fowler a proposito delle altre ragazze».

Belle era sconvolta e si portò una mano alla bocca. “Ecco qual è il problema quando qualcuno ti prende sotto la sua ala protettrice”, pensò. “Se non si presta attenzione, la gente comincia a comportarsi come se tu fossi di sua proprietà”.

«Non essere sciocca. Terrà gli occhi aperti, tutto qua».

«Se dirà qualcosa, non farà altro che peggiorare le cose».

Gloria allungò una mano proprio nel momento in cui Edward riappariva con un cameriere al seguito. «Spiacente di interrompere la vostra chiacchierata tra donne». Fece una pausa seguita da una risata sommessa. «Badi bene, mia cara, non permetta a Gloria di interferire. Perché lo farà, lo so».

Il sorriso sul viso della sorella si smorzò in modo quasi impercettibile, e Belle si chiese se non avesse appena intravisto una punta di animosità tra i due. Forse non andavano sempre d’amore e d’accordo, pensò, sebbene potesse essere normale tra fratello e sorella. Lei non lo sapeva.

«Andiamo, sorellina», stava dicendo Edward. «Beviamo».

Mentre sorseggiavano i loro drink, Belle osservò i due fratelli, in particolare Edward. La sua corporatura esile era più atletica che tendente alla magrezza, e aveva mani eleganti. Le sorrise – aveva il sorriso pronto – ma le aveva letto nel pensiero? E c’era qualcosa anche negli occhi. Occhi seducenti, che ti attiravano più di quanto volessi. Belle riusciva addirittura a immaginare di desiderare una maggiore intimità, a dispetto della differenza d’età. Anzi – ricordando la storia con Nicholas, che era stato il produttore del suo ultimo spettacolo ed era più grande di lei – riusciva quasi a desiderarlo e basta. Edward salutò vari amici con grande empatia, proprio come faceva Gloria.

«Sembra che conosca tutti», disse Belle.

«Direi di sì», concordò lui. «Senti, diamoci del tu. Gloria dice che ti piacerebbe incontrare le persone che potrebbero aver conosciuto i tuoi genitori».

Belle annuì.

Edward alzò lo sguardo verso un punto sopra la testa di lei prima di guardarla dritta negli occhi. Belle rimase sconcertata. Quando aveva conosciuto Nicholas, aveva provato la stessa sensazione, come una specie di vampata di calore alla bocca dello stomaco. Malgrado fossero stati insieme per quasi un anno, avevano vissuto separati e lei aveva sempre continuato a voler viaggiare, vedere il mondo. Così, quando lui le aveva chiesto di accasarsi e diventare sua moglie, Belle aveva rifiutato. Sapeva che la maggior parte delle ragazze avrebbe dato qualsiasi cosa per un’unione come quella, ma suo padre l’aveva cresciuta insegnandole a ragionare con la sua testa, ed era una cosa alla quale dava grande importanza. Con Nicholas, avrebbe finito per pensarla come lui, per credere a ciò in cui credeva lui. Anche se, a dire il vero, non era stato soltanto quello: in realtà, non l’aveva amato abbastanza. Così, quando lo spettacolo era giunto al termine, Belle era sparita dalla sua vita. Se l’avesse fatto prima, avrebbe rischiato di perdere il lavoro.

«C’è una signora de Clemente?», domandò. Le scappò detto prima che potesse trattenersi. Oddio, perché gliel’aveva chiesto?

Lui sbatté le palpebre, inizialmente sorpreso. «Be’, in realtà sì. C’è Gloria, naturalmente, che è tornata a usare il nome da nubile da quando il suo matrimonio è finito…».

Nel prendere la parola, Gloria sorrise con aria sorniona. «Come potrai immaginare, causa scompiglio a non finire, perché i nuovi arrivati ne deducono che io sia la moglie di Edward».

Questi sollevò le sopracciglia, come a dire che causare scompiglio era sempre stato l’obiettivo di sua sorella. «E poi c’è mia moglie, che vive in Inghilterra con i miei figli».

Mentre Gloria osservava la scena con aria divertita, Belle balbettò una risposta, perfettamente consapevole che le sue guance erano diventate color pomodoro.

«Non lasciarti confondere da mio fratello, bambina mia. Lo fa soltanto per divertirsi».

Edward scrollò il capo. «Belle, mia cara, scoprirai presto che mia sorella, donna irreprensibile sotto tanti punti di vista, a volte è un tantino stravagante».

Gloria sospirò. «Credi a questo e crederai a qualunque cosa ti dicano».

«Comunque sia, di cosa stavamo parlando?», chiese lui.

Intervenne Belle: «Delle persone che potrebbero aver conosciuto i miei genitori».

«Ah, già, Gloria me ne ha accennato».

«Allora, pensi che ci sia qualcuno?»

«Be’, è stato talmente tanto tempo fa, molti sono andati in pensione e sono tornati in Gran Bretagna».

Belle gli rivolse il suo sorriso più dolce. «Ti sarei grata se riuscissi a scoprire qualcosa».

Lui annuì. «Farò del mio meglio».

«Ora che ci penso, tu eri già qui nel 1911?»

«Sicuramente, ma dovevo essere appena arrivato. È andata in modo davvero insolito. Stavo lavorando a Londra, ma poi mi è arrivata un’offerta di lavoro dalla polizia militare del posto che non potevo rifiutare».

«E lavori ancora per loro?».

Storse la bocca. «Non esattamente».

«Basta così», disse Gloria, interrompendoli. «Quello che ti serve sono degli amici. Un sacco di amici. Tra poco c’è una festa in piscina. Perché non vieni come mia ospite quando hai finito qui?»

«Mi piacerebbe molto», rispose Belle. «Ma non arriverò troppo tardi?».

Gloria rise. «Quanti anni hai, Belle? Ventuno? Ventidue?»

«Ventitré».

«Be’, hai molto da imparare».

«Ciò che intende dire mia sorella è che qua, a causa del caldo, le nostre attività sociali tendono a cominciare più tardi, e ad andare avanti più a lungo, rispetto a quanto accade a casa». Edward le sfiorò un braccio. «Mi farebbe piacere rivederti».

Mentre lui e Gloria si voltavano a salutare un amico, Belle continuò a osservarli con la coda dell’occhio, ma poi le venne in mente suo padre, forse perché avevano parlato del periodo in cui i suoi genitori avevano vissuto in Birmania. Riusciva a rievocarlo così chiaramente, la luce che aveva negli occhi quando la vedeva, la mandibola contratta quando era concentrato su un libro. Era un brav’uomo, ma aveva sempre avuto un lato inflessibile, persino allora, e lei aveva imparato a non contraddirlo.

Notò che Gloria le rivolgeva un’occhiata interrogativa.

Belle si ricompose e si stampò un sorriso in faccia. «Stavo soltanto ricordando», mormorò.

«Io non ricordo mai. È un punto essenziale. La vita va goduta, e io ho tutta l’intenzione di farlo».

Belle rise, ma poi si fece più seria. «Cos’è successo a tuo marito?»

«Chi ti dice che me lo ricordi?»

«Ma tu lo sai?»

«Come ti ho già detto…». Poi scoppiò in una lunga risata fragorosa e una luce maliziosa le brillò negli occhi. «Facciamo un patto. Prometti che verrai con me alla festa in piscina e io prometto che ti confesserò la mia sordida storia».

Anche Belle rise. «Come potrei mai rifiutare?».

Più tardi, da sola nella stanza che condivideva con Rebecca, Belle continuava a pensare al padre. Rammentò il giorno in cui, avendo sentito delle voci concitate, stava per bussare alla porta del suo studio. Con i pensieri in subbuglio, era rimasta ferma immobile ad ascoltare i genitori che litigavano.

«Cosa sono le emozioni?», aveva sentito dire al padre. «Niente, se non una nostra invenzione. Non c’è motivo di essere così irragionevoli».

A quel punto, sua madre doveva aver scagliato qualcosa dall’altra parte della stanza, perché Belle aveva sentito un violento fragore e poi sua madre che piangeva.

Suo padre aveva continuato a parlare, stavolta a voce più alta. «È frutto della tua immaginazione, Diana. Perché non riesci a capirlo?».

Belle non credeva l’avesse detto per essere crudele: era solo l’atteggiamento con cui aveva imparato ad affrontare la realtà.

Aspettò che il ricordo si dissolvesse e indossò la camicia da notte Liberty di lino pregiato che più le piaceva, pronta per andare a letto. Rebecca non era ancora rientrata e l’ultima volta che l’aveva vista era appoggiata al bancone del bar insieme a un membro della band. Anche se aveva deciso di non guardarlo più, Belle colse l’occasione per aprire l’ultima pagina del suo taccuino, dove aveva infilato un secondo ritaglio di giornale. Allungò la mano per acciuffarlo prima che svolazzasse via e fissò le parole.

 

«The Rangoon Post», 15 gennaio 1911

accusata la madre

il caso della bambina scomparsa

 

In una svolta senza precedenti, la signora Diana Hatton è stata arrestata dalla polizia per essere interrogata in merito alla scomparsa di sua figlia, la piccola Elvira. Inoltre, questo corrispondente ha ricevuto informazioni da una fonte anonima sul comportamento sospetto tenuto dalla signora Hatton prima della scomparsa della bambina. Stando alle preoccupanti indicazioni delle nostre fonti, a breve la donna verrà accusata di omicidio. Ulteriori dettagli saranno presto disponibili e noi di «The Rangoon Post» saremo sempre pronti a darvi le ultime notizie.

 

Belle rimpiangeva di aver trovato quei maledetti ritagli di giornale ed era irritata con se stessa per esserseli portati dietro. Non le andava di pensare a quale fosse il motivo per cui i suoi genitori le avevano nascosto l’accaduto. Né osava chiedersi quanto la disgrazia dovesse aver colpito sua madre. Non poteva e basta. Perché se l’avesse fatto… be’, forse avrebbe dovuto rivalutare tutta la sua infanzia. Scosse la testa. Era impensabile. Era andata lì per un’unica ragione: cantare. Certo, era curiosa, chi non lo sarebbe stato, ma non aveva la minima intenzione di indugiare sul passato. Aveva il mondo ai suoi piedi, ecco cosa aveva detto Edward, e ne avrebbe tratto il massimo profitto.