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Diana, Cheltenham, 1921

 

Alla fine, ho ricevuto una lettera da Simone. Sono talmente felice che potrei mettermi a ballare in mezzo alla stanza. Penso ai suoi dolci occhi ambrati, ai capelli biondo chiaro e alla pelle color pesca; e ricordo, anche, che ci siamo divertite come pazze. La moglie del mio medico nonché mia migliore amica in Birmania, anche se mi comunica notizie tristi – è ovvio che lo siano, dal momento che suo marito Roger è morto – dice che tornerà a vivere in Inghilterra. Da qualche parte nell’Oxfordshire, che non è tanto lontano. Corro da basso, prendo le forbici da giardinaggio e un canestro dal piccolo vestibolo sul retro della casa e faccio un salto fuori, sollevando un attimo il viso – amo sentire il sole sulla pelle – prima di tagliare qualche rosa per la sala da pranzo.

Rievoco la brillantezza dei fiori in Birmania e la mia vita laggiù, la mia vita! Piena di emozioni e risate. I cocktail, le cene e quelle sfarzose feste in giardino che andavano avanti per tutta la notte. La pura gioia di un abito di seta parigina che mi sfiorava la pelle, e il mio caro marito che mi stringeva talmente forte da farmi sentire la regina del mondo. Poi, dopo aver bevuto troppo champagne, osservavamo le lanterne rosa e arancioni fluttuare nell’aria mentre il cielo diventava indaco poco prima dell’alba.

Ma, oh, il giardino, con i suoi fiori profumati e le enormi fronde degli alberi, dove le scimmie si dondolavano dai rami. Vederle faceva ridere entrambi, vicini e stretti in un abbraccio, giovani – be’, io lo ero – e così tanto innamorati. E il nostro nascondiglio speciale, dove nessuno poteva vedere cosa facevamo né avrebbe mai potuto immaginare che l’inflessibile galantuomo che avevo sposato mi desiderava al punto da restare senza fiato.

Mi impongo una battuta d’arresto.

Non devo pensare al giardino.