72
Daneel condusse Baley nella stanza dove si stava servendo la colazione. Pareva più intima di una normale sala da pranzo. Era piccola, ammobiliata solo con un’ tavolo e due sedie, e quando Daneel si ritirò non entrò in una nicchia. In effetti non c’erano nicchie, e per un momento Baley rimase solo nella stanza.
Ma era certo di non esserlo veramente. Dovevano esserci dei robot pronti ad accorrere al minimo richiamo. Tuttavia, era una stanza per due, una stanza non prevista per i robot. Una stanza (Baley esitò al pensiero) per amanti.
Sul tavolo c’erano due pile di oggetti simili a frittelle che non avevano odore di frittelle, ma sembravano buone lo stesso. A fianco c’erano due coppe che contenevano qualcosa che aveva l’aria di burro fuso (ma poteva non esserlo). Infine c’era una caraffa con la bevanda calda che lì chiamavano caffè, e che a Baley non era piaciuta molto.
Gladia entrò, vestita in maniera piuttosto ricercata, i con i capelli brillanti, come se fosse appena stata dal parrucchiere. Si fermò un momento, con un mezzo sorriso sulla faccia. «Elijah?»
Baley, colto di sorpresa dalla sua entrata improvvisa, balzò in piedi. «Come stai, Gladia?» Si impuntò un poco.
Lei ignorò la cosa. Sembrava allegra, senza una preoccupazione al mondo. «Non ti preoccupare se Daneel non è nei dintorni, puoi farne a meno. È perfettamente al sicuro e ci resterà. Quanto a noi...» Gli si avvicinò e gli appoggiò delicatamente una mano sulla guancia, come aveva fatto quella volta, tanto tempo prima, su Solaria. Fece una risatina «È tutto quello che ho fatto quella volta. Ti ricordi, Elijah?»
Baley annuì senza dire una parola.
«Hai dormito bene? Siediti, caro.»
Baley si sedette. «Molto bene... grazie.» Esitò prima di non ricambiare l’appellativo.
«Non ringraziare me,» disse lei. «Erano settimane che non dormivo così bene. Ma non sarei riuscita a prendere sonno se non me ne fossi andata dopo che ti eri addormentato profondamente. Se fossi rimasta, come volevo, avrei cominciato a darti fastidio prima dell’alba, e così non avresti potuto riposare tu.»
Baley capì che a questo punto era necessaria un po’ di galanteria. «Ci sono cose più importanti del riposo, Gladia,» disse, ma con tono talmente compassato, che lei si mise a ridere.
«Povero Elijah,» disse. «Sei imbarazzato.»
Il fatto che lei se ne fosse accorta lo imbarazzò ancora di più. Era stato preparato a tutto: pentimento, disgusto, vergogna, falsa indifferenza, lacrime... tutto, tranne quell’atteggiamento di candido erotismo.
«Non fartene un problema,» disse lei. «Avrai fame. Hai mangiato pochissimo ieri sera. Mettiti in corpo qualche caloria, e dopo ti sentirai molto più in vena.»
Baley guardò con aria dubbiosa le frittelle che non erano frittelle.
«Oh! Immagino che tu non le abbia mai viste,» disse Gladia. «Sono dolci di Solaria. Pachinka! Ho dovuto riprogrammare il cuoco, prima che riuscisse a farmele come si deve. Per prima cosa, è necessario grano importato da Solaria. Le varietà auroriane non vanno bene. E poi sono ripiene. Si possono riempire in mille modi, ma questo è quello che preferisco, e sono sicura che ti piacerà. Non ti dico come è fatto, a parte che contiene crema di mandorle e un pizzico di miele. Assaggiale e dimmi cosa te ne pare. Puoi mangiarle con le mani, ma stai attento a quando mordi.» Lei ne prese una, tenendola elegantemente fra il pollice e il medio di ciascuna mano, poi ne morse un pezzetto, lentamente, e leccò il liquido denso, dorato, che ne uscì.
Baley l’imitò. La pachinka era dura al tocco, non troppo calda. Mise in bocca il bordo con cautela, e scoprì che doveva mordere con una certa forza. Quando la crosta si ruppe, il contenuto gli colò lungo le mani.
«Ne hai messa in bocca troppa, e hai morso troppo forte,» disse Gladia correndo in suo aiuto con un tovagliolino. «Adesso leccalo. Nessuno riesce a mangiare una pachinka senza sporcarsi un po’. Ci devi sguazzare dentro. L’ideale sarebbe mangiarle nudi, e poi andare a fare la doccia.»
Baley provò a dare una leccatina, e la sua espressione fu eloquente.
«Ti piace, vero?» disse Gladia.
«È deliziosa,» disse Baley, mordicchiandola intorno, con attenzione. Non era troppo dolce, e sembrava ammorbidirsi e sciogliersi in bocca. Non era quasi necessario masticare.
Mangiò tre pachinka, e fu solo per vergogna che non ne chiese una quarta. Si leccò le dita senza ritegno, evitando l’uso del tovagliolo, perché non voleva sprecare neppure un po’ di quella delizia su un oggetto inanimato.
«Immergi le mani nella coppa,» disse Gladia dando l’esempio. Il “burro fuso”, ovviamente, era una soluzione detergente.
Baley fece come gli era stato detto, poi si asciugò le mani. Le annusò, e non sentì alcun odore.
«Sei imbarazzato per ieri notte, Elijah?» chiese lei. «È tutto quello che provi?»
“Che cosa si può dire?” si chiese Baley. Alla fine, annuì. «Credo proprio di sì, Gladia. Non è solo questo quello che provo, però sono imbarazzato. Prova a pensarci. Sono un Terrestre, e tu lo sai, ma per il momento tu hai represso questa conoscenza, e “terrestre” è solo una parola di tre sillabe, priva di senso. Ieri sera ti dispiaceva per me, eri preoccupata per i problemi che avevo avuto col temporale, provavi per me i sentimenti che si provano per un bambino, forse provavi comprensione per me a causa della perdita che hai subito e che ti ha reso più vulnerabile, e allora sei venuta da me. Ma questo sentimento passerà. Sono sorpreso che non sia già passato, anzi. E allora ti ricorderai che sono un Terrestre, e ti vergognerai, ti sentirai umiliata, sporcata. Mi odierai per quello che ti ho fatto, e io non voglio essere odiato. Non voglio essere odiato, Gladia.» (Se l’infelicità che sentiva dentro traspariva anche all’esterno, doveva apparire davvero infelice.)
Anche lei dovette pensarlo, perché gli prese la mano e disse: «Non ti odierò mai, Elijah. Perché dovrei? Non mi hai fatto nulla di cui possa lamentarmi. Sono
stata io a volerlo, e sarò felice per il resto della mia vita per averlo fatto. Mi hai liberata con un tocco, due anni fa, e ieri notte mi hai liberato un’altra volta. Due anni fa, avevo bisogno di sapere che potevo provare desiderio. E ieri notte avevo bisogno di sapere che potevo desiderare ancora, dopo Jander. Elijah, resta con me. Sarebbe...»
Lui la interruppe subito. «Com’è possibile, Gladia? Io devo tornare sul mio mondo. Ho dei doveri e degli scopi là, e tu non puoi venire con me. Non potresti vivere la vita della Terra. Moriresti per le malattie... se la folla e il chiuso non ti uccidono prima. Capisci, vero?»
«Capisco quello che mi dici della Terra,» disse Gladia con un sospiro. «Ma non dovrai andartene subito.»
«Prima che la mattina sia passata, il Presidente potrebbe ordinarmi di lasciare il pianeta.»
«No,» disse Gladia con forza. «Non permetterai che... E se dovesse essere così, potremo andare su un altro Mondo Spaziale. Ce ne sono dozzine fra cui poter scegliere. Significa tanto la Terra per te, che non puoi vivere su un altro Mondo Spaziale?»
«Potrei anche dirti che nessun Mondo Spaziale mi permetterà di stabilirmi in permanenza su di esso,» disse lui, «e tu sai che è così. Ma la verità è che anche se qualche Mondo mi accettasse, la Terra significa tanto per me che dovrei tornarci. Anche se per questo dovessi lasciarti.»
«E non tornerai mai più su Aurora? Non ci rivedremo mai più?»
«Se potrò rivederti, lo farò,» disse Baley. «Tutte le volte che sarà possibile, credimi. Ma a che serve sperare? Tu sai che difficilmente mi verrà chiesto di tornare. E sai anche che non posso tornare senza un invito.»
A voce bassa, Gladia disse: «Non voglio crederlo, Elijah.»
«Gladia, non renderti infelice. Qualcosa di meraviglioso è successo fra di noi, ma ci sono altre cose meravigliose che ti succederanno... molte, di ogni genere, ma non sempre la stessa cosa. Pensa a queste altre cose.»
Gladia non disse nulla.
«Gladia,» disse Baley, «è necessario che qualcun altro conosca ciò che c’è stato fra di noi?»
Lei alzò gli occhi, con un’espressione addolorata sulla faccia. «Ti vergogni tanto?»
«Di quello che è successo certamente no. Ma anche se non me ne vergogno potrebbero esserci conseguenze fastidiose. La gente parlerebbe. Grazie a quell’orribile sceneggiato, in cui c’era anche una rappresentazione distorta della nostra relazione, siamo un argomento di attualità. Il Terrestre e la Solariana. Se ci fosse la più piccola ragione di sospettare che fra noi due c’è... dell’amore, la cosa arriverebbe sulla Terra a velocità iperspaziale.»
Gladia alzò le sopracciglia con un tocco di altezzosità. «E sulla Terra verresti disprezzato? Per aver avuto un rapporto con qualcuna al di sotto della tua condizione?»
«Naturalmente no,» disse Baley a disagio, perché sapeva che certamente quella
sarebbe stata l’opinione di miliardi di Terrestri. «Ma non ti è venuto in mente che mia moglie lo verrebbe a sapere? Sono sposato.»
«E se anche fosse?»
Baley tirò un profondo respiro. «Non capisci. I costumi terrestri sono diversi da quelli Spaziali. Ci sono stati dei momenti nella nostra storia in cui i costumi sessuali erano piuttosto liberi, almeno in alcuni posti e per certe classi. Questa non è una di quelle epoche. I Terrestri vivono gomito a gomito, ed è necessaria un’etica puritana per mantenere stabile il sistema familiare in tali condizioni.»
«Vuoi dire che ognuno ha un compagno, o una compagna, e nessun altro?»
«No,» disse Baley. «A essere onesti, non succede così. Ma si cerca di tenere nascoste le irregolarità, in modo che tutti possano... possano...»
«Far finta di non sapere?»
«Be’, sì. Ma in questo caso...»
«Sarebbe una faccenda pubblica, e nessuno potrebbe far finta di non sapere. E tua moglie si arrabbierebbe con te, e si vendicherebbe.»
«No non si vendicherebbe. Si vergognerebbe, il che è peggio. E anch’io mi vergognerei, e anche mio figlio. La mia posizione sociale ne soffrirebbe, e... Gladia, se non capisci non importa; ma promettimi che non parlerai di questa faccenda, come fanno su Aurora.» Baley si rendeva conto di dare un pessimo spettacolo
Pensierosamente, Gladia disse: «Non voglio tormentarti, Elijah. Tu sei stato gentile con me, e io non voglio ripagarti con una scortesia, ma...» alzò le braccia con aria sconsolata, «... i vostri costumi sono così assurdi!»
«Senza dubbio. Tuttavia, io devo convivere con essi, come tu hai vissuto coi costumi di Solaria.»
«Già.» La sua espressione si incupì. Poi: «Perdonami, Elijah. Ti chiedo sinceramente scusa. Voglio Ciò che non posso avere, e coinvolgo anche te.»
«Non devi scusarti di niente.»
«No, non è vero. Ti prego, ascoltami, devo spiegarti qualcosa. Non credo che tu abbia capito quello che è successo ieri notte. Sarai ancora più imbarazzato se ti spiegherò?»
Baley si chiese come si sarebbe sentita Jessie, e cosa avrebbe fatto se avesse potuto sentire quella conversazione. Baley si rendeva conto che i suoi pensieri avrebbero dovuto essere concentrati sull’imminente colloquio col Presidente, e non sul suo dilemma amoroso. Avrebbe dovuto pensare al pericolo che correva la Terra, non a quello che correva sua moglie. Invece, pensava a Jessie. Disse: «Probabilmente ne sarò imbarazzato, ma spiegamelo lo stesso.»
Gladia spostò la sedia, senza chiamare qualche robot a farlo.
Baley aspettò nervosamente che avesse finito, senza offrirsi di aiutarla.
La donna mise la sedia proprio di fronte a lui, in modo da poterlo guardare in faccia. Nel sedersi, mise la sua piccola mano fra quelle di Baley, e lui si accorse di stringergliela. «Vedi,» disse Gladia, «non ho più paura di toccarti. Non sono più nello stadio in cui non riuscivo a fare altro che a toccarti la guancia per un istante.»
«Sarà così, però toccarmi non ha più lo stesso effetto che ha avuto quella volta,
vero Gladia?»
Lei annuì. «No, però mi piace lo stesso. In effetti, penso che sia un progresso. Sentirsi rivoltare tutta soltanto per un tocco fuggevole, dimostra in che modo anormale ero vissuta, e per quanto tempo. Adesso sto meglio. Posso dirti come? Quello che è detto fino ad ora è solo il prologo.»
«Dimmelo.»
«Vorrei che fossimo a letto e che fosse buio. Riuscirei a parlare più liberamente.»
«Siamo alzati, e c’è luce. Ma ti sto ascoltando.»
«Sì... Su Solaria non c’era alcun rapporto sessuale di cui valga la pena di parlare, questo lo sai.»
«Si, lo so.»
«Non ho mai avuto un’esperienza sessuale vera. In qualche rara occasione, mio marito veniva da me, per dovere. Non ti descriverò neppure com’era ma puoi credermi se ti dico che, ripensandoci, era peggio che niente.»
«Ti credo.»
«Però sapevo molte cose sul sesso. Avevo letto libri. Ne parlavo con altre donne, certe volte, e tutte dicevano che era un dovere odioso. Se già avevano il massimo dei figli consentiti, affermavano sempre di essere felici, perché non dovevano più avere a che fare col sesso.»
«Tu credevi a quello che dicevano?»
«Certo che ci credevo. Non avevo mai sentito altro, e le poche descrizioni non solariane che avevo letto, passavano per distorsioni. Credevo anche a questo. Mio marito trovò alcuni dei libri che avevo, disse che erano pornografia e li fece distruggere. E poi la gente può convincersi di qualsiasi cosa, lo sai. Credo che le donne solariane credessero davvero a quello che dicevano, e disprezzassero il sesso. Di certo, avevano un’aria sincera, e io credevo di avere qualcosa di terribilmente sbagliato dentro di me, perché provavo della curiosità sull’argomento, e strani sentimenti che non riuscivo a capire.»
«A quell’epoca non usavi i robot per trovare sollievo?»
«No, non mi venne in mente. E neppure altri oggetti. Si sussurrava talvolta di cose del genere, ma con tale orrore, vero o falso non so, che non mi sarei mai sognata di fare una cosa simile. Naturalmente, sognavo, e certe volte qualcosa che, ripensandoci, doveva essere un orgasmo incipiente, mi svegliava. Non capivo i miei sogni, né osavo parlarne. Me ne vergognavo terribilmente. Peggio: ero spaventata per il piacere che mi davano. Poi sono venuta su Aurora.»
«Me l’hai già detto. Il rapporto sessuale, con gli Auroriani è stato insoddisfacente.»
«Sì. Mi ha fatto pensare che i Solariani avessero ragione, dopo tutto. Il rapporto sessuale era una cosa completamente diversa dai miei sogni. E stato solo con Jander che ho capito. Su Aurora non hanno veri rapporti sessuali. È solo... una coreografia. Ogni passo è determinato dalla moda: dal primo approccio alla separazione. Non vi è nulla di inatteso, nulla di spontaneo. Su Solaria, dal momento che c’era così poco sesso, nulla veniva dato né ricevuto. E su Aurora, il
sesso è così stilizzato che alla fine, non si dà e non si riceve nulla, allo stesso modo. Capisci?»
«Non ne sono sicuro, dal momento che non ho mai fatto all’amore con una donna di Aurora, e quanto a quello, non sono neppure un uomo di Aurora. Ma non è necessario spiegare. Riesco a intuire cosa vuoi dire.»
«Sei terribilmente imbarazzato, vero?»
«Non al punto di non poterti ascoltare.
«Poi ho incontrato Jander, e ho imparato a usarlo. Lui non era un Auroriano. Il suo scopo, l’unico possibile per lui, era quello di darmi piacere. Lui mi dava, e io ricevevo, per la prima volta. E per la prima volta ho fatto all’amore come dev’essere fatto. Capisci? Riesci a immaginare cosa voglia dire rendersi conto all’improvviso di non essere pazza, o pervertita, o anche semplicemente in errore? Capire di essere una donna, avere un rapporto soddisfacente con qualcuno?»
«Credo di poterlo immaginare.»
«E poi, dopo pochissimo, vedersi portar via tutto. Credevo... credevo che fosse la fine. Ero condannata. Non avrei mai più avuto, per secoli e secoli di vita, un’altra relazione soddisfacente. Non averla avuta all’inizio, e non doverla avere mai, era abbastanza brutto. Ma trovarla contro ogni speranza, per poi perderla d’improvviso e ritrovarsi come prima... questo è stato insopportabile. Capisci, dunque, quanto è stata importante per me la scorsa notte?»
«Ma perché io, Gladia? Perché non qualcun altro?»
«Dovevi essere tu, Elijah. Siamo venuti a cercarti, Giskard e io, e ti abbiamo trovato completamente indifeso. Non eri privo di sensi, ma non controllavi il tuo corpo. Abbiamo dovuto sollevarti, trasportarti, metterti sulla macchina. Io sono stata vicina a te mentre sei stato scaldato, medicato, lavato, asciugato, e per tutto il tempo eri incapace di reagire. I robot hanno fatto tutto con meravigliosa efficienza, si sono presi cura di te, hanno cercato di evitarti qualsiasi dolore, ma era tutto senza sentimento. Io invece guardavo, e dentro di me provavo qualcosa.»
«Baley chinò la testa, stringendo i denti al pensiero della sua pubblica incapacità. Si era sentito felice, quando era successo, ma in quel momento sentiva solo la vergogna di essere stato osservato in quelle condizioni.
Gladia continuò: «Volevo fare tutto io. Invidiavo ai robot il diritto di essere gentili con te. E mentre pensavo a me stessa che mi prendevo cura di te, ho sentito un’eccitazione sessuale, una cosa che non avevo più provato dopo la morte di Jander. E mi è venuto in mente che nel corso dei miei rapporti con Jander io avevo solo preso. Jander mi dava tutto quello che volevo, ma non prendeva mai nulla. Era incapace di ricevere, dal momento che il suo solo piacere era nel dare piacere a me. E a me non era mai venuto in mente di dare piacere, perché ero stata allevata coi robot, e sapevo che questi non possono prendere nulla.
«Mentre ti guardavo, ho capito di conoscere solo la metà del sesso, mentre bevevi il tuo brodo, mi è sembrato che ti fossi ripreso, che fossi ancora forte. Eri forte abbastanza da consolarmi, e dal momento che avevo avuto quel sentimento per te, mentre venivi curato, non avevo più paura del fatto che ,eri Terrestre, ed ero disposta a farmi abbracciare da te. Lo volevo. Ma anche mentre mi stringevi,
sentivo un senso di perdita, perché ancora una volta prendevo senza dare. Poi mi hai detto: “ti prego, Gladia, devo sedermi”. Oh, Elijah, è stata la cosa più bella che avresti potuto dirmi.»
Baley si sentì arrossire. «Mi sono sentito terribilmente imbarazzato, in quel momento. Era una confessione di debolezza.»
«Era proprio quello che volevo. Mi ha fatto impazzire di desiderio. Ti ho lasciato andare a letto, e poi sono venuta da te, e per la prima volta nella mia vita ho dato. Non ho preso nulla. E l’incantesimo di Jander è passato, perché ho capito che neppure lui era sufficiente. Bisogna sia dare che ricevere... Elijah, resta con me.»
Baley scosse la testa. «Gladia, anche se mi strappassi il cuore in due, i fatti non cambierebbero. Non posso rimanere su Aurora. Devo tornare sulla Terra. E tu non puoi venire sulla Terra.»
«E se venissi?»
«Perché dici una cosa così sciocca? Anche se potessi venire, io invecchierei presto e non potrei più esserti di alcuna utilità. Fra vent’anni, trenta al massimo, sarei un vecchio, forse sarei morto, mentre tu resterai come sei per secoli.»
«Ma sulla Terra anch’io prenderei le vostre malattie, e invecchierei presto.»
«Non vorresti mai una cosa del genere. E poi la vecchiaia non è una malattia. Prenderesti soltanto qualche infezione, e moriresti rapidamente. Gladia, troverai un altro uomo.»
«Un Auroriano?» disse lei con disprezzo.
«Potrai insegnargli. Adesso che sai come dare e prendere, insegna anche a loro come fare.»
«E impareranno?»
«Alcuni sì, certamente. Hai tanto tempo per trovare quello che ci riuscirà. C’è...» (“No,” pensò, “non sarebbe opportuno parlare adesso di Gremionis, ma forse se verrà da lei, con modi un po’ meno cortesi, e un po’ più decisi...”)
Gladia sembrava pensierosa. «È possibile?» Poi guardando Baley con gli occhi grigio-azzurri umidi di lacrime: «Oh, Elijah, ti ricordi qualcosa di quello che è successo ieri notte?»
«Devo ammettere,» disse Baley, con una punta di tristezza, «che alcune cose le ricordo confusamente.»
«Se le ricordassi, non vorresti lasciarmi.»
«Non voglio lasciarti, Gladia. È solo che devo.»
«Dopo,» disse lei, «sembravi così felice, così soddisfatto. Sono rimasta rannicchiata sulla tua spalla, e sentivo il tuo cuore che batteva, veloce all’inizio, poi sempre più adagio, tranne quando ti sei rizzato a sedere, d’improvviso. Ricordi?»
Baley ebbe un sobbalzo, e la fissò negli occhi, esterrefatto. «No. Non ricordo. Cosa ho fatto, esattamente?»
«Te l’ho detto. Ti sei rizzato a sedere d’improvviso.»
«Sì, ma c’è stato qualcos’altro?» Il cuore gli batteva rapidamente, come se avesse appena finito di fare all’amore.
Per tre volte qualcosa che forse era la verità gli era venuta alla mente. Le prime due volte era stato completamente solo. Ma la terza c’era stata Gladia con lui. Aveva un testimone.
Gladia disse: «Nient’altro, praticamente. Ti ho chiesto “Cosa c’è Elijah?” ma tu non mi hai badato. Hai detto: “Ci sono ci sono”. Non parlavi con voce chiara, e avevi gli occhi sbarrati. Ero un po’ impaurita.»
«Non ho detto altro? Gladia, non ho detto proprio nient’altro?»
Gladia aggrottò la fronte. «Non ricordo. Ti sei steso di nuovo, e io ho detto: “Non aver paura, Elijah. Adesso sei al sicuro”. Ti ho accarezzato, e tu ti sei riaddormentato. Dopo un po’ russavi. Non avevo mai sentito nessuno russare, prima, ma l’ho capito dalle descrizioni.» Sembrava divertita all’idea.
Baley disse: «Ascoltami, Gladia. Ho detto: “Ci sono, ci sono”, vero? Non ho aggiunto altro?»
Lei aggrottò ancora la fronte. «Non ricordo. Aspetta: hai detto un’altra cosa, a voce molto bassa: “È arrivato per primo”.»
«“E arrivato per primo”. Ho detto questo?»
«Sì. Ho pensato che volessi dire che Giskard era arrivato prima degli altri robot, che rivivessi nella mente il temporale, e che cercassi di alleviare la paura di essere stato portato via. Sì! È per questo che ti ho accarezzato e ho detto: “Non avere paura, Elijah. Adesso sei salvo”, e poi ti sei riaddormentato.»
«È arrivato per primo. È arrivato per primo. Adesso non me ne dimenticherò. Grazie per ieri notte, Gladia. E grazie per avermi parlato ora.»
«C’è qualcosa di importante nel fatto che tu abbia detto che Giskard ti ha trovato per primo? E quello che è successo, lo sai.»
«Non può essere quello, Gladia. Dev’essere qualcosa che non so, ma che riesco a scoprire solo quando la mia mente è del tutto rilassata.»
« Cosa vuol dire, allora?».
«Non ne sono sicuro, ma deve significare qualcosa di importante. E ho circa un’ora per scoprirlo.» Si alzò. «Adesso devo proprio andarmene.»
Aveva fatto qualche passo verso la porta, ma Gladia corse da lui e l’abbracciò. «Aspetta, Elijah.»
Baley esitò, poi abbassò la testa e la baciò. Per un lungo momento, rimasero abbracciati.
«Ti rivedrò, Elijah?»
Tristemente Baley disse: «Non lo so. Spero di sì.»
Uscì a cercare Daneel e Giskard, per fare i preparativi necessari al colloquio imminente.