«Ah, signor Baley, spero che non vi aspetterete qualcosa di diverso da una risposta lunga e complicata.»
«Come preferite.»
A questo punto un robot portò un vassoio con piccoli sandwich, e ancor più piccole pastine, tutte sconosciute a Baley. Provò un sandwich, trovandolo croccante e non del tutto spiacevole, ma abbastanza strano, tanto da finirlo solo con una certa difficoltà. Lo mandò giù con quello che restava dell’acqua.
Amadiro lo guardò: con una specie di cortese divertimento, e disse: «Dovete capire, signor Baley, che noi Auroriani slamo gente singolare. Lo sono gli Spaziali in genere, ma adesso sto parlando in particolare degli Auroriani. Discendiamo dai Terrestri (una cosa a cui la maggior parte di noi preferisce non pensare), ma ci siamo autoselezionati.»
«Sarebbe a dire?»
«I Terrestri hanno vissuto a lungo su un mondo sovrappopolato, e si sono rinchiusi in città ancor più sovrappopolate, che alla fine sono diventate gli alveari e i formicai che voi chiamate Città con la maiuscola. Che genere di Terrestri, dunque, avrebbe lasciato la Terra per andare su altri mondi ostili e deserti, per costruire nuove società dal nulla, società che essi non avrebbero potuto vedere completate durante la loro vita, alberi che sarebbero stati ancora arbusti alla loro morte, per così dire?»
«Gente piuttosto singolare, direi.»
«Molto singolare. In particolare, gente che non dipendeva a tal punto dalla folla dei suoi simili da non saper più affrontare la solitudine. Gente che preferiva la solitudine, disposta a lavorare da sola, a contare sulle proprie forze per risolvere i problemi, piuttosto che nascondersi nel gregge e condividere il fardello, in maniera che la propria parte sia ridotta virtualmente a nulla. Individualisti, signor Baley, individualisti!»
«Capisco.»
«E la nostra società è fondata su questo. Ogni direzione verso cui si sono sviluppati i Mondi Spaziali sottolinea questa individualità. Su Aurora siamo
uomini orgogliosi, invece di essere pecore di un gregge, come sulla Terra. Sia chiaro, è solo una metafora, non voglio deridere la Terra. La sua, per me, è solo una società diversa, in cui non vedo niente da ammirare, ma che suppongo voi troviate rassicurante e ideale.»
«E tutto questo cos’ha a che fare con l’Istituto?»
«Anche un individualismo sano e orgoglioso ha suoi svantaggi. Le menti più grandi, lavorando da sole, anche per secoli, non possono progredire rapidamente se si rifiutano di comunicare le loro scoperte. Un problema particolarmente intricato può bloccare uno scienziato per un secolo, mentre magari un suo collega ha già in mano la soluzione, e non sa neppure quale problema potrebbe servire a risolvere. L’Istituto rappresenta un tentativo, nel campo ristretto della robotica, di introdurre una certa comunità di pensiero.»
«E il problema particolarmente intricato che cercate di risolvere, non è per caso la costruzione del robot umanoide?»
Gli occhi di Amadiro ebbero un lampo di divertimento. «È ovvio, no? È da ventisei anni che la nuova teoria matematica di Fastolfe, che lui chiama “analisi intersezionale” ha reso possibile la progettazione dei robot umanoidi. Ma lui l’ha tenuta per sé. Anni dopo, quando i dettagli tecnici più difficili furono superati, Fastolfe e Sarton applicarono la teoria alla progettazione di Daneel. Poi Fastolfe, da solo, costruì Jander. Ma anche tutti questi dettagli vennero mantenuti segreti. La maggior parte dei roboticisti alzarono le spalle, pensando che fosse un atteggiamento naturale. Potevano solo cercare di ripercorrere da soli la stessa strada. Io invece ebbi l’idea di un Istituto in cui potessero convergere tutti gli sforzi. Non è stato facile convincere altri roboticisti dell’utilità del piano, persuadere il Congresso a fondarlo malgrado la formidabile opposizione di Fastolfe, perseverare in anni di sforzi, ma eccoci qui.»
«Perché Fastolfe si opponeva?»
«Normale amor proprio, tanto per cominciare. Non ho niente da obiettare, capite. Tutti noi abbiamo il nostro amor proprio; è naturale, e inseparabile dall’individualismo. Il fatto è che il dottor Fastolfe si considera il più grande roboticista della storia, e considera i robot umanoidi una sua personale scoperta. Non vuole che essa venga replicata da un gruppo di scienziati, individualmente privi di genio se paragonati a lui. Immagino che l’abbia considerata una congiura di inferiori per sminuire la sua grande vittoria.»
«Avete detto “tanto per cominciare”. Ciò significa che c’erano anche altri motivi. Quali?»
«Fastolfe solleva obiezioni agli usi che vogliamo fare dei robot umanoidi.»
«E quali sarebbero questi usi?»
«Suvvia, non fate l’ingenuo. Senza dubbio Fastolfe vi avrà parlato dei piani dei Globalisti per colonizzare la Galassia.»
«Infatti, e quanto a questo anche la dottoressa Vasilia mi ha parlato delle difficoltà che incontra il progresso scientifico fra degli individualisti. Ma desidero lo stesso sentire la vostra opinione sull’argomento. Ed è anche vostro interesse. Per esempio, volete che accetti l’interpretazione che Fastolfe mi ha dato dei piani
globalisti come imparziale e corretta... e siete disposto a registrare questa affermazione? O preferite descrivere questi piani con le vostre parole?»
«Mettendola in questo modo, signor Baley, non mi lasciate scelta.»
«Infatti, dottor Amadiro.»
«Molto bene. Io... noi, dovrei dire, perché quelli che lavorano all’Istituto la pensano tutti allo stesso modo, guardiamo al futuro, e desideriamo che l’umanità apra nuovi pianeti alla colonizzazione. Tuttavia non vogliamo che il processo di autoselezione distrugga i pianeti più vecchi, o li riduca in agonia, come è successo, perdonatemi alla Terra. Non vogliamo che i nuovi pianeti si prendano i migliori di noi, lasciandosi indietro la feccia. Lo capite, no?»
«Continuate, vi prego.»
«In una società robotizzata come la nostra, la soluzione più facile è mandare i robot come coloni. I robot costruiranno il nuovo mondo, e noi potremo seguirli senza bisogno di selezione, perché l’ambiente sarà confortevole e adatto a noi quanto lo era quello vecchio; non dovremo neppure uscire di casa, per così dire.»
«Ma i robot non creerebbero mondi robot, invece che mondi umani?»
«Esatto, se mandiamo robot che non siano altro che robot. Ma abbiamo la possibilità di mandare robot umanoidi come Daneel, che creando mondi per sé, creeranno automaticamente mondi per noi. Il dottor Fastolfe non è d’accordo su questo. Trova qualcosa di nobile nel fatto che gli esseri umani modellino con le loro mani un mondo nuovo da un pianeta estraneo e ostile, e non vede che questo sforzo non solo avrebbe un costo enorme in vite umane, ma creerebbe anche una società modellata da eventi catastrofici, completamente diversa dai mondi che conosciamo.»
«Così come i Mondi Spaziali oggi sono diversi dalla Terra, e l’uno dall’altro?»
Amadiro per un momento perse la sua giovialità, e sembrò pensieroso. «In effetti, signor Baley, avete toccato un tasto importante. Io sto parlando della sola Aurora. In effetti i Mondi Spaziali differiscono l’uno dall’altro, e io non nutro particolare amore per molti di essi. Mi pare chiaro, anche se posso nutrire dei pregiudizi, che Aurora, il più antico di tutti, è anche il migliore e quello più riuscito. Non desidero una quantità di nuovi mondi, di cui solo alcuni sarebbero davvero di qualche valore. Io voglio molte Aurore: milioni e milioni di Aurore, e per questa ragione voglio che i nuovi mondi vengano modellati su Aurora prima che gli esseri umani ci arrivino. E proprio per questa ragione che ci chiamiamo “Globalisti”. Ci interessa questo mondo, Aurora, e nessun altro.»
«Non assegnate alcun valore alla varietà?»
«Se le varietà fossero tutte egualmente buone, forse Ci sarebbe un valore in esse, ma se alcune, o la maggior parte, sono inferiori, che beneficio ne avrebbe l’umanità?»
«Quando comincerete questa opera?»
«Quando avremo i robot umanoidi per farlo. Finora c’erano i due di Fastolfe, ma ora lui ne ha distrutto uno, lasciando come unico esemplare Daneel.» I suoi occhi si fermarono un momento sul robot.
«E quando avrete i robot umanoidi?»
«È difficile dirsi. Non abbiamo ancora raggiunto i risultati di Fastolfe.»
«Anche se lui è solo, e voi siete molti?»
Amadiro alzò leggermente le spalle. «Il vostro sarcasmo è sprecato, signor Baley. Fastolfe ha avuto un grosso vantaggio iniziale su di noi, e anche se l’Istituto è in gestazione da molto tempo, ha cominciato a lavorare a pieno regime da appena due anni. Inoltre, ci sarà necessario non solo raggiungere Fastolfe, ma anche superarlo. Daneel è un buon prodotto, ma è solo un prototipo, e non è abbastanza buono.»
«In quale maniera i robot umanoidi dovranno essere migliorati rispetto a Daneel?»
«Dovranno essere ancora più umani, evidentemente. Dovranno esistere nei due sessi e dovranno avere l’equivalente di bambini. È necessária una diffusione generazionale, se vogliamo costruire sui pianeti una società sufficientemente umana.»
«Mi pare di vedere qualche difficoltà.»
«Senza dubbio. Ce ne sono molte. Quali difficoltà prevedete, signor Baley?»
«Se produrrete robot così umani da creare una società umana, e se verranno prodotti con una propagazione generazionale in due sessi, come farete a distinguerli dagli esseri umani?»
«È così importante?»
«Potrebbe esserlo. Se questi robot fossero troppo umani, potrebbero mescolarsi alla società auroriana, fino a far parte dei gruppi familiari umani, diventando così inutilizzabili come pionieri.»
Amadiro si mise a ridere. «Questa idea, evidentemente, vi è venuta a causa dell’attaccamento di Gladia Delmarre per Jander. So qualcosa su quello che vi ha detto quella donna grazie alle mie conversazioni con Gremionis e la dottoressa Vasilia. Vi ricordo però che Gladia è di Solaria, e la sua idea di un marito non è necessariamente auroriana.»
«Non stavo pensando a lei in particolare. Pensavo che il sesso su Aurora viene interpretato in maniera piuttosto ampia, e che i robot sono tollerati perfino ora come compagni sessuali, anche se sono solo approssimativamente umanoidi. Se davvero non si potesse distinguere un robot da un essere umano...
«C’è la questione dei bambini. I robot non possono generare figli.»
«Ma questo ne solleva un’altra. I robot dovranno vivere a lungo, dal momento che la costruzione adeguata di una società potrà richiedere secoli.»
«Dovranno in ogni caso vivere a lungo, per assomigliare agli Auroriani.»
«E anche i bambini vivranno a lungo?»
Amadiro non disse nulla.
Baley continuò: «Saranno bambini artificiali, che non cresceranno mai, non diventeranno mai adulti. Senza dubbio questo creerà un elemento abbastanza nonumano da mettere in dubbio la natura della società.»
Amadiro sospirò. «Il vostro è un ragionamento acuto, signor Baley. In effetti, il nostro scopo è quello di trovare un sistema mediante il quale i robot possano produrre dei bambini, che in qualche maniera crescano e maturino, almeno per il
tempo necessario a stabilire la società che desideriamo.»
«E quando arriveranno gli uomini, i robot verrebbero riportati a schemi di comportamento più robotici?»
«Forse... se la cosa sembrerà opportuna.»
«E la produzione dei bambini? Evidentemente, la cosa migliore sarebbe che il sistema fosse il più possibile vicino a quello umano, no?»
«Presumibilmente.»
«Sesso, fertilizzazione, nascita?»
«Sì, certo.»
«E se questi robot formassero una società così umana da non poter essere differenziata da quella originale, non potrebbe succedere che all’arrivo dei veri uomini i robot provino ostilità nei loro confronti, e cerchino di tenerli lontani? Cioè che i robot si comportino verso gli Auroriani come voi vi comportate verso i Terrestri?»
«Signor Baley, i robot sarebbero sempre sottomessi alle Tre Leggi.»
«Le Tre Leggi obbligano a non nuocere e a obbedire agli esseri umani.»
«Esatto.»
«E se i robot fossero così vicini agli esseri umani da considerare se stessi come tali? Potrebbero giustamente ritenersi al di sopra degli immigranti.»
«Ma signor Baley, perché vi preoccupate tanto di simili cose? Appartengono al futuro. Troveremo le soluzioni, con il passare del tempo e con la comprensione, mediante l’osservazione, dei problemi che sorgeranno.»
«Potrebbe darsi, dottor Amadiro, che gli Auroriani non approverebbero più i vostri piani, una volta che abbiano compreso quali sono le implicazioni, e che preferiscano le idee di Fastolfe.»
«Davvero? Fastolfe pensa che se gli Auroriani non possono colonizzare direttamente nuovi pianeti, senza l’aiuto dei robot, allora bisognerà incoraggiare i Terrestri a farlo.»
«Mi pare sensato.»
«Perché voi siete Terrestre. Io vi assicuro che gli Auroriani non troverebbero allettante l’idea che i Terrestri ricoprano i nuovi mondi con i loro formicai, costruendo una specie di Impero Galattico con trilioni e quadrilioni di sudditi, e riducendo i Mondi Spaziali a entità insignificanti, forse all’estinzione.»
«Ma l’alternativa a questo è una serie di mondi di robot umanoidi, con società quasi umane che non permetteranno fra di loro alcun uomo. Essi svilupperanno a poco a poco un Impero Galattico robot, riducendo i Mondi Spaziali a entità insignificanti, forse all’estinzione. Senza dubbio gli Auroriani preferirebbero un Impero Galattico umano a uno robotico.»
«Cosa ve lo fa credere, signor Baley?»
«La forma che ha ora la vostra società. Mi era stato detto, mentre venivo su Aurora, che qui non viene fatta alcuna distinzione fra esseri umani e robot, ma questo è chiaramente falso. Può anche essere un ideale che voi vi illudete di aver raggiunto, ma non è la verità.»
«Da quanto tempo siete qui? Meno di due giorni? E siete già in grado di
esprimere giudizi del genere?»
«Sì, dottor Amadiro. Proprio perché sono un estraneo riesco a vedere le cose con più chiarezza. Non sono accecato dalle convenzioni e dagli ideali. Ai robot non viene permesso di entrare nei Personali, e questa è una distinzione chiara. Lascia agli esseri umani un posto dove poter essere soli. Noi due stiamo comodamente seduti, mentre i robot se ne stanno nelle loro nicchie, e questa è un’altra distinzione. Io credo che gli esseri umani, anche gli Auroriani, vorranno sempre segnare delle distinzioni, e preservare la loro umanità.»
«Straordinario, signor Baley.»
«Per niente, dottor Amadiro. Avete perso. Anche se riuscirete a convincere il pubblico che Fastolfe ha distrutto Jander, anche se lo ridurrete all’impotenza politica, anche se riuscirete a far accettare il vostro piano al Congresso e alla popolazione di Aurora, avrete soltanto guadagnato un po’ di tempo. Non appena gli Auroriani comprenderanno le implicazioni dei vostri piani, vi si rivolteranno contro. Sarebbe meglio che rinunciaste alla vostra campagna contro il dottor Fastolfe, e vi incontraste con lui per elaborare un compromesso per cui la colonizzazione di nuovi mondi da parte dei Terrestri non possa rappresentare una minaccia per Aurora, o per i mondi Spaziali in generale.»
«Straordinario, signor Baley,» disse Amadiro per la seconda volta.
«Non avete scelta,» disse Baley.
Amadiro rispose con aria divertita. «Quando dico che le vostre affermazioni sono straordinarie non mi riferivo al contenuto di esse, ma al fatto puro e semplice che le facciate... e che pensiate che valgano qualcosa.»