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Quando Baley aprì gli occhi, la stanza era inondata di sole. Con sua sorpresa, e malgrado fosse ancora assonnato, ne fu felice.
Significava che il temporale era finito, ed era come se non ci fosse mai stato. La luce del sole, vista solo come alternativa a quella uniforme, morbida, calda e controllata della Città, poteva solo apparire dura e incerta. Ma paragonata al temporale, era una promessa di pace. Tutto, pensò Baley, è relativo, e sapeva che non avrebbe mai più potuto considerare la luce del sole in modo soltanto negativo.
«Elijah?» Daneel era in piedi a fianco del letto. Un po’ dietro c’era Giskard.
Sulla faccia di Baley apparve un raro sorriso di pura gioia. Allungò le mani, una verso ciascun robot. «Giosafatte, ragazzi,» (e in quel momento non si rese minimamente conto di quanto fosse inadatta quella parola), «quando vi ho visto insieme l’ultima volta non ero per niente sicuro che vi avrei rivisti ancora.»
«Però,» disse Daneel, «nessuno di noi avrebbe potuto subire alcun danno.»
«Adesso che splende il sole, me ne rendo conto anch’io,» disse Baley. «Ma ieri sera, mi pareva che il temporale dovesse uccidermi, ed ero sicuro che tu Daneel ti trovavi in un pericolo mortale. Mi sembrava perfino possibile che Giskard potesse essere danneggiato, cercando di difendermi contro forze soverchianti. È un po’ melodrammatico, ma non ero del tutto in me.»
«Ce ne siamo resi conto, signore,» disse Giskard. «È per questo che ci è stato difficile andarcene, malgrado il vostro ordine preciso. Ci auguriamo che non sia una fonte di dispiacere per voi, in questo momento.»
«Per niente, Giskard.»
«E sappiamo anche,» aggiunse Daneel, «che sei stato trattato bene, da quando ti abbiamo lasciato.»
Fu solo allora che Baley ricordò gli eventi della notte.
Gladia!
Si guardò intorno, con improvviso stupore. La donna non era nella stanza. Si era immaginato... No, naturalmente no. Non era assolutamente possibile.
Poi guardò Daneel aggrottando la fronte, sospettando che la sua osservazione contenesse un sottinteso. Ma no, non era possibile. Un robot, per quanto umanoide, non poteva essere stato progettato in maniera da trovar gusto in allusioni scurrili.
«Sono stato trattato benissimo,» disse. «Ma adesso quello che mi serve è un Personale.»
«Siamo qui per aiutarvi,» disse Giskard. «La signorina Gladia ha pensato che vi sareste trovato meglio con noi che con qualunque altro dei suoi robot, e ci ha detto espressamente di non farvi mancare niente.»
Baley parve dubbioso. «Fino a che punto vi ha detto di spingervi? Mi sento abbastanza bene, adesso, e non ho bisogno di nessuno che mi lavi e mi asciughi. Posso cavarmela da solo. Spero che l’abbiate capito.»
«Non devi sentirti imbarazzato, Elijah,» disse Daneel con uno di quei sorrisi che (pareva a Baley) in un essere umano significano un particolare sentimento di
affetto. «Dobbiamo soltanto occuparci del tuo benessere. Se in qualsiasi momento dovessi sentirti più a tuo agio da solo, ci ritireremo.»
«In questo caso, siamo a posto.» Baley si alzò dal letto. Gli fece piacere accorgersi che si sentiva abbastanza saldo sulle gambe. La notte di riposo e il trattamento a cui era stato sottoposto al ritorno (qualsiasi cosa fosse) avevano fatto meraviglie. E anche Gladia.