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Pochi minuti dopo, Baley si trovava nella quarta casa auroriana dal suo arrivo sul pianeta, avvenuto un giorno e mezzo prima
La casa di Gremionis sembrava più piccola e modesta delle altre, malgrado mostrasse, agli occhi di Baley non avvezzi alle cose auroriane, segni di essere stata costruita di recente. La caratteristica tipica delle case auroriane, le nicchie per i robot, era comunque presente. Entrando, Giskard e Daneel si misero subito in due di esse, vuote, guardando la stanza, immobili e silenziosi. Il robot di Gremionis ne raggiunse una terza.
Nessuno sembrò avere difficoltà nel fare la sua scelta, né ci fu alcun indizio che una nicchia fosse obiettivo di due robot, neppure per un momento. Baley si chiese come facevano ad evitare il conflitto, e decise che dovevano avere un loro codice di segni, inavvertibile agli umani. Era una cosa che avrebbe chiesto a Daneel (se ne fosse ricordato).
Anche Gremionis stava osservando le nicchie.
L’uomo si accarezzò per un momento i baffi con l’indice, poi disse: «Il vostro robot, quello umanoide, non sembra adatto a stare nella nicchia. È Daneel Olivaw, vero? Il robot del dottor Fastolfe?»
«Sì,» disse Baley. «C’era anche lui nello sceneggiato. O meglio, c’era un attore.... che si adattava meglio alla parte.»
«Sì, ricordo.»
Baley osservò che Gremionis, come Vasilia, e perfino come Gladia e Fastolfe. manteneva una certa distanza da lui. Era come se ci fosse un invisibile campo di repulsione attorno a Baley che impediva agli Spaziali di accostarglisi.
Baley si chiese se Gremionis lo faceva volontariamente, o automaticamente. E cosa facevano con le sedie che usava nelle loro case, con i piatti da cui mangiava? Bastavano i normali sistemi di lavaggio? Oppure gettavano via tutto? E le case, dopo che se ne fosse andato dal pianeta sarebbero state disinfettate? Oppure lo facevano ogni notte? E il Personale Pubblico che aveva utilizzato? L’avrebbero raso al suolo e ricostruito? E la donna che era entrata dopo di lui senza saperlo? Forse era lei l’incaricata della disinfezione.
Si rese conto che stava esagerando con le fantasie
Al diavolo. Quello che facevano gli Auroriani, come risolvevano i loro problemi, erano faccende che non lo riguardavano. Aveva già abbastanza problemi, e in quel momento doveva occuparsi di Gremionis. Ma solo dopo pranzo.
Il pasto fu piuttosto semplice, in buona parte vegetariano, ma per la prima volta ebbe qualche difficoltà. Ogni cibo aveva un sapore molto forte, troppo definito. Le carote avevano un forte gusto di carote, e i piselli di piselli.
Mangiò con riluttanza, cercando di non mostrare il suo fastidio.
E mentre lo faceva, si rese conto che si stava abituando, come se le papille si fossero saturate, e riuscissero a smaltire l’eccesso di sapore con più facilità. Baley cominciava a pensare con una certa tristezza che se la sua esposizione al cibo
auroriano fosse continuata, sarebbe tornato sulla Terra col rimpianto di quei sapori netti, e col fastidio per i cibi terrestri che sembrano tutti uguali.
Anche il rumore del cibo sotto i denti, che all’inizio l’aveva sorpreso facendogli pensare che dovesse interferire con la conversazione, cominciava a sembrargli adesso una prova eccitante del fatto che, in effetti, stava mangiando. Nei pasti terrestri c’era un silenzio che gli avrebbe d’ora in poi fatto sentire la mancanza di qualcosa.
Cominciò a mangiare con più attenzione, studiando i sapori. Forse, quando i Terrestri si fossero stabiliti su altri mondi, quel cibo sarebbe stato il segno della nuova dieta, specialmente se non ci fossero stati robot a preparare e servire i pasti.
Ma si corresse subito: non quando, ma se i Terrestri si fossero stabiliti su altri mondi. E questa possibilità dipendeva da lui, dal poliziotto in borghese Elijah Baley. Quel fardello lo schiacciava.
Il pranzo finì. Un paio di robot portarono alcuni tovaglioli caldi e umidi per pulirsi le mani. Ma non erano semplici tovaglioli, perché quando Baley appoggiò il suo sul piatto, quello si mosse leggermente, assottigliandosi e trasformandosi in una ragnatela. Poi si sollevò nell’aria, e venne aspirato da una bocchetta sul soffitto. Baley ebbe un sobbalzo e alzò gli occhi, seguendolo a bocca aperta.
«È una novità,» disse Gremionis. «Usa-e-getta. Ma non so ancora se mi piace. Alcuni dicono che a lungo andare può ostruire il condotto, altri si preoccupano dell’inquinamento, perché c’è il rischio che un po’ entri nei polmoni. Il fabbricante dice di no, ma...»
Baley si rese conto di non aver parlato durante tutto il pranzo, e che quelle erano le prime parole che si erano scambiati, dopo la breve discussione su Daneel, prima che venisse servito il pranzo... E che non erano lì per chiacchierare di tovaglioli.
Con un tono un po’ brusco, Baley chiese: «Siete un barbiere, signor Gremionis?»
L’altro arrossì fino alla radice dei capelli. Con voce soffocata disse: «Chi ve l’ha detto?»
«Se la definizione suona scortese,» disse Baley, «vogliate scusarmi. Sulla Terra, è un modo comune di esprimersi, senza alcun senso insultante.»
«Sono un designer di capelli e di vestiti,» disse Gremionis. «È un ramo artistico riconosciuto ufficialmente. In effetti, sono un artista della persona.» Si toccò ancora i baffi.
Con tono grave Baley chiese: «È uso portare i baffi su Aurora?»
«No. Ma spero che lo diventi. Prendiamo una faccia maschile... molte possono essere migliorate e rafforzate con un uso artistico di barba e baffi. Sta tutto nel design... la parte della mia professione. Naturalmente si può esagerare. Su Pallas, barba e baffi sono comuni, ma c’è anche l’abitudine di colorarli. Ogni pelo viene tinto separatamente, in modo da produrre una mescolanza... ma è una cosa sciocca. I colori non durano, cambiano col tempo, e l’effetto è terribile. Comunque, è sempre meglio di una faccia glabra. Nulla è meno attraente di un deserto facciale... È una mia frase, la uso quando devo parlare con potenziali clienti, e ha molto
effetto. Le donne possono farne a meno, perché sostituiscono i peli con altri mezzi. Su Smitheus...» C’era qualcosa di ipnotico nel suo modo di parlare, rapido e sommesso, nella sua espressione intenta e nel modo in cui i suoi occhi si spalancavano e rimanevano fissi su Baley con intensa sincerità.
Baley dovette scuotersi con uno sforzo quasi fisico. «Siete un esperto in robotica, signor Gremionis?» chiese.
Gremionis rimase confuso nel sentirsi interrotto nel mezzo del suo discorso. «In robotica?»
«Sì, in robotica.»
«No, per niente. Uso i robot come ogni altro, ma non so cosa abbiano dentro. Non mi interessa, in effetti.»
«Però vivete nel perimetro dell’Istituto di Robotica. Come mai?»
«E perché non dovrei?» La voce di Gremionis assunse un tono ostile.
«Se non siete un roboticista...»
Gremionis fece una smorfia. «Che domanda stupida! Quando è stato progettato l’Istituto, qualche anno fa, si è pensato che dovesse essere una comunità autosufficiente. Abbiamo officine per la riparazione dei veicoli, per la manutenzione dei robot, ci sono medici, strutturalisti. Tutto il personale vive qui, e se c’è bisogno di un artista del corpo, cosa non va in Santirix Gremionis? O c’è qualcosa che non va nella mia professione?»
«Non ho detto questo.»
Gremionis si voltò, con un moto di fastidio, che le parole di Baley non erano servite a dissipare. Premette un pulsante, e dopo aver studiato una striscia rettangolare multicolore, eseguì qualcosa che assomigliava molto a un tamburellare rapido con le dita.
Dal soffitto scese dolcemente una sfera, che rimase sospesa a un metro dalle loro teste. Si aprì come un’arancia, a spicchi, e al suo interno cominciò un gioco di colori, accompagnato da un suono liquido, sommesso. Le due cose si mescolavano così perfettamente, che Baley scoprì con stupore che, dopo un po’, diventava difficile distinguerle. Le finestre si opacizzarono, e i segmenti diventarono più luminosi.
«La luce è troppo forte?»
«No,» disse Baley dopo un momento di esitazione.
«Ha lo scopo di creare un’atmosfera. Ho scelto una combinazione rilassante, adatta alla conversazione.» Poi aggiunse con vivacità: «Vogliamo arrivare al punto?»
Baley distolse l’attenzione dalla... cosa (Gremionis non le aveva dato un nome) con una certa difficoltà e disse: «Certo. D’accordissimo.»
«Mi avete accusato di essere implicato in qualche modo nell’immobilizzazione del robot Jander?»
«Ho fatto indagini sulle circostanze della fine del robot.»
«Ma avete menzionato il mio nome in connessione con questa fine. Anzi, pochi minuti fa mi avete chiesto se sono un esperto in robotica, in maniera da costruire un’accusa contro di me come... come eliminatore del robot.»
«Potete anche dire l’uccisore.»
«Uccisore? Non si può uccidere un robot. Comunque, non l’ho né eliminato né ucciso, o come volete dire. Vi ho già spiegato che non so niente di robotica. Come potete anche pensare che...»
«Devo seguire tutte le piste, signor Gremionis. Jander apparteneva a Gladia, la donna solariana, e voi eravate in rapporti di amicizia con lei. Questo crea una connessione.»
«C’erano molti altri che avevano rapporti di amicizia con lei. Non è sufficiente per creare una connessione.»
«Siete disposto ad affermare di non aver mai visto Jander in tutte le volte che siete stato a casa di Gladia?»
«Mai. Non una volta.»
«Non sapevate che aveva un robot umanoide?»
«No!»
«Non ne ha mai fatto cenno?»
«Aveva robot dappertutto. Tutti robot normali. Non ha mai detto di averne uno diverso.»
Baley alzò le spalle. «Molto bene. Non ho alcuna ragione, per ora, di pensare che non sia la verità.»
«Allora ditelo a Gladia. È per questo che volevo vedervi, per chiedervi di farlo. Di insistere.»
«Gladia ha qualche motivo per pensare altrimenti?»
«Naturalmente. L’avete suggestionata. Le avete rivolto un sacco di domande su di me, in rapporto a Jander, e lei ha supposto... ha avuto il dubbio... Il fatto è che mi ha chiamato questa mattina, e mi ha chiesto se avevo avuto qualcosa a che fare con il robot. Ve l’ho già detto.»
«E voi avete negato?»
«Certo che ho negato, e con tutte le mie forze, perché è la verità. Ma che sia io a negare non è abbastanza convincente. Voglio che siate voi a farlo. Voglio che le diciate che secondo la vostra opinione non ho avuto niente a che fare con la faccenda. Avete appena detto che è così, e non potete distruggere la mia reputazione senza alcuna prova. Potrei farvi rapporto.»
«A chi?»
«Al Comitato per la Difesa Personale. Al Congresso. Il capo dell’Istituto è amico personale del Presidente, e gli ho già fatto pervenire un rapporto completo sull’accaduto. Non voglio aspettare, capitemi bene. Ho agito.» Gremionis scosse la testa, in un atteggiamento che voleva essere di fierezza, ma che non appariva del tutto convincente, data la mitezza della sua faccia. «Sentite,» disse, «questa non è la Terra. Qui siamo protetti. Il vostro pianeta, sovrappopolato com’è, costringe la gente a vivere in alveari, in formicai. Vi spingete l’uno con l’altro, vi soffocate a vicenda, e tutto questo non ha importanza... Una vita, un milione di vite, per voi non hanno importanza alcuna.»
Baley, sforzandosi di non mostrare in superficie il proprio disprezzo, disse: «Avete letto romanzi antichi, vedo.»
«Certo che li ho letti..e descrivono le cose come stanno. Non è possibile avere miliardi di persone su un solo pianeta senza che ci siano certe conseguenze. Su Aurora la vita di ognuno di noi ha un valore. Siamo protetti fisicamente dai nostri robot, per cui non si verifica mai un’aggressione su Aurora, per non parlare di un omicidio.»
«Tranne che nel caso di Jander.»
«Quello non è un omicidio. È solo un robot. E siamo protetti da assalti non fisici dal Congresso. Il Comitato per la Difesa Personale considera con grande, con grandissima severità, qualsiasi azione che danneggi ingiustamente la reputazione o lo status sociale di un cittadino. Un Auroriano che si comportasse come voi vi siete comportato, si troverebbe in grossi guai. Quanto a un Terrestre... be’...»
«Io sto conducendo un’indagine per invito, presumo, del Congresso,» disse Baley. «Non credo che il dottor Fastolfe avrebbe potuto farmi venire senza un permesso ufficiale.»
«Sarà anche così, ma questo non vi dà il diritto di oltrepassare certi limiti.»
«Avete intenzione di sollevare il problema davanti al Congresso, allora?»
«Farò in modo che il capo dell’Istituto...»
«Come si chiama, a proposito?»
«Kelden Amadiro. Gli chiederò che sollevi la questione davanti al Congresso. E lui fa parte del Congresso, sapete; è uno dei capi del partito Globalista. Perciò credo che fareste meglio a dire con chiarezza a Gladia che io sono del tutto innocente.»
«Sarei felice di farlo, signor Gremionis, perché sospetto che siate innocente, ma come posso trasformare il mio sospetto in certezza, se non mi permettete di porvi alcune domande?»
Gremionis esitò. Poi, con aria di sfida, si appoggiò allo schienale della poltrona, incrociando le mani dietro la nuca, nella perfetta immagine di chi è a suo agio. Disse: «Chiedete pure. Non ho niente da nascondere. E quando avrete finito, dovete chiamare subito Gladia, con il mio apparecchio tridì, e le direte quello che avete da dire... o vi troverete in guai peggiori di quanto possiate immaginare.»
«Capisco. Ma per prima cosa... da quanto tempo conoscete la dottoressa Vasilia?»
Gremionis esitò, poi disse con voce tesa: «Perché me lo chiedete? Cosa c’entra?»
Baley sospirò, e la sua faccia parve rattristarsi ancora di più. «Vi ricordo, signor Gremionis, che non avete nulla da nascondere, e che volete convincermi della vostra innocenza, in modo che io possa convincere Gladia. Ditemi solo da quanto la conoscete. Se non la conoscete, ditemelo subito... Ma prima devo avvertirvi che la dottoressa Vasilia ha affermato che vi conosce bene... e che vi siete offerto a lei.»
Gremionis parve mortificato. Con voce scossa disse: «Non capisco perché la gente debba farci tanto caso. Un’offerta è solo un rapporto sociale perfettamente naturale, che non riguarda alcun altro. Ma naturalmente voi siete un Terrestre, e chissà cosa vi immaginate.»
«Mi risulta che non abbia accettato la vostra offerta.»
Gremionis abbassò le mani in grembo, stringendo i pugni. «Accettare o rifiutare sta interamente a lei. C’è gente che si è offerta a me e che io ho rifiutato. Non c’è niente di strano.»
«Bene. Allora, da quanto tempo la conoscete?»
«Da vari anni. Circa quindici.»
«La conoscevate quando viveva ancora col dottor Fastolfe?»
«Allora ero solo un ragazzo,» disse Gremionis arrossendo.
«Come l’avete conosciuta?»
«Quando ho finito il mio tirocinio come artista personale, sono stato chiamato per disegnarle il guardaroba. Il mio lavoro l’ha soddisfatta, e da allora si è servita ancora dei miei servizi, ed esclusivamente dei miei, in questo tempo.»
«È stato per sua raccomandazione, allora, che avete ricevuto il vostro presente incarico, cioè di artista personale all’Istituto di Robotica?»
«La dottoressa Vasilia ha apprezzato il mio lavoro. Io sono stato sottoposto a un esame, insieme ad altri, e ho vinto in base ai miei meriti.»
«Ma lei vi ha raccomandato?»
Seccamente, con un certo fastidio, Gremionis disse: «Sì.»
«E voi avete pensato che come segno di riconoscenza dovevate offrirvi a lei?»
Gremionis fece una smorfia, e si passò la lingua sulle labbra, come se avvertisse un sapore spiacevole. «Questo è disgustoso! Ma immagino che sia il modo di pensare dei Terrestri. La mia offerta significava soltanto che mi dava piacere farla.»
«Benché Vasilia sia attraente, e possieda una calda personalità?»
Gremionis esitò. «Be’, non direi che possieda una calda personalità,» disse con cautela, «ma certo è attraente.»
«Mi è stato detto che vi offrite a tutte... senza distinzione.»
«Questa è una bugia.»
«Cos’è una bugia? Che vi offrite a tutte, o che mi è stato detto questo?»
«Che mi offro a tutte. Chi ve l’ha detto?»
«Non credo che sarebbe utile rispondere a questa domanda. Vi piacerebbe se facessi il vostro nome come fonte di informazioni imbarazzanti? Parlereste con me liberamente se lo pensaste?»
«Be’, chiunque l’abbia detto è un bugiardo.»
«Forse era solo un’espressione un po’ esagerata. Vi siete offerto ad altre, prima che alla dottoressa Vasilia?»
Gremionis distolse lo sguardo. «Una volta o due. Mai seriamente.»
«Con la dottoressa Vasilia si trattava di una cosa seria, allora.»
«Be’... »
«Mi risulta che vi siate offerto a lei ripetutamente, il che è una cosa contraria al costume auroriano.»
«Oh, il costume auroriano...» cominciò con rabbia Gremionis. Poi strinse le labbra, e aggrottò la fronte. «Sentite, signor Baley, posso parlarvi confidenzialmente?»
«Sì. Tutte le mie domande hanno il solo scopo di convincermi che non avete avuto niente a che fare con la morte di Jander. Una volta ottenuto questo, potete star sicuro che terrò per me qualunque vostra informazione.»
«Benissimo. Non c’è niente di male, niente di cui mi vergogni, capite. È solo che ho un forte senso della mia privacy, e ho tutti i diritti di averlo, non vi pare?»
«Senza dubbio,» disse Baley.
«Vedete, penso che il sesso sia meglio qualora esista l’amore o un affetto profondo fra i partner.»
«Credo che sia vero.»
«E in questo caso non c’è bisogno di altri, non vi pare?»
«Mi sembra... plausibile.»
«Ho sempre sognato di trovare la compagna ideale, e di non cercare mai nessun’altra. Si chiama monogamia. Su Aurora non esiste, ma su alcuni mondi sì... anche sulla Terra, non è vero, signor Baley?»
«In teoria, signor Gremionis.»
«È quello che desidero io. Sono anni che cerco di raggiungere questo. Ho avuto varie esperienze sessuali, ma mi e sempre sembrato che mancasse qualche cosa. Poi ho conosciuto la dottoressa Vasilia e lei mi ha detto... vedete, la gente entra in confidenza coi suoi artisti personali, perché si tratta di un lavoro molto personale, ... e questa è la parte davvero confidenziale...»
«Bene, andate avanti.»
Gremionis si passò la lingua sulle labbra. «Se quello che vi dirò ora si dovesse risapere in giro, sarei rovinato. Lei farebbe del suo meglio per non farmi avere più lavoro. Siete sicuro che serva per le indagini?»
«Vi assicuro con tutte le mie forze che potrebbe essere importantissimo.»
«Bene, allora...» Gremionis non pareva del tutto convinto. «Il fatto è che ho capito, da quello che la dottoressa Vasilia mi ha detto in varie occasioni, che lei è...» la sua voce si ridusse a un sussurro, «... ancora vergine.»
«Capisco,» disse Baley (ricordando l’affermazione di Vasilia secondo cui il rifiuto di suo padre le aveva rovinato la vita, e comprendendo meglio ora l’odio della donna per il dottor Fastolfe).
«Questo mi eccitò. Mi sembrò che avrei potuto averla tutta per me, che sarei stato il solo che lei avrebbe mai avuto. Non posso spiegarvi quanto significasse questo per me. La rendeva meravigliosa ai miei occhi, e la desideravo moltissimo.»
«Così vi siete offerto a lei?»
«Sì.»
«Più volte, vero? Non vi siete scoraggiato di fronte al suo rifiuto.»
«Rafforzava solo la sua, diciamo, appetibilità, e mi rendeva sempre più desideroso. Era più eccitante proprio in quanto era anche più difficile. Non riesco a spiegarmi, e non mi aspetto che mi comprendiate.»
«Malgrado tutto, signor Gremionis, vi capisco. Ma a un certo punto avete smesso di offrirvi a Vasilia.»
«Be’, sì.»
«E avete cominciato a offrirvi a Gladia.»
«Be’, sì.»
«Perché questo cambiamento?»
«La dottoressa Vasilia,» disse Gremionis, «alla fine mi fece capire chiaramente che non avevo alcuna speranza; poi ho conosciuto Gladia, che assomigliava moltissimo a Vasilia, e... questo è tutto.»
«Ma Gladia non è vergine,» disse Baley. «È stata sposata su Solaria, e so che su Aurora ha avuto varie esperienze.»
«Questo lo sapevo, ma che importa? Vedete, lei è solariana di nascita, non Auroriana, e non comprendeva bene i costumi auroriani. Comunque aveva smesso di avere “esperienze” perché non le piace quella che lei chiama “promiscuità”.»
«Ve l’ha detto lei?»
«Sì. La monogamia è l’uso di Solaria. Il suo matrimonio non era felice, ma è pur sempre ciò a cui era abituata, perciò non ha mai potuto apprezzare le abitudini di Aurora quando le ha provate... E la monogamia è quello che voglio anch’io. Capite adesso?»
«Capisco. Ma come avete fatto a conoscerla?»
«L’ho incontrata. C’è stato un servizio alla trivi quando è arrivata su Aurora, su una romantica figura profuga da Solaria. Ed era anche un personaggio di quello sceneggiato...»
«Sì, sì, ma c’è stato qualcos’altro, no?»
«Non capisco cosa vogliate dire.»
«Be’, proviamo a indovinare. Quando la dottoressa Vasilia vi ha detto che vi respingeva in modo definitivo, non vi ha suggerito un’alternativa?»
Gremionis, in uno sguardo di rabbia, gridò: «Ve l’ha detto lei?»
«Non in modo esplicito, ma credo lo stesso di sapere quello che è successo. Forse vi ha detto che poteva essere un vantaggio per voi occuparvi di una nuova arrivata sul pianeta, una giovane di Solaria che si trovava sotto la protezione del dottor Fastolfe... che come sapete è il padre della dottoressa Vasilia. E forse vi ha suggerito anche che questa giovane, Gladia, le assomigliava, ma era più giovane e aveva un temperamento più caldo. In una parola, non vi ha forse incoraggiato a trasferire le vostre attenzioni da lei a Gladia?»
Gremionis pareva soffrire. I suoi occhi, quando incontravano quelli di Baley, sfuggivano. Era la prima volta che Baley vedeva negli occhi di uno Spaziale un’espressione di paura... o forse era di sgomento? (Baley scosse la testa. Non doveva sentirsi troppo soddisfatto per avere soggiogato uno Spaziale. Poteva danneggiare la sua obiettività.)
«Allora? Ho ragione o torto?» chiese in tono aspro.
Gremionis, a voce bassa, rispose: «Allora quello sceneggiato non esagerava... Leggete nel pensiero?»