69

 

Era successo già due volte. La notte prima mentre si stava addormentando, e poco prima, quando era svenuto ai piedi dell’albero, nel temporale. Entrambe le volte gli era venuto in mente qualcosa, un’illuminazione che aveva svelato il mistero, come il lampo che illumina la notte.

Ed era durata quanto un lampo.

Cos’era?

Sarebbe tornata?

Questa volta cercò coscientemente di afferrarla, di catturare la verità che gli sfuggiva. O era un’illusione, il dileguarsi della ragione cosciente e l’insinuarsi di un’attraente assurdità, che non si poteva analizzare adeguatamente?

La ricerca, comunque, non ebbe alcun esito. Era come cercare un unicorno in un mondo dove gli unicorni non esistevano.

Era più facile pensare a Gladia, e a quando l’aveva tenuta fra le braccia. Aveva toccato solo la stoffa simile a seta della sua camicetta, ma sotto c’erano state le sue braccia delicate, la schiena liscia.

Avrebbe osato baciarla, se le gambe non gli si fossero piegate? O sarebbe stato andare troppo oltre?

Sentì il respiro farsi nasale, e come sempre questo lo imbarazzò. Si costrinse a svegliarsi, e pensò ancora a Gladia. Prima che lui se ne andasse, senza dubbio... Ma se non poteva ottenere nulla per lei in cam... sarebbe stato una ricompensa per i servizi re... Sentì ancora il leggero russare, ma questa volta non ci fece molto caso.

Gladia... Non avrebbe mai pensato di rivederla e ancor meno di toccarla... abbracciarla... abbracciarla…

Non poté dire quando passò dal pensiero al sogno.

La stringeva ancora, come prima... Ma non c’era nessuna camicetta... e la sua pelle era morbida e calda. la sua mano si mosse lentamente sulle spalle di lei, lungo la schiena... Poi ci fu un’apparenza di completa realtà. tutti i suoi sensi erano stimolati. Sentì l’odore dei suoi capelli, e le sue labbra gustarono il sapore leggermente salato della pelle... solo che ora non erano più in piedi. Si erano sdraiati, oppure erano sdraiati fin dall’inizio? E cosa era successo alla luce?

Sentì il materasso sotto di sé, e la coperta sopra... buio... e lei era ancora fra le sue braccia, e il suo corpo era nudo.

Si svegliò con un sussulto. «Gladia?» disse con un tono di incredulità.

«Shh, Elijah.» Gli appoggiò le dita sulla bocca. «Non dire niente.»

Era come chiedergli di fermare il flusso del suo sangue. «Cosa stai facendo?» chiese allarmato.

Lei disse: «Non lo sai cosa sto facendo? Sono a letto con te.»

«Perché?»

«Perché lo voglio.» Il suo corpo si mosse. Lei armeggiò con la chiusura del pigiama di Baley, che si aprì. «Non muoverti, Elijah. Sei stanco, e non voglio spossarti.»

Baley sentì qualcosa di caldo risvegliarsi dentro di sé. Decise di non proteggere Gladia contro se stessa. Disse: «Non sono stanco fino a questo punto, Gladia.»

«No!» disse lei bruscamente. «Riposati! Voglio che ti riposi. Non muoverti.»

La bocca di Gladia fu sulla sua, come se volesse obbligarlo al silenzio. Si rilassò, e per un attimo pensò che stava seguendo gli ordini, che era stanco, ed era disposto a lasciar fare, piuttosto che fare. E con una certa vergogna, gli venne anche in mente che questo serviva a diminuire un po’ la sua colpa. (“Non ho potuto evitarlo,” si sentì dire. “È stata lei a fare tutto.”) Giosafatte, che vigliaccheria! Che avvilimento!

Ma anche questi pensieri svanirono. C’era della musica dolce nell’aria, e la temperatura si era alzata. La coperta era svanita, e così pure il suo pigiama.

Sentì Gladia prendergli la testa fra le braccia, e qualcosa di morbido contro la faccia.

Con distaccata sorpresa, capì dalla posizione della donna che la cosa morbida era uno dei suoi seni, e che aveva un capezzolo morbido contro le labbra.

Gladia cantava sommessamente, seguendo la musica: una canzone dolce e gioiosa, che Baley non conosceva.

Gladia si dondolò lievemente, avanti e indietro, e con la punta delle dita gli sfiorò il mento e il collo. Baley si rilassò, felice di non dovere fare nulla, di lasciare che fosse lei a iniziare e a portare a termine tutto. Quando lei gli spostava le braccia, non opponeva resistenza, lasciandole dove lei le appoggiava.

Non fece nulla, e quando reagì, per l’eccitazione del climax, fu solo perché non poté trattenersi.

Gladia sembrava instancabile, e lui non voleva che si fermasse. A parte la sensualità dell’atto sessuale, provava ancora la stessa sensazione di poco prima: la completa felicità di un bambino totalmente passivo.

Alla fine, non poté più reagire, e anche lei, apparentemente, non desiderava altro che restare con la testa appoggiata nel cavo della sua spalla, con il braccio steso sul suo petto, le dita che accarezzavano i suoi peli.

Gli sembrò di sentirla mormorare: «Grazie... grazie...»

“Di che?” si chiese.

Era appena cosciente di lei, ora, perché quella fine dolcissima di una dura giornata era altrettanto soporifera quanto l’acqua del favoloso Lete. Si sentì scivolare, come se le sue dita lasciassero l’orlo di un precipizio fatto di dura realtà, per poter cadere... cadere... attraverso le nuvole morbide del sonno, fino all’oceano dei sogni, dalle lunghe onde.

E mentre lo faceva, ciò che non aveva trovato cercandolo, venne da solo. Per la terza volta, la cortina venne sollevata e tutti gli avvenimenti da quando aveva lasciato la Terra parvero tornare a fuoco. Ancora una volta era tutto chiaro. Cercò di parlare, di sentire le parole che aveva bisogno di sentire, per poterle fissare e renderle parte dei suoi processi mentali, ma anche se si sforzava di raggiungerle con ogni tentacolo della sua mente, esse scivolarono via e svanirono.

Così, da questo punto di vista, il secondo giorno di Baley su Aurora finì in gran parte come il primo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Robot Dell'Alba
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